Intelligence partecipata: un lavoro di squadra insieme alla società

Viviamo in un’epoca complicata, dove le minacce alla sicurezza sono molteplici e, spesso, difficili persino da individuare. In questo scenario, un numero sempre maggiore di persone ha oggi accesso ad una infinita mole di dati e, contemporaneamente, ne immette nella Rete. Si può affermare che le multinazionali dei Big Data dispongono oggi di una quantità di dati ed informazioni superiore persino a quella posseduta dagli stessi Governi.
Siamo di fronte a delle sfide nuove che presentano dei rischi assolutamente inediti e gravi, che comportano un ampliamento della superficie di vulnerabilità. La rete significa interdipendenza ma ciò è anche un enorme svantaggio perchè tale interdipendenza, appunto, amplia la superficie di vulnerabilità, la quale coinvolge anche la nostra sfera individuale. Oggi il nemico è feroce e spietato ma altrettanto impalpabile: si nasconde nelle maglie della società e della rete. Da qualche tempo, inoltre, c’è un’organizzazione jihadista che si vuole fare Stato e quindi non siamo più di fronte a una minaccia solo asimmetrica ma abbiamo un combinato disposto di minaccia asimmetrica e simmetrica.
Su queste premesse si è svolto il dibattito del convegno, organizzato dall’on. Angelo Tofalo, dal titolo “Intelligence Collettiva: le informazioni al tempo di internet tra potenzialità e minacce” che si è svolto lo scorso 18 dicembre presso l’Aula dei Gruppi della Camera dei Deputati. L’incontro è il primo di una serie di appuntamenti, parte di un percorso che vedrà la partecipazione di molteplici attori con rinomata esperienza nell’ambito della Sicurezza Nazionale e nel complesso quadro delle comunicazioni moderne.
Considerando l’intricato scenario in cui ci muoviamo, l’orientamento degli interventi dei diversi relatori invitati al dibattito non è stato quello di individuare e illustrare specifiche soluzioni tecnologiche, bensì di dare luce all’individuo, a quel fattore umano che rimane elemento indispensabile e decisivo in ogni attività di intelligence e in ogni settore della sicurezza.
Uno dei punti comuni emersi è infatti la necessità di investire e puntare sulla formazione e sul potenziamento del personale come fattore imprescindibile per poter compiere azioni di intelligence efficaci.
Si è parlato di fattore umano quando il Direttore del DIS, l’Ambasciatore Giampiero Massolo, ha sottolineato che, di fronte a minacce complesse come quelle attuali, si risponde soltanto attraverso una forte joint venture di tutte le componenti della nostra società, attraverso la consapevolezza della minaccia stessa e la sua identificazione, attraverso un lavoro di squadra che deve avvenire fra pubblico e aziende private (di fatto spesso detentrici del sistemi ICT strategici della Pubblica Amministrazione) e, infine, attraverso la capacità di adattamento. La sicurezza di tutti si può tutelare solo se ciascuno ci mette del suo, se è partecipata. La sicurezza è una cosa che va fatta insieme.
L’attenzione verso l’individuo viene dimostrata dal fatto che l’Intelligence italiana è l’unica al mondo ad avere un accordo con l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, il cui Presidente, Antonello Soro, anch’egli relatore del convegno, ha avuto modo di affrontare il tema del rapporto fra libertà e sicurezza, tema sul quale ci interroghiamo spesso. Tale rapporto è l’indicatore più affidabile della tenuta e della solidità delle democrazie. Siamo in un’epoca in cui i bersagli non sono più quelli ritenuti simbolici, ma diventano i cittadini comuni. Vi è una altissima tensione emotiva dei cittadini che genera la tentazione di fornire una risposta altrettanto spettacolare attraverso slogan che lasciano intendere il desiderio di voler limitare qualche libertà, dimenticando che abbiamo già un sistema entro il quale, per fortuna, le libertà sono limitate dal riconoscimento di altre libertà. La civiltà giuridica è il patrimonio più grande della civiltà europea, nel confronto della quale viviamo al momento un attacco senza precedenti. Una democrazia deve difendersi, ma nel difendersi non può rinnegare se stessa.
Si è parlato del fattore umano quando è stato detto che l’Intelligence non può essere delegata agli algoritmi. L’Intelligence non può essere solo un fatto di raccolta quantitativa, in quanto tale esperienza si è già rivelata inadeguata, perchè più grande è la quantità di dati, più difficile è fare analisi della quantità. Più si delega all’algoritmo, più si perde di vista il bersaglio fisico, l’esperienza storica, la conoscenza puntuale che può essere fatta soltanto dal fattore umano.
La raccolta massiva di dati, operata da alcuni governi stranieri, ha mostrato come si corra il rischio di finire in un sistema in cui abbiamo la raccolta infinita dei dati che non siamo però capaci di analizzare, ma nel cui sistema creiamo grandissime banche dati vulnerabili e, come tali, oggetto di un possibile maggiore attacco, con danni informativi ed economici derivanti incalcolabili. Non può esserci una economia fondata sui dati che non abbia al suo fondamento un sistema di protezione dei dati fortissimo.
Il Direttore del Servizio di Polizia Postale e delle Comunicazioni. Roberto Di Legami ha messo l’accento su come con l’avvento di internet la Polizia postale si stia evolvendo verso una figura di polizia cibernetica secondo una brillante intuizione del compianto capo della polizia Antonio Manganelli. Questa evoluzione si concentra su quattro macroaree: pedopornografia online, hacking, prevenzione e contrasto dei reati cibernetici, financial cybercrime, cyber terrorismo. Secondo Di Legami negli ultimi 5 anni la minaccia cibernetica si è evoluta. Siamo passati da minacce di gruppi di tipo attivista, che erano soliti portare attività di disturbo a grande valenza dimostrativa (pubblicaizone di materiale riservato, web defacement, ecc.), ad una presenza sempre importante di gruppi in possesso di grandi capacità informatiche che sfruttando reti anonimizzate e open. Questo ha fatto si che anche gruppi criminali non in possesso di grandi capacità informatiche hanno oggi a disposizione le cosiddette “cassette degli attrezzi” da usare per fare un danno anche notevole.
Si è parlato di fattore umano quando il rappresentante di Microsoft, Pier Luigi Dal Pino, ha sottolineato come, nel campo della cyber security, lo strumento più importante – nonostante lo sviluppo tecnologico – è di fatto la conoscenza (raggiunta dalle singole persone) e non il fattore meramente tecnologico. Oggi vengono diffusi messaggi troppo spesso tecnologici che non fanno altro che allontanare il cittadino, l’utente. Occorrerebbe invece indicare quali sono le cautele e diffondere la conoscenza, in considerazione del fatto che gran parte dei danni informatici avvengono proprio per la mancanza di conoscenza. La conoscenza dei fenomeni e anche dei problemi genera, inoltre, la capacità di saper creare procedure e processi standardizzati che possano sopperire all’inevitabile obsolescenza tecnologica dei sistemi della Pubblica Amministrazione. In una infrastruttura debole, quindi, la parte più importante, ancora una volta, è il fattore umano, ossia possedere delle figure che siano capaci di mantenere tale l’infrastruttura qualunque essa sia.
Tutto questo stato di cose postula, ed è per questo che il Direttore del DIS ha dichiarato di essere stato grato a questo convegno, una apertura al Sistema Paese. L’Intelligence è un settore che guadagna ad essere conosciuto meglio. Da questo punto di vista è importante uscire da una logica di segreto fine a se stesso, da una riservatezza a perdere. Un buon 90% delle attività dell’Intelligence è dicibile, si giova di essere conosciuto e rafforza il rapporto fra cittadini e tale Istituzione.
In relazione alla richiesta di una Intelligence Europea, vi è da dire che la dimensione dell’Intelligence e la ricerca delle informazioni è tanto ancora intimamente connessa nell’esercizio dei poteri sovrani degli Stati, che per quanto riguarda la ricerca delle informazioni è ancora abbastanza difficilmente ipotizzabile che possa essere messa in comune, per gli interessi puramente nazionali ai quali è funzionale, per le fonti attraverso le quali scaturiscono le informazioni. Quello che può, deve ed è messo in pratica, entro limiti molto ampi, è invece lo scambio di informazioni: in questa fase storica le Intelligence europee e internazionali si stanno scambiando informazioni con più collaborazione.
Molto interessante è stato infine l’intervento di Livia Iacolare di Twitter Italia, che ha sottolineato come i Social Network non sono solo mondi di dati, ma sono mondi fatti soprattutto di persone. Twitter è paragonabile a una grande piazza, la piazza del villaggio globale, perchè ha vari punti in comune con essa, a partire dal fatto che è una piattaforma che si forma sul tempo reale, dove tutto quello che capita non viene filtrato, dove non esiste un algoritmo particolare che vi dice cosa vedere prima in quanto lo ritiene più rilevante per voi. Twitter inoltre è l’unica piattaforma che non pone barriere fra Istituzioni e cittadini, permettendo anche le cosiddette call to action, nelle quali finalmente i cittadini possono diventare protagonisti, permettendo di poter parlare, per la prima volta nella storia dell’uomo, del concetto di opinione pubblica.
Per concludere, Intelligence Collettiva non è solo una serie di convegni che verranno organizzati: è soprattutto un Progetto di approfondimento e diffusione della cultura della sicurezza che si è tradotto nella realizzazione di un sito web multimediale (intelligencecollettiva.com), un portale unico nel suo genere che sta mettendo insieme, su un’unica piattaforma, studiosi, tecnici, ricercatori, appassionati e professionisti dei temi dell’Intelligence: dalla Sicurezza Partecipata all’Intelligence Collettiva, per rendere il nostro Sistema Paese migliore, più saldo e sicuro.

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