Xylella, l’UE vuole la linea dura. L’ipotesi di un ricorso.

È quello che emerge da una nota del Comitato Fitosanitario Europeo, riunitosi a Bruxelles il 27 e 28 aprile: «rigide misure di eradicazione che includono la rimozione e la distruzione delle piante infette, e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute, con la possibilità per l’Italia di applicare misure di contenimento nell’intera provincia di Lecce, dove l’eradicazione non è più possibile». In questo caso, «viene mantenuto il requisito di rimuovere sistematicamente tutte le piante infette e di testare le piante circostanti nell’arco di 100 metri in una zona di 20 km adiacente alle province di Brindisi e Taranto». Le importazioni e il movimento all’interno dell’UE di piante specifiche, notoriamente suscettibili di Xylella fastidiosa di tutto il mondo, saranno soggette a condizioni rigorose. Un divieto specifico è stato messo in atto per l’importazione di piante di caffè provenienti da Honduras e Costa Rica, considerato l’elevato rischio che siano infettate dal batterio

La decisione del Comitato UE per la salute delle piante è obbligatorio e prevede l’inizio delle operazioni di eradicazione a partire da maggio.

Nei giorni scorsi, sia il Ministro Martina sia il Presidente Vendola avevano scritto al commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan. e al commissario europeo per la Salute, Vytenis Andriukaitis, proprio per tentare una mediazione che non penalizzasse gli agricoltori pugliesi con interventi troppo drastici e forse non motivati, richiamando le Linee Guida per la lotta alla Xylella fastidiosa, elaborate dall’Osservatorio fitopatologico della Regione Puglia in collaborazione con le Università di Bari e Foggia, il Cnr e Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, recepite dal Piano d’Interventi.

In Puglia, la seduta del 29 aprile del Consiglio regionale dedicata alla questione Xylella, è stata rinviata per l’impossibilità a partecipare del Commissario nazionale Silletti. Rinvio che potrebbe portare a un ricorso europeo da parte della Regione, viste le critiche espresse al provvedimento dal Presidente dell’Assemblea Regionale Introna, dal Presidente Vendola, oltre alle ventimila firme raccolte dalle associazioni che vogliono tutelare uno dei più importanti patrimoni culturali ed economici della Regione.

Dello stesso parere Moncalvo, presidente Coldiretti nazionale: «Non è possibile accettare passivamente la strage degli ulivi sani proposta dalla Commissione Europea dalla quale si attendono peraltro ancora misure concrete di sostegno agli agricoltori colpiti da una calamità di cui i veri responsabili sono i mancati controlli alle frontiere dell’Unione». «Questa soluzione avrebbe costi improponibili e causerebbe danni economici e ambientali inaccettabili». «Sul fronte istituzionale occorre accelerare l’iter per il riconoscimento dello stato di calamità avviato dal Parlamento per poter alleviare il problema delle scadenze contributive e fiscali per le aziende agricole colpite dalla calamità».

Resta sul tavolo la questione dei ritardi nell’impegno ad affrontare in Europa un problema noto dal 2013. Per il leader nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli«di quanto accaduto e sta accadendo in Puglia dovranno essere individuate le responsabilità e comprendere la ragione per la quale le istituzioni regionali e nazionali che erano a conoscenza dell’emergenza Xylella da oltre 3 anni hanno atteso così tanto tempo per adottare misure che si sono poi tradotte nel piano Siletti di massiccia eradicazione poi bocciato dal Tar del Lazio». 

Il Tar del Lazio ha infatti deciso di bloccare il piano anti-Xylella, ma solo fino al prossimo 6 maggio.

Come segnalato a gennaio da Eurispes e Osservatorio sui Crimini Agroalimentari nel Rapporto Agromafie, l’infestazione da Xylella in Puglia è un fenomeno senza precedenti, che lascia ancora aperti molti dubbi e perplessità sulla sua origine e sulle modalità di diffusione.

Un’epidemia che mette a rischio una produzione, quella pugliese, di oltre 11 milioni di quintali di olive  con un indotto di circa 522 milioni di euro all’anno. Insomma un danno per l’economia locale e di riflesso per quella nazionale.

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