Il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato le previsioni di riduzione del Prodotto interno lordo sia mondiale sia dei singoli paesi.
La caduta del Pil mondiale si potrebbe attestare intorno al 6,1%, il Pil dell’Eurozona al 7,5% con l’Italia al 9,5%, Uk potrebbe soffrire una riduzione del 6,5% mentre per gli Usa è stimato al 5,9%.
Tutte queste previsioni andranno riviste al termine della Pandemia e i dati potrebbero essere rivisti ulteriormente al ribasso.
La situazione è molto grave sotto il profilo sia sanitario sia economico.
Quello economico ben presto farà sentire i suoi effetti su quello finanziario e quindi sulle banche con aumento dei non performing loan (NPL), le famose sofferenze bancarie.
La situazione si avvicina a quella già sofferta nel 1929 con la grande depressione, con grave nocumento per la sicurezza nazionale di molti paesi.
Per gli Usa si prevede un livello di disoccupazione del 9% anche nel 2021.
Per gli altri paesi non vi sono, al momento, proiezioni dei livelli di disoccupazione, ma potrebbero essere peggiori di quelli americani.
Il rallentamento delle economie innescherà la crisi finanziaria.
Le economie più sofferenti sono quelle già gravate da alto debito pubblico.
Per l’Italia, le prime stime di aumento del debito pubblico indicano un aumento anche oltre il 160% rispetto al Pil.
Per questi alti livelli di debito pubblici la gestione politica e amministrativa dei singoli paesi diventa molto difficile, se non impossibile; l’aumento del già alto debito pubblico farebbe aumentate l’incertezza della sostenibilità del debito stesso.
L’Italia ha bisogno di cambiare passo e serve un piano strategico di investimenti finanziato dall’Unione europea.
I finanziamenti sono disponibili ma il piano deve essere ancora elaborato.
L’era del post-modernismo è finita, servono responsabilità e capacità per poter risolvere i problemi.
La capacità di decidere non spetta ai tecnici che possono solo dare le loro valutazioni.
La decisione sul da farsi spetta al decisore politico che indica il percorso a più basso rischio per il Paese per traghettarlo fuori dalla palude pandemica nella quale tutti i paesi sono caduti, salvaguardando la sicurezza nazionale.
È vero che, per avere una economia funzionante, serve una buona salute pubblica, ma è anche vero che per avere una buona salute pubblica dobbiamo avere un’economia funzionante.
Nel mercato unico europeo le decisioni di uno Stato membro devono essere condivise dagli altri membri, tutti hanno pari dignità politica.
L’Unione europea è ancora oggi l’àncora di salvezza di molti Stati europei che dovranno utilizzare tutti gli strumenti finanziari a disposizione per risolvere i problemi economici, finanziari, sanitari e di disoccupazione conseguenti alla crisi in atto, i cui disastrosi effetti finali sono ancora da contabilizzare.
L’Italia non ha accumulato negli ultimi decenni successi di rilievo in campo economico e finanziario sia nazionale sia europeo, e non è riuscita a creare ricchezza.
L’incapacità di utilizzare i finanziamenti europei da parte del nostro Paese è fenomeno da tempo monitorato ma tutt’ora non risolto.
Questo problema si ripete anche con i finanziamenti nazionali.
Causa ultima è l’inefficienza delle Amministrazioni pubbliche, più grave nelle regioni del Mezzogiorno rispetto alle regioni del Nord Italia, che pone in difficoltà anche le componenti private dell’economia.
Il Paese sta vivendo un momento di sconforto perché non vede efficienza nella decisionalità politica.
Il Paese che perde la speranza, perde il futuro.
I due pilastri che hanno sostenuto la politica di sicurezza del nostro Paese sono stati: l’Alleanza politico militare Nato e l’Unione europea.
La difesa del nostro Paese è garantita dall’Alleanza, invece la finanza ha fatto capo all’Unione europea e alla Bce.
I membri dell’Unione europea hanno deciso di non condividere le politiche economiche, fiscali, della sanità, della difesa e sicurezza, della intelligence ed estera, ma di condividere (non tutti) solo la moneta unica rinunciando alle funzioni delle Banche centrali nazionali.
A disposizione degli Stati membri oggi vi sono solo gli strumenti finanziari votati all’unanimità.
Per la soluzione della grave crisi in atto sarà necessario utilizzare tutti i meccanismi finanziari approvati, compreso il piano Junker che ha preso le mosse nel 2014, creando l’European Fund for Strategic Investments (EFSI) che con un investimento iniziale di soli 21 miliardi di euro ha mobilitato 315 miliardi di investimenti nel primo triennio di attività, seguendo le due linee (window) distinte: l’Infrastructure and Innovation Window per i finanziamenti a lungo termine delle imprese/consorzi e lo SME Window per i finanziamenti a piccole e medie imprese attraverso gli istituti di credito in contatto diretto con le imprese finanziate (sussidiarietà orizzontale); e ciò per dare maggiore efficacia ai finanziamenti europei.
Un nuovo finanziamento di 500 miliardi di euro del piano Junker svilupperebbe 7.500 miliardi di investimento.
L’Italia è stato il maggior utilizzatore del piano Junker dopo la Francia.
La pandemia sta mettendo in crisi la Sicurezza nazionale di molti paesi a causa dei gravi danni provocati dal lockdown all’economia, al debito pubblico, ai livelli di disoccupazione mai sperimentati prima, ma anche alla sostenibilità dei livelli necessari di sanità pubblica.
Mitigare il livello di rischio è un imperativo per tutti i governi, attraverso strategie mirate coordinate per il rilancio dei Pil nazionali a sostegno delle aree di crisi.
Molti paesi europei non sono in condizione di operare da soli, in quanto privi di risorse finanziarie adeguate a far fronte alla grande emergenza.
Solo l’Unione europea in gran coordinamento con i paesi membri potrà garantire la stabilità istituzionale delle singole nazioni.