Il Gioco e le infiltrazioni criminali

Nel luglio scorso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha approvato, senza modifiche, la relazione del X Comitato, istituito il 25 febbraio 2016, con il compito di analizzare le infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito ed illecito e di svolgere un’attività istruttoria anche ai fini della formulazione di adeguate proposte normative, che si inseriscano nell’iter legislativo attualmente in corso in materia nelle competenti commissioni parlamentari.

Il rinnovato interesse del legislatore per il fenomeno, si legge nella Relazione, riguarda, infatti, non solo gli aspetti più direttamente legati alle conseguenze sociali e sanitarie (in primo luogo, la dipendenza da gioco patologico), ma anche quello dell’infiltrazione della criminalità – comune o di matrice mafiosa – laddove essa trova terreno ancor più fertile nella contingente situazione di crisi economica. La penetrazione mafiosa non riguarda più solo i tradizionali settori imprenditoriali, ma anche quelli di più recente sviluppo, rappresentati proprio dal gioco e dalle scommesse, dalla gestione delle slot machine, dalle scommesse sportive on line fino al fenomeno del match fixing.

Dopo aver ricostruito il quadro normativo nazionale, regionale e locale, anche alla luce dei più recenti dati sulla raccolta nel mercato dei giochi, il fenomeno del gioco viene esaminato sotto il profilo sociologico, evidenziando la progressiva esponenziale diffusione dello stesso, da porre, anche, in relazione alle nuove “opportunità di gioco tramite internet” e alle “nuove applicazioni degli smart-phone“.

Le differenti modalità di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore, descritte nella relazione presentata dal ROS dei Carabinieri (audizione del 3 marzo 2016) sono state individuate: nella tradizionale attività estorsiva, simile a quella esercitata per le altre attività commerciali, nei confronti delle società concessionarie e delle sale da gioco; nella imposizione di “macchinette video-poker” negli essercizi pubblici esistenti nei territori sottoposti a controllo mafioso; nell’infiltrazione di società, punti scommessa e sale da gioco, sia intestandole a prestanome sia attraverso la compartecipazione delle società che hanno ottenuto regolare concessione da parte di ADM; nella raccolta e gestione di piattaforme illegali di scommesse sportive, mediante la gestione di siti internet dislocati in Paesi esteri, che sono privi di concessione in Italia, ma che ne consentono il gioco in violazione della normativa vigente.

Le mafie vedono, quindi, nel gioco un bussiness altamente redditizio, in sé per sé, e non soltanto perché esso consente il riciclaggio del denaro di provenienza illecita.

La Relazione evidenzia come, data una certa “domanda di gioco” totale, ad una sempre maggiore quantità di domanda indirizzata ai prodotti legali, dovrebbe corrispondere una diminuzione delle giocate illegali e, all’interno di queste, di quelle gestite dalla criminalità organizzata.

Vengono, quindi, individuate, seppur in via presuntiva, le ragioni per le quali, almeno fino ad oggi, detta tendenza non si è registrata. Da un lato, il potenziale di crescita espresso dalla “domanda di gioco”, dall’altro la capacità delle mafie di realizzare guadagni nelle falle e interstizi del sistema (manomissioni, segnali e connessioni che saltano, anomalie cui corrispondono interventi di controllo blandi o non tempestivi, transazioni che avvengono all’ombra, pagamenti anonimi ecc.).

In tale direzione, l’introduzione e l’implementazione di procedure e strumenti di controllo che usufruiscono, o possono usufruire, di tecnologia avanzata, in favore della trasparenza e tracciabilità delle operazioni, se possono rilevarsi utili strumenti per rompere quello che viene definito “un circuito vizioso di alimentazione reciproca tra gioco legale e gioco illegale”, potrebbero indurre una certa quota di giocatori (tutta da quantificare) a spostarsi verso siti esteri e giocate del tutto illegali, ponendosi, conseguentemente, più complesse questioni di cooperazione tra Stati nella repressione dei fenomeni illeciti.

Passando in rassegna i numerosi interventi regolatori delle Regioni e degli Enti Locali, finalizzati al contrasto alla dipendenza dal gioco patologico sui territori interessati, il Comitato segnala l’urgenza che la Conferenza Unificata Stato Regioni ed enti Locali, pervenga al raggiungimento dell’intesa prevista dall’ultima legge di stabilità (per il 2016), per la soluzione della c.d. “questione territoriale”.

Tra i criteri di massima, che dovrebbero ispirare l’intesa, viene individuata la necessità che, nella fase di predisposizione dei criteri per la distribuzione sul territorio degli esercizi offerenti gioco, al fine di “garantire i migliori livelli di sicurezza (…) per la tutela dell’ordine pubblico”, sia attribuita la necessaria rilevanza a significativi indicatori di rischio, quali l’ “indice di presenza mafiosa” dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, l’ “indice di organizzazione criminale” (IOC) elaborato dall’EURISPES ed altri indici pertinenti quali quelli utilizzati dall’ISTAT nel rapporto BES 2014.

Viene, inoltre, evidenziato come non possa configurarsi, quale unica opzione, quella dell’adozione di misure che comportino, anche indirettamente, la riduzione o l’annullamento dell’offerta di gioco sul territorio. Stato e Regioni dovranno, in primo luogo, farsi carico di sostenere l’ente locale, con tempestività e adeguate risorse, attraverso l’intensificazione dei controlli sui punti di gioco e scommesse, il presidio permanente dei punti di gioco ritenuti di maggior rischio nonché la destinazione delle risorse straordinarie per il potenziamento dell’operatività della polizia locale e dei servizi sociali.

Con riguardo alle risultanze delle più recenti e significative inchieste giudiziarie in materia, la relazione stigmatizza come il comparto dei giochi sia di altissimo interesse per la criminalità di stampo mafioso la quale non si è lasciata sfuggire l’opportunità di penetrare in un settore da cui possono derivare introiti ingenti e attraverso il quale possono essere riciclate ed investite, senza gravi rischi, elevatissime somme di denaro.

E’ proprio il profilo del rischio che merita una riflessione in quanto a fronte di rilevanti introiti economici, l’accertamento delle condotte illegali è alquanto complesso e le conseguenze giudiziarie piuttosto contenute in ragione di un sistema sanzionatorio che prevede l’applicazione di pene non elevate.

Il settore consente, con facilità, di inserirvisi e di perseguire guadagni elevati, non di meno rispetto a quelli provenienti dal traffico di stupefacenti, ma con rischi di gran lunga inferiori, sotto il profilo della reazione da parte dello Stato.

Le sempre più numerose indagini hanno messo in evidenza la capacità delle organizzazioni criminali di inserirsi in una qualsiasi delle articolazioni da cui è costituita la filiera del gioco in tutto il territorio nazionale, registrandosi, oggi, un interesse prevalente per il gioco on line e per il settore degli apparecchi da intrattenimento che risulta assorbire oltre il 50 per cento dell’intero comparto.

La Relazione richiama le indagini che hanno attestato le varie modalità di alterazione dei congegni di gioco impiegate per alimentare il comparto illegale. Gli apparecchi vengono, in molti casi, alterati nel sistema di gioco, abbassando significativamente il payout e, dunque, le probabilità di vincita del giocatore, aumentando così la remuneratività dell’utilizzo illecito.

In un caso è stato accertato che accanto all’attività di noleggio e vendita di schede normali, venivano commercializzate le schede contraffatte che consentivano una trasmissione solo parziale dei dati del volume di gioco all’amministrazione finanziaria, così da occultare una rilevante quota dei guadagni realizzati dai gestori delle sale.

E’ stato, inoltre, accertato che per raggiungere una posizione di rilievo nell’ambito del commercio illecito di schede contraffatte, l’imprenditore illegale aveva acquisito il controllo di imprese accreditate presso l’amministrazione finanziaria quali produttori di schede regolarmente omologate (indagine “Black Monkey” della DDA di Bologna).

Sul versante del gioco on line, vengono evidenziate, da un lato, le opportunità che il sistema offre alla criminalità organizzata sul fronte delle operazioni di riciclaggio, dall’altro i rischi per i giocatori di vedersi clonate le carte di credito o di subire il furto di identità elettronica.

Nonostante gli strumenti previsti dalla normativa vigente, che contempla l'”oscuramento” dei siti web gestiti da soggetti non autorizzati dai Monopoli di Stato, la lotta all’illegalità risulta compromessa in ragione del grado di sofisticazione tecnologica di cui il mercato illegale può beneficiare.

Nella parte conclusiva del corposo documento si analizzano gli strumenti normativi esistenti, tramite i quali impedire che la criminalità organizzata entri nel sistema del gioco legale, e le proposte per rendere il gioco illegale un mercato ostile alle mafie.

Passando in rassegna la disciplina delle barriere all’ingresso nella filiera del gioco legale, viene evidenziata l’esistenza di un diffuso difetto di coordinamento tra le norme e la complessità della legislazione vigente, frutto dello stratificarsi, nel corso del tempo, di norme introdotte in ragione delle sempre più pressanti esigenze di trasparenza e salvaguardia del settore, ma senza una esatta rispondenza ad un disegno complessivo.

Nel formulare proposte di intervento migliorativo, il Comitato sottolinea che il controllo di legalità ottimale si conseguirebbe attraverso un sistema ben strutturato che colleghi il rispetto delle normative antimafia e antiriciclaggio con le ispezioni amministrative, le verifiche tributarie e il monitoraggio continuo e capillare delle tecnologie elettroniche ed informatiche.

E’ evidente, si legge nella Relazione, la necessità di una strategia globale coordinata di prevenzione e di contrasto, che ponga rimedio alle attuali lacune. Tra gli obiettivi anche quello di assciurare che i controlli e gli accertamenti posseggano una “continuità di processo”, le informazioni siano condivise, le aree da sorvegliare prioritariamente definite, le tecnologie costantemente aggiornate.

Degno di particolare nota, a parere di chi scrive, il passaggio che richiama le inchieste giudiziarie e sollecita uno sforzo verso una maggiore integrazione “verticale” tra la notitia criminis e gli accertamenti sul territorio nazionale ed internazionale e quelli transnazionali, ma anche verso una più robusta integrazione “orizzontale” ovvero tra i controlli e le verifiche e le indagini “per materia” della magistratura penale, amministrativa e contabile.

E’ stato, infatti, colto uno dei profili di maggior criticità che affligge l’efficacia dell’azione repressiva dello Stato rispetto ai fenomeni illeciti nel settore dei giochi.

Alcuni significativi fenomeni e sistemi illeciti, rivelatisi appetibili per la criminalità organizzata, si sono diffusi e consolidati agendo nelle maglie delle debolezze del sistema repressivo e sanzionatorio, nell’assenza di coordinamento ed integrazione di dati e notizie da parte delle istituzioni interessate.

La corsa dello Stato alla disciplina ed introduzione di nuovi giochi e tipologie di gioco, già offerte dalle reti illegali e non autorizzate, è indirizzata al soddisfacimento delle preferenze espresse dai consumatori dei servizi di gioco, tramite l’attenuazione del divario concorrenziale tra reti autorizzate e reti non autorizzate di raccolta, mediante la canalizzazione del gioco in circuiti controllabili.

Alla luce delle risultanze del lavoro svolto dal X Comitato istituito dalla Commissione Antimafia, appare, pertanto, urgente e non più procrastinabile un riordino complessivo del settore che prenda le mosse da un testo unico normativo in materia e da una riflessione sulla necessità di concepire e partorire una politica dello Stato in materia di giochi, sino ad oggi totalmente assente in quanto appannaggio delle sole necessità di cassa.

Le stesse necessità di cassa che, oggi, appaiono porsi quale ostacolo concreto all’adozione di reali misure di significativa contrazione dell’offerta di gioco tramite apparecchi da intrattenimento, per far fronte ai fenomeni patologici, tenuto conto dell’entrata erariale annua, stando ai più recenti dati pubblicati (nel 2015 l’erario ha incassato 3,4 miliardi dalle sole circa 400 mila slot-machine attive in Italia, fonte Agipronews).

 

 

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