La plectis in geopolitica: Complex Networks

Negli ultimi anni, la nuova policy della NATO ha portato gli analisti dell’Intelligence a non stimare necessariamente la minaccia in senso asimmetrico ma a valutare la medesima con un approccio comprensivo. Con altro campo ottico rispetto alla tradizione ho preferito un approccio che relazionasse il caos, la complessità politico-sociale in modo più confacente alla nuova era della comunicazione sociale interattiva, real time.

Il Caos secondo il matematico Edward Lorenz, che si rifà alla teoria dell’effetto farfalla di Prigogine, definisce un sistema caotico “quando il presente determina il futuro ma l’approssimazione del presente non determina approssimativamente il futuro”.

In fisica e matematica, il Caos identifica la situazione di non poter stimare a priori e con certezza il valore futuro delle grandezze che caratterizzano un sistema fisico in evoluzione.

Il concetto di caos trova diverse applicazioni in campo scientifico, soprattutto nello studio dei sistemi complessi. Ciò che accomuna un sistema complesso a un sistema caotico è la non simmetricità.

Pertanto, possiamo avere nel nostro campo ottico complessità dei sistemi caotici, che sono considerati un sottoinsieme dei sistemi complessi. Con quest’ultimo termine, si indica l’insieme dei processi che accadono nel breve tempo in cui la natura del sistema subisce la transizione ordine-disordine come risposta alla variazione del parametro di controllo. In questa transizione il sistema si auto-organizza tramite un’interazione globale e a tutte le scale dei suoi componenti. In sistemi di questo tipo la dinamica è spesso generata da semplici leggi matematiche come le mappe iterative. In questo quadro, il fisico e premio Nobel M. Gell-Mann[1] ha coniato il neologismo plectics, dal greco plektos (intrecciato), illustrando per mezzo di un solo termine il binomio semplicità-complessità.

In termini geopolitici un sistema caotico non è quindi un sistema asimmetrico e/o ingovernabile: il sistema rispetta comunque delle leggi sebbene queste siano non lineari. Dunque le transizioni di fase avvengono in maniera improvvisa e globale quando un sistema raggiunge il punto critico di un determinato parametro d’ordine, normalmente di tipo economico e sociale.

Lo strumento principe dell’analisi geopolitica è senza dubbio l’uso delle mappe e della cartografia. Durante la Guerra Fredda, la rappresentazione cartografica del Mondo consentì agli strateghi di effettuare aggiornamenti sulla loro attività d’Intelligence anche con azioni tattiche sul campo di carattere militare (si pensi solo allo spostamento delle rampe mobili degli ICBM SS russi) e di spionaggio (il tradimento di Robert Hanssen, Direttore della Divisione Controspionaggio dell’FBI) e di Aldrich Ames (Direttore del Centro Operazioni Speciali della CIA).

Ma nei nostri giorni, la trasmissione di notizie e la pubblica opinione in merito ad eventi di risonanza mondiale con strumenti di comunicazioni quali le social networks rendono molti confini nazionali assolutamente permeabili a tali flussi. Non a caso proprio il governo cinese già nel 2006, due anni prima della Olimpiadi, ha realizzato il progetto Great Firewall o Golden Shield[2], un sistema multi livello di programmi che consente di filtrare e sospendere “la macchina informatica” di opinioni sociali come Facebook e Twitter. Nel contempo, il governo cinese permette l’uso interno di questi strumenti controllando l’opinione pubblica tramite un proprio social network: Qzone. Il tutto nella migliore tradizione della strategia militare sinica

Altra Nazione che adotta nei confronti delle social networks politiche simili è l’Iran. Qui il controllo sul web ha toccato l’apice durante le rivolte del 2009. Da quel momento in Iran si sono rafforzati basiji[3] informatici per difendere lo spazio cibernetico persiano, i quali non sono riusciti a bloccare l’infezione nel sito nucleare di Natanz del noto worm Stuxnet (il primo progettato per spiare e riprogrammare i PC industriali), fabbricato dalla National Security Agency (NSA-USA) in collaborazione con Foreign Affairs Directorate (FAD) del Mossad israeliano, così come raccontato dall’Agente defezionista statunitense Edward Snowden. Si evidenzia che Crowdleaks ha decompilato parte di Stuxnet: il sorgente è ottenibile su github.com .

La dimensione Geopolitica ha bisogno di essere estesa allo spazio più ampio delle interconnessioni globali. Sotto questo aspetto, un valido strumento concettuale che possa abbinarsi all’uso delle mappe per facilitare l’analisi degli studiosi è la matematica delle complex networks, anche nota come teoria dei grafi (creata da Eulero nel 1736).

Il World Economic Forum pubblica annualmente un Report denominato Risks Interconnection Map, dove vengono rappresentati i nodi dei rischi, dove sono associate cinque specifiche strutture mesoscopiche altamente interconnesse tra di loro che identificano rispettivamente lacomunità di rischi legati all’economia, l’ambiente, la società, la tecnologia e la geopolitica. Per ogni area è inoltre possibile individuare uno o più principali hub di connessione quali, i cambiamenti climatici e la disuguaglianza economica.

L’utilizzo delle complex networks permette un’analisi multi livello della Geopolitica, intendendo con ciò la possibilità di analizzare contemporaneamente su più piani di lavoro il percorso individuato sulla rete al fine di individuarne sulle mappe geopolitiche i nuovi scenari.

Valutato, seppur brevemente, proverò ex post ad analizzare sotto l’aspetto Geopolitico e proprio della complex networks le rivolte avvenute nell’area del cosiddetto “Mediterraneo allargato”.

Gli eventi hanno rivelato essenzialmente due aspetti meritevoli di riflessione: una rapida evoluzione dei processi di rivolta contro le istituzioni in un’area geografica particolarmente estesa e la sensazione di una relativa fragilità delle attuali tecniche di analisi geopolitica che apre la discussione sul concetto di orizzonte di predicibilità per le dinamiche sociali.

Il Report climatico globale per l’anno 2010 a cura del National Climatic data Center[4], ha posto in evidenza un’anomalia positiva di temperatura che ha dato origine ad un fenomeno di heat wave su larga scala occorsa sulle regioni euroasiatiche durante quell’estate. Il fenomeno è stato particolarmente cruento sull’area compresa tra la Federazione Russa, l’Ucraina ed il Kazakhistan, dove si sono registrati numerosi incendi occorsi su ampie zone di coltivazione di grano, la cui produzione è scesa del 32.74% per la Federazione Russa, del 19.38% per l’Ucraina e del 43.12% per il Kazakistan, come risulta da dati del Dipartimento per l’Agricoltura USA[5]. Qualora, non già noto, i tre paesi della CSI risultano tra i maggiori produttori ed esportatori al Mondo.

Tale evento, è stato immediatamente cavalcato dalla dura legge del Mercato internazionale con una forte speculazione sul costo del grano (ma non in quello della Federazione Russa su esplicito Decreto ad hoc dell’allora Premier russo Vladimir PUTIN).

Per tornare nei paesi del “Mediterraneo allargato” è significativo osservare che tra i primi venti paesi importatori di grano proprio da i succitati paesi della CSI, risultano:

  • l’Egitto, al primo posto, nonostante una certa produzione nella Valle del Nilo;
  • l’Algeria, al terzo posto;
  • lo Yemen, il Marocco, la Tunisia e la Libia.

A ciò va associato il dato dei regimi autoritari con forti attriti sociali in seno a questi paesi[6].

La nota cronologia delle manifestazioni verificatesi in Tunisia e Algeria per i prezzi dei generi alimentari, primo fra tutti il pane. La diffusione dei mezzi di social networks, unitamente all’altissima percentuale di giovani, utenti principali di questi mezzi, ha sicuramente contribuito ad alimentare la diffusione del malcontento sfociata nella rivolta popolare.

La risposta di alcuni enti governativi, soprattutto in direzione di concessioni di maggiori diritti come da subito attuato in Marocco o il braccio di ferro con la popolazione in Egitto, hanno differenziato la dinamica delle proteste.

Ma in quel nodo geopolitico, ciò che non ha seguito le simmetricità fin qui descritte è la Libia.

Infatti, in Libia il PIL pro-capite era di gran lunga superiore al resto dei paesi interessati: il doppio rispetto ad Algeria e Tunisia e persino il triplo rispetto all’Egitto. Per non parlare del livello dei servizi sociali (sanità e assistenza) di gran lunga superiori. Pertanto, è oggettivamente valida la Tesi che in Libia vi sia stato un’attività quantomeno di pesante ingerenza nei confronti dell’allora governo locale. Non si spiegherebbe “l’improvvisa” organizzazione delle milizie, l’armamento, la strategia di porre in primis ed ante omnia la conquista di quelle aree di maggiore interesse economico e non di quelle aree urbane controllate in quel momento dall’esercito regolare. Era persino apparso che la rivolta libica si potesse fermare nella regione di Bengasi: diversi analisti avevano avvallato questa ipotesi. Forse, i potenziali innescatori (i qatarni[7],? i francesi? gli inglesi? certamente non gli statunitensi[8]) avevano previsto una risoluzione più celere da parte del leader libico come l’annunciato riparo “dorato” nel Venezuela di Chavez.

Ad oggi non vi informazioni certe su chi abbia operato come “mercenario” in Libia: somali, yemeniti, afgani? Certamente vi era un filo rosso con Al Qaeda ora rimodulatosi con l’Isis. Ciò che desta vera preoccupazione a noi italiani: abbiamo portato dapprima Al Qaeda ed oggi l’Isis nel nostro giardino di casa.

Oltrepassando le manifestazioni susseguitesi in Mauritania, Sudan, Gibuti, Yemen, Oman, Bahrain, Arabia Saudita, Libano, Siria (anche qui i fatti linkano con quanto avvenuto in Libia) e persino Iran il 14 febbraio 2011, si può giungere ad una conclusione.

Riassumendo quanto descritto, in un’analisi multi-level, la dinamica degli avvenimenti può essere schematizzata.

Il cosiddetto “punto forzante” (figura seguente) dovuto all’evento climatico ha attivato una dinamica di rischio economico, sociale che, attraverso i diversi nodi geopilitici ha coinvolto un insieme di paesi economicamente e socialmente più deboli originando un vero fenomeno di transizione in un breve arco temporale: ciò è tipico nei sistemi complessi.

Ecco come la globalizzazione e la visione di più velocità del Mondo comportano entrambe una rivalutazioni degli strumenti di analisi geopolitica da un punto di vista concettuale.

L’uso della scienza nelle complex networks può facilitare la lettura di questi legami e, in prospettiva, comprenderne gli scenari futuri, in un Mondo in cui la scena è sempre più afflitta da eventi asimmetrici.

Intelligence

[1] cfr.: Plectics: the study of simplicity and complexity, Europhysics news, (ed. 2002).

[2]cfr.: Zittrain, B.Edelman. Empirical Analysis of internet Filtering in China. Consultabile su https://cyber.law.harvard.edu/filtering/china/

[3] cfr: Parsa Basij to occupy cyberspace. https://hastinews-01.blogspot.com/2010/12/latest-newsfrom- azadcyber-for-12082010.html (2010)

[4] cfr. NOAA, National Climatic Data Center. State of the Climate:Global Analysis 2010. Versione on line su https://www.ncdc.noaa.gov/sotc/global/2010/13

[5] https://www.indexmundi.com/agriculture/?commodity=wheat&graph=production). Dati relazioni con il 2009

[6] Economist Intelligence Unit sul del P.I.L. (CIA World factbook 2010)

[7] i primi a chiedere l’intervento della NATO: fatto storico.

[8] non a caso immediatamente intervenuti in sostegno dell’Egitto, forse per evidenziare ancora una volta a francesi ed inglesi la propria egemonia nel Canale di Suez.

Gavino Raoul Piras, analista indipendente d’Intelligence

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