Romeni in Italia: “Il Bel Paese non è più in cima ai sogni”

I numeri e la situazione della Comunità Rumena in Italia, lo stato dell’arte sul processo d’integrazione e sui flussi migratori, i pregiudizi e l’immagine sociale della comunità straniera più numerosa nel nostro Paese. In occasione del decimo anniversario dell’entrata della Romania in Europa, incontriamo il Ministro Consigliere dell’Ambasciata di Romania in Italia, George Milosan.

L’Italia è alla vigilia di un appuntamento elettorale importante. Ministro, come vivono la situazione politica italiana i rumeni naturalizzati che votano nel nostro Paese?
“I naturalizzati e quelli che vivono in Italia ormai conoscono bene l’architettura politica italiana ma c’è un forte gap per quanto riguarda la rappresentatività: sono in pochi, anzi in pochissimi, a partecipare attivamente alla vita politica. E anche in questa occasione, i candidati rumeni alle elezioni politiche si possono contare sulle dita di una mano”. Se lei mi permette, vorrei fare un appello ai miei connazionali: partecipate alla vita politica italiana e in modo da poter contare di più’’.

Quali sono i numeri della comunità rumena in Italia?
“Secondo le stime ufficiali, i rumeni in Italia sono circa 1 milione e 200 mila, ma io credo che la cifra reale sia più alta, intorno a un milione e 300mila. Si tratta della comunità straniera più numerosa e della seconda comunità cristiana, dopo quella italiana, nella Penisola. I particolare, nel Lazio sono quasi 250mila, di cui 200mila sono a Roma e nella zona metropolitana”.

Ritiene sia una comunità integrata?
“ Ancora non lo è molto dal punta di vista politico, come abbiamo detto; ma dal punto di vista sociale economico e culturale, l’integrazione c’è ed è evidente”.

accademia romania

In quali settori professionali sono principalmente occupati?
“Inizierei con il dire che il 57% della popolazione è donna. E le donne lavorano in due grandi settori: quello dell’assistenza familiare e quello dei servizi, quindi ristorazione e turismo. Poiché si avvicina la Festa della donna, l’8 marzo, e soprattutto la Festa romena del “Martisor’’, colgo l’occasione per mandare, da parte nostra, un martisor virtuale per tutte le donne romene. E anche per le donne italiane. Gli uomini, invece, sono perlopiù impiegati nel settore dell’edilizia e fanno lavori pesanti nei cantieri”. Abbiamo anche 160mila allievi romeni nelle scuole italiane e quasi 8mila studenti universitari.

L’anno scorso la Romania ha celebrato il decennale all’interno dell’Unione Europea: cos’è cambiato in questi dieci anni per i romeni che vivono in Italia?
“Tutto: dieci anni fa si sentivano extracomunitari, oggi sono cittadini con una quasi parità di diritti e doveri. C’è da dire che quasi la metà di coloro che oggi vivono in Italia sono arrivati dopo il 2007, proprio per una maggiore possibilità di movimento”.

Il flusso immigratorio è diminuito negli ultimi anni?
“Il flusso già da qualche anno è in calo: i rumeni hanno iniziato a scegliere nuove mete, Francia, Germania, Inghilterra. L’Italia era in cima ai desideri, oggi si preferisce l’Europa del nord: su questo cambiamento hanno influito ovviamente la crisi e la mancanza di lavoro. Pero anche in Romania le condizioni di lavoro sono migliorate e molti connazionali preferiscono rimanere lì’’.

Esiste un flusso migratorio al contrario? Rumeni che decidono di tornare nel loro Paese?
“Esiste sì, ma non è ancora così evidente. Chi decide di lasciare l’Italia, cambia Paese. Ma esiste anche una buona percentuale che ritorna a casa e con i risparmi messi da parte e gli incentivi dello stato romeno investe in nuove attività produttive’’.

Mi permetta una domanda “fastidiosa”: nei confronti dei rumeni esistono tutt’ora pregiudizi negativi, legati a fatti di cronaca che hanno accostato il vostro nome a fatti di criminalità e violenza. Secondo lei è un giudizio legato ad una amplificazione delle notizie da parte dei media o ad una strumentalizzazione politica?
“Credo che rispetto agli anni passati, la percezione negativa sia molto diminuita. Ritengo che l’apice si sia raggiunto nel 2007, con il caso Reggiani a Roma e un altro paio di casi accaduti in concomitanza. Quello è stato il momento peggiore per l’immagine dei rumeni. Notizie che sono state in parte anche un po’ strumentalizzate. Ricordo che fu una situazione unica nel suo genere: la gente sapeva che la percentuale di chi infrangeva le regole era solo una piccolissima minoranza. La realtà non era esattamente come i media la raccontavano. Poi con il tempo, il fenomeno si è ridotto”.

E oggi, da popolo con una grande diaspora recente, come valutate il fenomeno immigratorio dai Paesi africani e il dibattito, anche politico, così acceso intorno a questo tema?
“Il fenomeno dell’immigrazione è inarrestabile. Pensate alla crescita della popolazione nei paesi del sud del Sahara. Siamo in una fase molto critica: invece di agire sulle cause si tende ad agire sugli effetti. E questa non è la strada giusta. L’Italia però ha capito molto rapidamente come stano le cose. Il suo operato in Libia e, nel prossimo futuro, in Niger, dimostra la sua capacità di agire consapevolmente’’.

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