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Che cosa non sta funzionando nell’apprendimento. La formazione degli adulti rallenta mentre il mondo accelera

di
Mariarosaria Zamboi*

«In un’epoca di rapide trasformazioni digitali, cambiamenti demografici e transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, l’apprendimento permanente non è solo un’opzione politica, ma una necessità». È questa l’affermazione con cui si apre il report “What’s Missing in Adult Learning — and How Do We Fix It?” dell’Ocse; una frase che non lascia spazio ad alternative ponendo al centro del futuro mercato del lavoro la necessità di avere adulti capaci di adattarsi alle mutevoli esigenze di competenze per rimanere produttivi in un mondo che evolve ad una velocità vertiginosa. Eppure, mentre il mercato del lavoro cambia, i sistemi di formazione degli adulti faticano a tenere il passo, rivelando criticità che rischiano di compromettere la resilienza economica e l’inclusione sociale delle nostre società.

La scarsa adesione alla formazione degli adulti

In media, solo il 40% degli adulti partecipa annualmente ad attività di apprendimento con variazioni che spaziano da oltre il 55% di Finlandia e Norvegia a meno del 15% in Corea. La geografia dell’apprendimento degli adulti rivela una realtà profondamente diseguale. Mentre i paesi nordici e gli Stati Uniti mantengono tassi di partecipazione elevati in entrambe le forme di apprendimento – formale e non formale[1] – riconoscendo che gli adulti hanno profili, esigenze e obiettivi diversificati, altri sistemi nazionali mostrano lacune evidenti. L’aspetto ancora più allarmante è che in molti paesi, la partecipazione sembra aver ristagnato o addirittura essere diminuita nel corso dell’ultimo decennio, proprio quando le competenze digitali e verdi diventano sempre più essenziali per la competitività economica.

Apprendimento formale vs non formale

In tutti i Paesi il panorama della formazione è dominato dall’apprendimento non formale che coinvolge il 37% degli adulti contro l’8% che partecipa all’istruzione formale, una predominanza che nasconde spesso una frammentazione che limita le possibilità di costruire percorsi di sviluppo professionale coerenti e progressivi. Infatti, sebbene la convergenza verso formati brevi, flessibili e meno formali rifletta un adattamento positivo ai bisogni e ai tempi della vita adulta agevolando la partecipazione soprattutto dei lavoratori, il 42% delle attività non formali dura un giorno o meno e un altro 40% non supera la settimana. Questa brevità limita le opportunità di sviluppo di competenze sostanziali e, in assenza di percorsi di progressione chiari o credenziali accumulabili, tale formazione non riesce a costituire un valore cumulativo o veicolare transizioni di carriera significative. 

La “falsa convergenza” nella formazione degli adulti

Il fenomeno più preoccupante che emerge dall’analisi è quello che potremmo definire una “falsa convergenza”: mentre alcuni divari sembrano restringersi, ciò avviene principalmente a causa di un calo della partecipazione tra i gruppi tradizionalmente più coinvolti – uomini, persone con alta istruzione e redditi elevati – piuttosto che per un aumento dell’accesso tra gli adulti svantaggiati. Il divario di genere, ad esempio, si è ridotto principalmente perché la partecipazione maschile è diminuita, non perché quella femminile sia aumentata.

Un adulto su quattro riferisce di affrontare ostacoli all’apprendimento

Le disparità strutturali persistono lungo molteplici dimensioni: educazione, reddito, occupazione, dimensione dell’impresa e età. Gli adulti con livelli di istruzione più bassi, quelli in lavori poco retribuiti o poco qualificati e le persone più anziane rimangono sistematicamente sottorappresentati nell’apprendimento degli adulti, una stratificazione tutt’altro che casuale frutto di sistemi che, anziché livellare il campo di gioco, tendono a rafforzare i vantaggi esistenti. L’analisi delle barriere rivela una complessità che va oltre le semplici questioni di accesso. Un adulto su quattro riferisce di affrontare ostacoli all’apprendimento, primo fra tutti la mancanza di tempo mostrando che, nonostante la prevalenza della formazione non formale e di breve durata, il sistema stia fallendo nel progettare opportunità di apprendimento che si adattino alla vita degli adulti. Un’altra barriera è rappresentata dai costi, che escludono in particolare gli adulti con redditi bassi o occupazione instabile, infine fra le cause di mancata partecipazione emerge la mancanza di opportunità di apprendimento adeguate o accessibili.

Circa la metà degli adulti non partecipa né esprime interesse per l’apprendimento

Ma forse ancora più preoccupante è il fatto che circa la metà di tutti gli adulti non partecipa né esprime interesse per l’apprendimento. Questo apparente problema motivazionale nasconde questioni più profonde: la scarsa partecipazione o spesso riflette esclusioni ripetute dai sistemi formativi, training percepiti come scollegati dalle reali prospettive lavorative, mentalità rigide o l’incapacità di vedere l’apprendimento come un’opportunità di crescita personale e professionale. Una porzione notevole dell’apprendimento non formale legato al lavoro si concentra sulla formazione in materia di salute e sicurezza, rappresentando il 18% di tutto questo tipo di apprendimento. Pur essendo essenziale per la sicurezza sul posto di lavoro, questa prevalenza toglie risorse e tempo all’aggiornamento e alla riqualificazione che risponde alle domande evolutive del mercato del lavoro, particolarmente per quanto riguarda le competenze digitali e verdi che saranno centrali nel futuro dell’economia.

La formazione degli adulti: la situazione italiana

La posizione dell’Italia non è certamente fra le migliori e merita una profonda riflessione ed un ripensamento delle politiche nazionali sulla formazione degli adulti, soprattutto in considerazione dell’invecchiamento demografico che sta investendo il Paese e che richiederà necessariamente un prolungamento della vita lavorativa ed un continuo aggiornamento delle competenze per mantenere la produttività del sistema economico. Nel 2023 solo circa il 25% degli adulti italiani di età compresa fra 25 e 65 anni ha partecipato ad attività di formazione, un dato che ci colloca nelle ultime posizioni della classifica Ocse, seguiti solo da Polonia, Croazia e Corea. Allo scarso risultato quantitativo si aggiungono carenze qualitative: più di un quarto della formazione non formale legata al lavoro è dedicata alla salute e alla sicurezza, aspetto certamente fondamentale vista l’elevata incidenza di infortuni e “morti bianche” nel nostro Paese, ma che trascura altre skills oggi imprescindibili per mantenere la competitività del sistema economico e lavorativo; inoltre circa il 90% dell’istruzione formale degli adulti avviene a livello universitario (contro una media Ocse del 65%), fattore che, nonostante la qualità offerta dalla formazione terziaria, indica una scarsa propensione all’aggiornamento avanzato delle competenze al di fuori del circuito dell’istruzione universitaria.

Alcuni approcci innovativi nella formazione degli adulti

Alcuni paesi stanno sperimentando approcci innovativi che potrebbero fungere da modello. La Svezia offre sostegno al reddito per un massimo di 44 settimane di formazione a tempo pieno attraverso lo Student Finance for Transition and Retraining, la Francia ha introdotto il Compte Personnel de Formation che consente agli adulti di accumulare crediti annuali tra 500 e 800 euro utilizzabili per finanziare corsi di formazione approvati, Singapore fornisce crediti SkillsFuture per supportare l’apprendimento permanente orientato all’acquisizione di competenze rilevanti.

Sul fronte della flessibilità, il Micro-Credential Framework della Nuova Zelanda integra formalmente i corsi brevi nel sistema nazionale, conferendo loro valore riconosciuto tra tutti gli enti erogatori, la Norvegia ha avviato un programma di sostegno alla formazione dei gruppi sottorappresentati attraverso lo Skills Plusche offre formazione personalizzata sul posto di lavoro in competenze fondamentali come alfabetizzazione, calcolo e competenza digitale, collegando la formazione delle competenze di base a compiti rilevanti per il lavoro. L’Australia e il Regno Unito stanno sfruttando dati in tempo reale per identificare le esigenze emergenti di competenze, utilizzando strumenti di big data per monitorare l’evoluzione delle competenze richieste e tracciare le tendenze degli annunci di lavoro, allineando così l’apprendimento alle esigenze del mercato. È necessario dunque implementare politiche pubbliche capaci di aiutare gli adulti a considerare l’apprendimento un obiettivo importante e raggiungibile, dando loro gli strumenti per investire nelle proprie competenze per tutto il corso della vita.

*Mariarosaria Zamboi, ricercatrice dell’Eurispes.

[1] L’apprendimento formale si svolge attraverso programmi accreditati che portano a qualifiche riconosciute, mentre l’apprendimento non formale è caratterizzato da programmi strutturati, ma più flessibili (ad es. corsi di formazione professionale)

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