“Ogni volta che nel Pontino si parla di mafia si ha la sensazione che si parli di un fenomeno nuovo. È esattamente il contrario. Le mafie ci sono da tempo e intorno a loro un sistema diffuso di relazioni e di criminali autoctoni che agiscono quotidianamente contro il diritto e a difesa dei propri interessi.”
Così, Marco Omizzolo, sociologo e giornalista, presidente della cooperativa In Migrazione, commenta il suo libro “La quinta Mafia”, edito da Radici Future produzioni, la lenta ma decisa conquista del territorio Pontino da parte delle diverse organizzazioni mafiose.
Un’analisi sociologica, quella di Omizzolo, che non aspira alla completezza, bensì ad aprire un dibattito di confronto e di analisi sul fenomeno. Il punto di partenza è l’analisi di come, nel Pontino, i clan mafiosi provenienti dalle diverse cupole, camorra, mafia, ‘ndrangheta e sacra corona unita, sono riusciti a co-operare nella gestione di interessi e relazioni senza entrare in conflitto. Le organizzazioni criminali infatti, pur nelle loro diversità, hanno stretto nel tempo contatti e legami con il mondo politico ed economico in un territorio strategico, anche per la sua vicinanza alla Capitale. Questo Network mafioso di co-operazione tra gruppi diversi è stato appunto denominato “Quinta Mafia”.
Prendendo come periodo di riferimento gli anni tra il 1980 e il 1992, l’autore ripercorre le tappe che hanno scandito la penetrazione silenziosa, troppo spesso ignorata dai media, ma non per questo meno drammatica e poi il loro radicamento nel tessuto economico, sociale e politico locale. Un’“avanzata criminale” in un territorio storicamente non “naturale” per le organizzazioni mafiose, che ha mietuto numerose vittime.
Tra le tante, Don Cesare Boschin, parroco di Montello, primo a denunciare il traffico illecito di rifiuti che ha interessato la provincia di Latina e in particolare la discarica di b.go Montello, storicamente presidiata da esponenti legati al clan dei Casalesi e per questo barbaramente ucciso nella sua canonica nel 1995. Una storia quella raccontata nel libro “La quinta Mafia” fatta anche di coraggio di uomini di Chiesta, sindacalisti e associazioni che, ancor prima delle Istituzioni, hanno saputo percepire la minaccia crescente e denunciato con coraggio i suoi crimini.