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Divari territoriali e fragilità strutturali della coesione nazionale

di
Gabriele Cicerchia

L’Italia contemporanea continua a vivere una frattura profonda, che attraversa non soltanto la geografia, ma il tessuto stesso della cittadinanza. I divari territoriali non si esprimono più soltanto nella contrapposizione tra Nord e Sud, ma si estendono oggi alle aree interne, ai territori montani, alle periferie urbane e ai luoghi a bassa densità demografica. È una frattura multidimensionale, che investe il lavoro, la salute, l’economia, l’istruzione, i servizi pubblici e il digitale. Dietro gli indici macroeconomici di stabilità e di crescita, sopravvive un’Italia silenziosa e diseguale. In molte regioni, i diritti costituzionali restano enunciati e non effettivamente esercitati. Il Mezzogiorno, in particolare, continua a rappresentare l’epicentro di un modello di esclusione sistemica che non è il risultato di crisi congiunturali, ma l’esito di processi storici e strutturali.

Il dibattito sull’autonomia differenziata rischia di istituzionalizzare i divari territoriali esistenti, se non accompagnato da una politica nazionale di riequilibrio

Le origini del dualismo italiano affondano nel periodo postunitario, quando le politiche fiscali e industriali centralistiche penalizzarono il Sud, aggravandone l’arretratezza economica e amministrativa. L’intervento straordinario del secondo dopoguerra, incarnato dalla Cassa per il Mezzogiorno (1950–1984), costruì infrastrutture e poli industriali, ma non riuscì a innescare uno sviluppo endogeno e duraturo. Con la sua chiusura, il Paese tornò a un approccio “ordinario”, affidando la coesione ai fondi strutturali europei e al federalismo fiscale, senza però rimuovere gli ostacoli istituzionali che limitano la capacità di spesa e di programmazione delle regioni più deboli. Negli anni Duemila, la riforma del Titolo V della Costituzione e la parziale attuazione del federalismo fiscale hanno acuito le diseguaglianze. La mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) ha infatti impedito di garantire standard minimi di diritti sociali su tutto il territorio nazionale. In questo contesto, il dibattito sull’autonomia differenziata rischia di istituzionalizzare i divari esistenti, se non accompagnato da solidi meccanismi perequativi e da una politica nazionale di riequilibrio.

I divari territoriali si manifestano in ogni ambito della vita civile, e nel lavoro la distanza è drammatica

Le diseguaglianze territoriali si manifestano in ogni ambito della vita civile. Nel lavoro, la distanza è drammatica: la disoccupazione giovanile supera il 30% in Sicilia e Campania, contro una media nazionale del 19%. La mobilità dei laureati evidenzia una fuga costante di capitale umano: in Basilicata quasi la metà dei neolaureati si trasferisce altrove, mentre l’Emilia-Romagna registra un saldo positivo del +23%. Sul piano economico, la forbice resta ampia: nel 2023 il Pil pro capite era di circa 44.700 euro nel Nord-Ovest e di poco inferiore ai 24.000 nel Mezzogiorno, con un divario superiore al 46%. A ciò si aggiunge una grave disuguaglianza materiale: un cittadino su cinque in Calabria vive in condizioni di deprivazione sociale, mentre in Emilia-Romagna la quota non raggiunge l’1%. Un recente studio di Eurispes ha misurato l’intensità dell’esclusione sociale in Italia attraverso un indice multidimensionale articolato in sette àmbiti: lavoro, economia, diritti sociali, servizi, salute, istruzione e diritti trasversali. I risultati restituiscono un quadro netto: Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Basilicata si collocano nella fascia “alta” di esclusione; Molise, Sardegna, Abruzzo, Lazio e Liguria in quella “medio-alta”; Piemonte, Umbria, Marche, Veneto e Toscana in posizione “medio-bassa”; mentre Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige si distinguono per i livelli più bassi di esclusione.

La disoccupazione giovanile supera il 30% in Sicilia e Campania, contro una media nazionale del 19%

Le differenze raggiungono picchi estremi: la grave deprivazione materiale e sociale interessa circa il 20% dei residenti in Calabria, contro meno dell’1% in Emilia-Romagna; il saldo migratorio dei laureati è pari a -44,7% in Basilicata, mentre l’Emilia-Romagna registra un +23%; la speranza di vita in buona salute varia dai 66,2 anni del Trentino ai 53,1 della Calabria, con una forbice di tredici anni. Persino nell’accesso ai servizi digitali emergono divari strutturali: solo il 24% dei Comuni molisani offre servizi online per le famiglie, contro il 78,6% del Veneto. Questi dati compongono una geografia dell’esclusione che non è episodica, ma sistemica: una linea di frattura che attraversa il Paese e mette in discussione la piena realizzazione dei diritti di cittadinanza e uguaglianza tra le diverse aree territoriali.

Le aree interne e montane soffrono un isolamento crescente, aggravato dall’invecchiamento della popolazione e dall’abbandono dei giovani

Oltre al divario Nord-Sud, emergono frontiere inedite dell’esclusione. Le aree interne e montane soffrono un isolamento crescente, aggravato dall’invecchiamento della popolazione e dall’abbandono dei giovani. La carenza di connessioni digitali e di presidi sanitari rende questi territori sempre più vulnerabili. La pandemia ha amplificato tali debolezze, mostrando quanto la prossimità territoriale e l’accessibilità ai servizi siano decisive per la coesione sociale. Ma l’esclusione non riguarda solo le regioni periferiche: anche le grandi città del Centro-Nord rivelano profonde spaccature. Roma ne è l’esempio più evidente: mentre i quartieri centrali si avvantaggiano della crescita del terziario avanzato e dell’economia della conoscenza, le periferie restano intrappolate in cicli di precarietà, disoccupazione e povertà educativa. È la “città a due velocità” descritta da Tridico, paradigma di un modello di sviluppo che concentra opportunità e marginalità nello stesso spazio urbano.

Divario digitale, il 74% delle famiglie lombarde dispone di connessione stabile, contro il 54% di quelle calabresi

La transizione digitale ha introdotto una nuova forma di esclusione. In Italia solo il 45,9% della popolazione possiede competenze digitali di base, contro una media europea del 55,6%; nel Mezzogiorno le percentuali crollano al 32%. Anche la dotazione tecnologica è fortemente diseguale: il 74% delle famiglie lombarde dispone di connessione stabile, contro il 54% di quelle calabresi. La digitalizzazione della pubblica amministrazione, che dovrebbe ridurre le distanze, rischia così di amplificarle. A questo si aggiunge la dimensione di genere. Le donne continuano a essere svantaggiate sia nell’accesso al lavoro che nella progressione di carriera: il part-time involontario e il differenziale salariale restano elevati in tutte le regioni, mentre l’imprenditoria femminile è minima nei territori più sviluppati del Nord-Est. L’inclusione, dunque, non coincide necessariamente con la modernità economica: anche i contesti più dinamici perpetuano forme sottili di discriminazione.

La realtà mostra un’Italia ancora divisa, dove la geografia determina il grado di cittadinanza

L’articolo 3 della Costituzione impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. L’articolo 119 aggiunge che essa promuove la coesione economica e la perequazione tra i territori. Eppure, la realtà mostra un’Italia ancora divisa, dove la geografia determina il grado di cittadinanza. Riconoscere e misurare l’esclusione significa comprendere che lo sviluppo non può essere ridotto al Pil o agli indici di crescita. Serve un nuovo paradigma che coniughi equità, sostenibilità e partecipazione, restituendo centralità ai territori marginalizzati.

Ridurre i divari territoriali non è soltanto una necessità economica, ma un dovere costituzionale e morale

Ridurre i divari territoriali non è soltanto una necessità economica, ma un dovere costituzionale e morale. Solo un approccio integrato – che unisca riforme istituzionali, fiscalità di vantaggio, infrastrutture sociali e digitali, potenziamento della pubblica amministrazione locale – potrà trasformare la coesione da slogan politico a realtà tangibile. Senza una visione comune di solidarietà territoriale, l’Italia continuerà a correre a due velocità: una parte del Paese verso il futuro, l’altra ancorata a un passato che non riesce più a lasciarsi alle spalle.

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