Un assorbimento veloce, senza traumi operativi. E, anzi, con un aumento di efficienza già palpabile. Il generale di Corpo d’Armata Antonio Ricciardi posa sul tavolo del suo ufficio, al primo piano di via Carducci a Roma, due cartelline grigie piene di dati sui controlli, i reati perseguiti, gli illeciti amministrativi accertati. Rivelano cosa è accaduto nel passaggio del disciolto Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri, a far data dal 1° gennaio 2017: è stata la riforma della Pubblica amministrazione dell’agosto 2015 a sancirlo, e il decreto legislativo 177 dell’agosto successivo a renderlo operativo. Ne è nato il Comando dell’Unità per la tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare dei Carabinieri (in sigla CUFTAA) affidato appunto a Ricciardi, all’epoca Vicecomandante generale dell’Arma.
Le fusioni sono complicate, specie nella Pubblica amministrazione. Comportano lunghe fasi di incertezza, in cui i nuovi arrivati non sanno a chi fare riferimento, e chi li riceve non sa come impiegarli.
“Non è stato il caso dei 6.700 forestali che il nostro Comando ha assorbito. Anche perché i Carabinieri avevano già esperienza dei settori che questo Corpo civile copriva. Abbiamo infatti al nostro interno i Noe, Nuclei operativi ecologici, i Nac, Nuclei antifrodi, i Nas, Nuclei antisofisticazioni. Ne è scaturita una positiva integrazione, con reciproci vantaggi. Ed è nata, in particolare, la più grande forza di polizia ambientale del mondo, che ho l’onore di guidare. Un’esperienza esaltante”.
Come può documentare che non sia avvenuta una stasi operativa nell’anno del passaggio?
“E presto detto. Abbiamo intanto iniziato a predisporre le operazioni già nel 2016, quando venne approvato il decreto legislativo 177. Il 2017, che è stato l’anno dell’assorbimento del Corpo Forestale, ha chiuso con oltre 608mila controlli, in tutti i settori in cui la nuova Forza di polizia opera: tutela del territorio, della fauna, della flora, incendi, aree protette, discariche e rifiuti, inquinamenti, tutela della salute, frodi in danno dell’Unione europea, tutela del patrimonio artistico e altro ancora. Questo dato è pari ad appena lo 0,8 per cento in meno rispetto ai 608 mila controlli condotti nel 2016, ed è il risultato di una naturale riduzione dei primi mesi dell’anno, e di un costante aumento da maggio 2017 in poi. Ma se guardiamo ai reati perseguiti, questi già nel 2017 sono aumentati del 25 per cento”.
E il 2018, come sta andando?
“Abbiamo ovviamente soltanto i numeri dei primi mesi dell’anno: molto lusinghieri, ma si confrontano con la prima fase del passaggio. A gennaio 2018 su gennaio 2017, i controlli sono aumentati dell’84 per cento circa e gli illeciti amministrativi addirittura del 230 per cento, a febbraio, rispettivamente, del 45 e del 59 per cento, e abbiamo la certezza che il trend positivo continui”.
Molti hanno attribuito allo scioglimento del Corpo forestale la stagione eccezionale degli incendi del 2017…
“Trovo che sia stato sbagliato. Intanto perché i forestali avevano un ruolo limitato nel controllo e nello spegnimento attivo degli incendi, funzione affidata ai Vigili del fuoco. Era quasi soltanto nelle riserve che i forestali avevano voce in capitolo. Poi, perché l’estate del 2017 è stata veramente una stagione eccezionale, in cui si sono sommati fattori come altissime temperature, siccità, arsura e forti venti. In ogni caso i peggiori incendi si sono verificati in Sicilia, Regione a statuto speciale dove non operiamo. Va anche detto che i piani antincendio debbono essere approntati dalle Regioni”.
Adesso gli uomini del Comando Tutela forestale non hanno più l’abito grigioverde ma la divisa militare nera dei Carabinieri. Sul piano dei singoli e delle retribuzioni, cosa ha comportato il passaggio? E l’organico, rimarrà immutato?
“Diversi cambiamenti, indubbiamente, a cominciare dallo stato giuridico. I forestali andavano in pensione a 65 anni, i carabinieri ci vanno a un’età compresa fra i 61 e i 63 anni, i ruoli tecnici dei forestali lasciavano l’impiego a 60 anni, i nostri a 56. Sul piano sindacale il Corpo forestale aveva la rappresentanza di Cgil, Cils, Uil e vari sindacati autonomi, ora c’è solo il Cocer, il nostro Consiglio nazionale di rappresentanza. Quanto all’organico, stiamo facendo nuovi arruolamenti che porteranno le nostre unità da 6.700 a 7.200, e garantiranno il mantenimento del turn-over. L’anno scorso ne abbiamo già assunti 210, quest’anno saranno 300. Ai nuovi entrati facciamo dei corsi ad hoc, non inferiori a tre mesi per i carabinieri e a quattro per i marescialli”.
Può fare qualche esempio di questa attività così diversificata dell’Unità che dirige?
“L’intervento anti-bracconaggio condotto all’Isola di Ponza, quando si spara ai volatili che migrano dall’Africa. Abbiamo mandato nostri reparti, che non solo hanno fatto un ottimo lavoro, ma lo hanno insegnato alla locale stazione dei Carabinieri, che potrà agire da sola. O le azioni contro la cacciagione del pettirosso nelle valli bresciane, contro l’uccisione del Falco pecchiaiolo nello stretto di Messina. O i nostri servizi contro la diffusione della Xylella che colpisce gli ulivi in Puglia, e già l’anno scorso c’è stata una netta battuta d’arresto. E poi tutte le attività in collegamento con la società civile”.
Quali?
“Intanto, dobbiamo onorare la Cites, la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione. Abbiamo anche rapporti stretti con l’ICQRF, L’Ispettorato centrale che tutela la qualità e reprime le frodi, uno dei maggiori organismi europei di che si occupano dei nostri stessi temi, e abbiamo siglato convenzioni con ben 40 associazioni, da Legambiente a Italia Nostra”.
È per questo che parlava di “esperienza esaltante”?
“Sì, una missione nuova e straordinaria: i Carabinieri al servizio dello sviluppo compatibile”.