Non ce ne sarebbe stato bisogno, ma alcuni avvenimenti degli ultimi giorni ci hanno confermato con evidenza palmare che le regole dei “giochi” in cui siamo impegnati sono chiaramente “made in Bruxelles”, con buona pace di chi ritiene o pretende che il livello nazionale o addirittura regionale sia quello decisivo. E’ un bene o un male? La si può vedere diversamente, ma che il processo sia ineluttabile è iscritto nelle leggi dell’economia. E allora vale quanto riportato nel nostro titolo, parafrasando una celebre affermazione del Marchese De Sade ne La filosofia nel boudoir, scritta nel 1795, negli spasmi dei primi anni della Rivoluzione: “Francesi,ancora uno sforzo per diventare Repubblicani!”
Ma andiamo con ordine. Le recentissime elezioni nel Regno Unito hanno tenuto con il fiato sospeso i mercati, che temevano un pareggio paralizzante che al contrario non c’è stato. La netta vittoria dei conservatori di Cameron d’altro canto ha prodotto come primo atto la conferma dell’impegno al referendum del 2017 sull’uscita o meno dall’Unione, che modificherebbe sostanzialmente il senso e le prospettive della costruzione europea. Sospiro di sollievo, dunque, nel’immediato, ma interrogativi assai seri sul futuro prossimo. Ma si può stare relativamente tranquilli; ancora una volta a piegare le trasversali tendenze neo-isolazioniste del Regno Unito non sarà l’afflato comunitario, ma con ogni probabilità la cinica legge dei numeri dell’economia, che ipotizzano almeno un 10% di perdita di pil per una Gran Bretagna fuori dall’Unione. Intanto le borse festeggiano, e anche Milano brinda.
Su un altro piano, che vede l’Italia direttamente e drammaticamente esposta, la settimana che si apre fa intravedere finalmente un impegno comune sull’immigrazione. Il mestiere di “salvatori” dei profughi del Mediterraneo rappresenta una pagina che onora il Paese e che ne compensa parzialmente tante altre caratterizzate da inciviltà, cinismo, illegalità e malaffare. Ma, allo stesso tempo, risulta insostenibile per la Penisola se non si produce una concreta corresponsabilizzazione europea nella condivisione dei pesi dell’accoglienza. Apparentemente nelle ultime settimane la sterile diatriba Mare Nostrum- Triton sembra finalmente superata e la Commissione ha pronto un pacchetto che prevede l’impegno dei 28 a farsi carico pro-quota dei profughi, iniziative incisive contro gli scafisti e aiuti ai paesi africani di transito: quello che l’Italia ha chiesto a squarciagola da diversi mesi. Non è detto che il piatto preparato da Juncker – indigesto per molti paesi del nord – passi al vaglio dei Masterchef, ovvero dei capi di governo dei 28. Ma l’appoggio esplicito di Francia e Germania fa ben sperare. Incrociamo le dita, ma se l’Europa batterà davvero il colpo giusto sarà una vittoria del Paese in una battaglia giusta in cui ha dimostrato di saper esprimere egemonia, contribuendo ad un’Europa anche un po’ “italiana”.
L’Europa mette lo zampino, anzi entrambi i piedi nel piatto, anche nella vicenda esplosa per la sentenza della Consulta sui mancati adeguamenti pensionistici decisi agli esordi dal governo Monti. Quello guidato da Renzi si trova di fronte alla necessità di scovare un pacchetto sostanzioso di miliardi per la restituzione di quanto non versato tra 2012 e 2013, oltre a dovere d’ora in poi alzare la soglia del costo della previdenza : altri miliardi ogni anno. Il comportamento delle opposizioni è stato in questa vicenda addirittura indecoroso, oltre che irresponsabile: “pagare tutti, pagare subito, pagare e basta”, come se i 10 – 15 miliardi necessari non dovessero uscire dal Tesoro, ma dal patrimonio personale di Mattei Renzi. Padoan ha però un alleato proprio a Bruxelles, che da subito ha rammentato che quanto si spende anche per il passato dovrà essere recuperato in logica di cassa. Da qui la quasi certa soluzione del pagamento secondo scaglioni di reddito e – aggiungiamo noi – secondo criteri di equità verso la sterminata platea dei pensionati che non sono tutti uguali. I vincoli di bilancio stabiliti a Bruxelles , il famigerato rapporto deficit-pil, una volta tanto guideranno il Paese verso scelte compatibili con in conti e con il buon senso. Un caso – per ora raro – in cui essere europei ci aiuta ad essere italiani migliori.
Alberto Baldazzi