La sezione IX del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha introdotto una disciplina organica regolamentando startup innovative e incubatori certificati, fornendo quindi strumenti per agevolare la nascita e lo sviluppo di queste imprese.
Al 10 ottobre 2014 in Italia si contano 2.655 startup innovative e 31 incubatori certificati; il tasso di crescita di questo ecosistema è tra i pochi a risultare positivo e oscilla tra le 30 e le 40 unità per settimana per quanto concerne le startup innovative.
I principali attori sulla scena italiana dell’innovazione segnalano la difficoltà nel fare impresa, in particolar modo in settori che richiedono un’elevata specializzazione tecnica; un grave problema è la scarsa intenzione degli investitori privati di elargire finanziamenti, questo a causa della scarsa credibilità del sistema Paese che trova le sue radici profonde nell’eccessivo costo del lavoro e nell’elevata tassazione, nell’incertezza del diritto e della giustizia e nell’insormontabile burocrazia.
I risultati sono chiari ed evidenti: eccellenti imprenditori, tecnici e ricercatori, tutti giovanissimi, scelgono l’estero per tentare di raggiungere il successo, come ci mostra lo studio « Foreign Born Scientists: Mobility Patterns for Sixteen Countries » (Chiara Franzoni, Giuseppe Scellato, Paula Stephan), che riporta dati allarmanti: in Italia i ricercatori in ingresso sono il 3 per cento e quelli che fuggono sono il 16 per cento, portando dunque a un bilancio tragico del 13 per cento.
In Paesi vicini come la Francia e il Regno Unito questo dato diventa invece rispettivamente del +4 per cento e del +8 per cento, sino ad arrivare a casi di successi come la Svizzera e la Svezia che superano il +20 per cento.
In una situazione così grave per l’economia italiana è fondamentale riconoscerne le cause e, quindi, proporre soluzioni per ripartire. Con questa proposta di legge intendiamo lanciare un grande segnale al Paese, ai nostri giovani all’estero e agli investitori: in Italia sarà più facile e più conveniente fare innovazione.
La proposta di legge 2653
La proposta di legge, al capo I, definisce un regime fiscale agevolato per le startup innovative e in particolare prevede:
1) l’abolizione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
2) l’abolizione del contributo minimale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per i soci; questo contributo viene calcolato su un’ipotesi di reddito minimo che un’attività commerciale o artigianale dovrebbe generare e, ad oggi, si attesta ad oltre 3.000 euro l’anno;
3) l’articolo 29 del citato decreto-legge n. 179 del 2012, prevede, per quanto riguarda gli investimenti nel capitale sociale di startup innovative, detrazioni sull’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche al 19 per cento e deduzioni sull’imposta sul reddito delle società pari al 20 per cento, fatto salvo per investimenti nel capitale sociale di startup innovative a vocazione sociale o che operano nel settore energetico, la cui corrispettiva deduzione è pari al 25 per cento per persone fisiche e pari al 27 per cento per persone giuridiche. Il periodo entro il quale insistono le agevolazioni è limitato al 2016, non possono inoltre giovare di queste agevolazioni i fondi di investimento collettivo.
La proposta di legge interviene quindi:
a) elevando la quota di detrazione e deduzione fiscale per investimento in capitale sociale al 30 per cento;
b) estendendo il periodo dell’age- volazione sino al 2020;
c) estendendo l’agevolazione anche ai fondi di investimento collettivo;
4) deduzioni fiscali al 50 per cento per l’acquisto di nuovi beni strumentali.
È interessante sottolineare come, registrando un numero decisamente limitato di imprese (al 10 ottobre 2014 sotto le 3.000 unità), le coperture per poter stimolare il settore, anche in maniera sostanziosa, non risultino ingenti.
Per l’abolizione dell’IRAP dal 2015 la copertura individuata è pari a 300 milioni di euro, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui al decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88.
Si precisa che per l’aumento della quota di detrazione e deduzione fiscali sugli investimenti in capitale sociale e per le deduzioni sull’acquisto di nuovi beni strumentali non sono previste coperture in quanto le stesse misure genereranno un aumento dei consumi e quindi un maggiore gettito dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).
Il costo del lavoro e l’elevata tassazione rappresentano un grave problema, dello stesso ordine di grandezza della macchinosa burocrazia tutta italiana.
Il solo atto di aprire una startup innovativa presuppone la costituzione di un’impresa di tipo società a responsabilità limitata (SRL) o SRL semplificata (SRLS) o altre e dunque la compilazione di un modulo di autocertificazione da trasmettere al registro delle imprese; il tutto deve essere vidimato da un notaio con relativi costi per la prestazione.
Oneri burocratici non indifferenti si individuano poi nell’utilizzo degli strumenti finanziari partecipativi, strumenti finanziari che l’impresa sfrutta per potere remunerare i propri soci, dipendenti e collaboratori. Nel caso di soci e dipendenti si parla di stock option, nel caso di collaboratori esterni si parla di work for equity. La fondamentale utilità di questi strumenti si evince in due principali situazioni:
1) nella fase iniziale di una startup innovativa la liquidità scarseggia e dunque remunerare le risorse professionali tra- mite quote rappresenta una valida soluzione;
2) disporre di quote dell’impresa nella quale lavorano è, per le figure professionali ad essa collegate, stimolo per lavorare per il successo dell’impresa stessa in quanto, in futuro, parteciperanno poi ai guadagni.
In Italia oggi è possibile utilizzare questi strumenti ma, per poterlo fare, occorre avvalersi delle prestazioni di un notaio o di un commercialista, con relativi oneri economici.
La proposta di legge, con l’articolo 5, introduce norme per semplificare alcuni passaggi burocratici, in particolare:
1) impone al Governo di definire un modello unico e quindi una procedura unica per la costituzione di una SRL o SRLS startup innovativa;
2) impone al Governo di definire un modello standard per l’utilizzo degli strumenti finanziari partecipativi per una SRL o SRLS;
3) assegna anche al segretario comunale la competenza di vidimare e trasmettere agli uffici competenti gli atti legati alla costituzione e all’utilizzo di strumenti finanziari partecipativi per startup innovative.
In tema di competitività, di cui al capo II, l’articolo 6 proroga la vita di una startup innovativa da quattro a cinque anni, questo provvedimento è utile a sanare quel gap di inerzia del sistema Paese relativo all’attrazione di investimenti esteri.
L’articolo 7 destina una quota pari a 5 milioni di euro l’anno del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese all’attrazione degli investimenti esteri in startup innovative italiane.
Il capo III riguarda il crowdfunding; con crowdfunding intendiamo quelle operazioni di raccolta di capitale per un progetto tramite una rete come, ad esempio, internet.
Parliamo di equity crowdfunding quando le operazioni di investimento in un’impresa hanno, come corrisposto, la partecipazione, tramite quote, all’impresa stessa.
Con la delibera n. 18592 del 26 giugno 2013 della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) l’Italia, prima in Europa, ha regolamentato l’equity crowdfunding. Purtroppo questa delibera risulta molto limitante, sia per quanto riguarda il tetto massimo per operazione (attualmente il limite è 500 euro per operazione e a 1.000 euro per anno per le persone fisiche e a 5.000 euro per operazione e a 10.000 euro per anno per le persone giuridiche) che per quanto riguarda la possibilità di investimento che non è estesa ai fondi di investimento ma riguarda solo le singole startup innovative.
I fondi di investimento raccolgono capitali che quindi investiranno in un certo numero di startup innovative, aspettandosi un certo guadagno derivante dalle imprese che, tra le altre, avranno più successo. Investire nei fondi significa avere un in- termediario che sceglie e verifica la qualità delle imprese nelle quali investire. È dunque importante potere investire in fondi di investimento anche tramite portali di crowdfunding.
La proposta di legge interviene:
1) innalzando le soglie a 5.000 euro per operazione e a 10.000 euro per anno per le persone fisiche e a 50.000 euro per operazione e a 100.000 euro per anno per le persone giuridiche
2) consentendo operazioni di equity crowdfunding nei confronti dei fondi di investimento.
L’articolo 10 prevede l’accesso prioritario al Fondo di garanzia centrale per le piccole e medie imprese titolari di brevetti che abbiano superato il controllo da parte dell’Organizzazione europea dei brevetti e ricevuto una valutazione positiva.
L’articolo 11 sostituisce la parola « start-up » con la parola « startup » nella normativa vigente: questo intervento è necessario dal momento che quest’ultima risulta essere la parola utilizzata a livello internazionale.
(Fonte camera.it)