Dopo l’entrata in vigore, lo scorso aprile, del decreto che obbliga i produttori ad indicare sull’etichetta il paese di provenienza delle materie prime dei prodotti lattiero-caseari, ecco un altro passo importante nella tutela del consumatore: l’obbligo dell’indicazione di origine di grano e riso. I due decreti entreranno in vigore il 17 febbraio del 2018, nonostante le proteste di alcuni imprenditori del settore che inizialmente avevano lasciato pensare al blocco della misura, firmata dal Ministro delle politiche agricole e forestali Maurizio Martina e dal Ministro dell’Ambiente Carlo Calenda.
Con l’ordinanza n° 6194/2017 il Tar del Lazio ha deciso tuttavia di respingere la richiesta mossa dagli imprenditori legati all’Aidepi, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane. Nel motivare la sua decisione il Tribunale Regionale ha indicato come “ “prevalente l’interesse pubblico volto a tutelare l’informazione dei consumatori, considerato anche l’esito delle recenti consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese d’origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario”.
Come previsto dal decreto sul grano-pasta, le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno, obbligatoriamente, indicare il nome del paese in cui è stato coltivato il grano nonché il nome del paese in cui è avvenuta la molitura dello stesso. Nel caso in cui le fasi di produzione avvengano in diversi paesi appartenenti all’Unione Europea, l’etichetta dovrà indicare le diciture Paesi Ue, Paesi non UE o Paesi UE e non UE, allo stesso tempo. Se il grano è coltivato per il 50% in un solo paese UE, per esempio l’Italia, comparirà la dicitura Italia e altri paesi UE. Oppure UE e non UE nel caso di grano proveniente da un paese dell’Unione e da uno esterno.
Un risultato importante se si considera che proprio attraverso una consultazione pubblica promossa sul sito del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali oltre l’85 per cento degli italiani aveva dichiarato di ritenere importante il riconoscimento dell’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta.
Prodotti sempre più tracciati e sicuri e quindi di qualità. Queste, senz’altro, le caratteristiche che hanno reso i nostri prodotti famosi in tutto il mondo e che stanno favorendo la ripresa del nostro export, che nel settore dell’agroalimentare ha toccato, secondo l’Istat, i 29,8 miliardi di euro nei primi 9 mesi del 2017 con una crescita di 7 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
Un risultato importante quello legato all’export dell’agroalimentare italiano che ci avvicina sempre più all’obiettivo annunciato ad EXPO dal Ministro Martina, per il raggiungimento di 50 miliardi entro il 2020 e che vede il nostro paese sempre più proiettato verso i mercati asiatici dove i consumi di prodotti italiani sono in netta crescita.