Con l’obiettivo di misurare, attraverso un approccio scientifico e multidimensionale, il grado di esclusione sociale, economica e istituzionale che caratterizza le diverse regioni italiane in relazione all’effettivo godimento da parte dei cittadini dei diritti costituzionali, l’Eurispes ha elaborato l’Indice di Esclusione. Questa ricerca si fonda sulla consapevolezza che i diritti sanciti dalla Costituzione – lavoro, istruzione, salute, partecipazione, parità e accesso ai servizi – non possono rimanere enunciati astratti, ma richiedono condizioni materiali concrete per essere pienamente esercitati dai cittadini.
L’Indice non misura solo l’intensità dell’esclusione, ma anche la disomogeneità interna ai territori
Per osservare il grado di divario esistente tra diritti e piena realizzazione degli stessi nei territori regionali, l’Indice, costruito utilizzando il metodo Mazziotta-Pareto, è articolato in sette macro-ambiti tematici:
- Lavoro
- Economia
- Diritti sociali
- Servizi al cittadino e alle famiglie
- Salute
- Istruzione e conoscenza
- Diritti trasversali (ambiente, sicurezza, fiducia nelle Istituzioni).
Complessivamente sono stati individuati ed elaborati 149 indicatori socio-economici, aggiornati all’anno più recente disponibile, per offrire una fotografia dettagliata e comparabile tra i territori.
L’Indice non misura solo l’intensità dell’esclusione, ma anche la disomogeneità interna ai territori, grazie all’uso del Coefficiente di Variazione, che penalizza i contesti in cui i diritti sono garantiti in modo diseguale. In questo modo, emerge che molte regioni del Sud non sono penalizzate in un singolo settore, ma soffrono di una marginalità diffusa e sistemica, che si autoalimenta.
Risultati principali della ricerca
L’Indice aggregato evidenzia una frattura territoriale strutturale tra Nord e Sud del Paese. Le regioni del Mezzogiorno – in particolare Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Basilicata – si collocano stabilmente nella fascia di esclusione “alta”, registrando valori significativamente superiori alla media nazionale in quasi tutti gli ambiti analizzati. Al contrario, regioni come Lombardia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia presentano un livello di esclusione “basso” e un sistema territoriale più equilibrato e coerente.
In sintesi troviamo nella fascia Alta: 5 regioni del Mezzogiorno; Medio-alta: 3 regioni del Mezzogiorno, una del Centro (Lazio) e una del Nord-Ovest (Liguria); Medio-bassa: 3 regioni del Centro, una del Nord-Ovest e una del Nord-Est; Bassa: 3 del Nord-Est e due del Nord-Ovest. Questa geografia dell’esclusione disegna una mappa di un Paese in cui la possibilità per i cittadini di esercitare i propri diritti segue una linea territoriale chiara che separa Sud, Centro e Nord; e il Mezzogiorno emerge chiaramente come epicentro di un’esclusione che assume caratteri sistemici e auto-replicanti.
L’eccellenza Nord-orientale: un modello non privo di squilibri
Il Nord-Est, rappresenta un modello avanzato di inclusione e coesione, ma mostra anche alcune debolezze non trascurabili. Il Trentino-Alto Adige è l’emblema di queste contraddizioni: infatti nonostante una situazione complessivamente eccellente, mostra forti segnali di esclusione nei confronti delle donne. La regione presenta l’imprenditoria femminile al minimo nazionale, il più alto gender gap salariale d’Italia, un’occupazione delle donne con figli sotto la media nazionale e il più profondo differenziale di genere nelle lauree STEM.
La marginalizzazione digitale
L’esclusione digitale è oggi una delle più gravi forme di disuguaglianza che ha impatti concreti in tutti i domini della vita e sulla reale possibilità di godere pienamente della cittadinanza. Il divario digitale assume particolare rilevanza in quanto configura nuove forme di esclusione destinate a diventare sempre più penalizzanti in una società dove l’accesso ai servizi essenziali e alle opportunità di partecipazione transita sempre più attraverso piattaforme tecnologiche. La mancanza di competenze digitali adeguate, che caratterizza oltre la metà della popolazione in alcune regioni meridionali, rischia di amplificare e aggravare altre forme di esclusione sociale. L’analisi della rappresentanza politica femminile rivela inoltre l’esistenza di un persistente gap di genere che attraversa tutto il territorio nazionale ma assume intensità particolarmente acute nel Mezzogiorno.
Quando l’esclusione è di genere
Il divario di genere attraversa trasversalmente tutti i territori, incidendo in particolare sul mercato del lavoro. Il rapporto tra tassi di occupazione delle donne con figli in età prescolare e quelle senza figli mostra differenziali altissimi; l’imprenditoria femminile resta ovunque sotto i livelli di parità, il part-time involontario colpisce prevalentemente le donne e il gender gap salariale persiste anche nelle regioni più ricche. L’Indice evidenzia l’esistenza di modelli territoriali diversificati di discriminazione di genere: il modello meridionale si caratterizza per un’Esclusione multidimensionale che investe simultaneamente accesso al lavoro, livelli retributivi, conciliazione vita-lavoro e rappresentanza politica. Il modello settentrionale presenta invece forme più sofisticate e nascoste di discriminazione: pur garantendo maggiore accesso al mercato del lavoro, perpetua disparità retributive e mantiene barriere invisibili alla progressione di carriera femminile. La presenza di mercati del lavoro più dinamici non elimina dunque il cosiddetto “soffitto di cristallo” che limita l’accesso delle donne ai ruoli apicali e meglio retribuiti.
L’Italia e l’Europa
Anche il confronto con l’Europa rivela che l’esclusione territoriale interna all’Italia si intreccia con un ritardo strutturale rispetto ai principali standard europei in molti àmbiti. Le disuguaglianze Nord-Sud si inseriscono all’interno di un quadro complessivo che vede l’Italia distante dalla media Europea nei principali indicatori di inclusione sociale ed economica (tasso di occupazione, gender gap occupazionale, fenomeno dei Neet, competenze digitali, rischio di povertà), per i quali spesso anche le eccellenze del Nord non raggiungono i valori medi europei a conferma di una diffusa fragilità nazionale. Questa doppia dimensione dell’esclusione – quella interna tra territori italiani e quella dell’Italia rispetto all’Europa – configura una sfida ulteriore per le politiche pubbliche perché non si tratta solo di ridurre i divari tra Nord e Sud, ma di elevare l’intero sistema-Paese evitando che la convergenza territoriale avvenga verso standard inadeguati anziché verso parametri di eccellenza.
L’obiettivo della ricerca
L’Indice dell’Esclusione dunque si propone come strumento operativo per il monitoraggio, la programmazione e l’indirizzo delle politiche pubbliche e sociali. Consente infatti di individuare: i territori più vulnerabili, gli ambiti in cui ogni Regione presenta maggiori criticità, le aree dove servono interventi sistemici o azioni settoriali mirate. Inoltre, il metodo adottato permette di aggiornare i dati, integrando nuovi indicatori o focalizzandosi su fasce specifiche della popolazione (giovani, anziani, famiglie fragili) e quindi lo rende uno strumento funzionale nel tempo.

