Nella grande Parrocchia che comprende Lazio, Umbria, Toscana e Marche, il Gran Priorato di Roma dell’Ordine di Malta è una realtà che si pone sempre più come un segno aperto nel cantiere della ricerca di umanità. Un laboratorio di solidarietà concreta. Il Gran Priore di Roma, Balì fra Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, appena riconfermato nel suo incarico, guarda avanti. Traccia la strategia per i sei anni del suo nuovo mandato che nella continuità di un progetto di assistenza ai nuovi poveri, ai disoccupati e ai ‘signori malati’, oltre ai 40.000 mila pasti gratuiti per i bisognosi, mette ora in cantiere progetti innovativi e strutturati per adempiere l’antica missione di curare i più deboli e le persone sole. Amare il prossimo resta l’imperativo ma ora l’obiettivo è diffondere il senso e la bellezza di una carità partecipata.
«Il fondamento della nostra azione è l’amore di Dio, curando il prossimo – spiega fra Giacomo dalla Torre – a indicarcelo è il racconto di Paolo che arriva nell’isola di Malta. La vicenda è narrata negli Atti degli Apostoli: “Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Malta. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo”. (At 28,2). Da quasi mille anni noi Cavalieri di Malta cerchiamo di fare questo: accendere un fuoco di accoglienza, aiutando tutti coloro che si trovano nel bisogno. Operiamo per fare verità nella carità».
Il Gran Priorato vuole dunque accendere un particolare faro di attenzione sulle nuove povertà, perché «oggi le frontiere del bisogno hanno il volto di immigrati, disoccupati, persone che hanno perso la casa o gli affetti familiari. Sono i ‘poveri della porta accanto’ – spiega ancora fra Giacomo – le famiglie in difficoltà che non arrivano alla seconda settimana del mese, i ‘signori malati’ che fanno le file in ospedale e spesso rinunciano a curarsi per mancanza di mezzi».
Ma ci sono anche altre emergenze sociali su cui l’Ordine getta bende di misericordia, come spiega il Gran Priore: «Il nostro progetto è aprire entro breve tempo una Casa di accoglienza per padri separati, nella Capitale. Un luogo dove persone ora non di rado costrette a dormire in auto a causa della crisi e di dolorose vicende di separazione possano abbracciare i propri figli, accogliendoli in uno spazio dotato di verde ma soprattutto di quel calore umano che non fa pesare il disagio. La separazione, l’affidamento della casa coniugale alla moglie, spesso con bambini, fa sì che i padri, in difficoltà economica e in assenza di altre possibilità familiari siano ridotti a questo tipo di emergenza. La creazione della Casa per dare un letto ai papà che devono comunque e sempre sorridere ai figli, è un altro capitolo della nostra strategia di assistenza agli anziani e alle persone senza fissa dimora».
Donare, spiegano i Volontari con la Croce a 8 punte, non è solo un dovere cristiano ma un atto di umanizzazione, è com-patire e agire. Perché, scriveva Lutero, “il dono non è sufficiente se non è presente anche il donatore”. Nel tempo del grande mercato globale e delle voci di tanti mercanti, l’arte del dono è anche educazione alla verità delle relazioni, innesco di rapporti reciproci di rispetto e riconoscimento, umanità che libera percorsi di dignità. Il Gran Priorato si propone di far conoscere la spiritualità dell’Ordine di Malta, e di coinvolgere tante coscienze in un progetto di vicinanza ai più deboli. Jacques T. Godbout ha indicato in un’immagine suggestiva la forza di questo sentiero che slarga speranza quando si mette in gioco e si apre ai nuovi bisogni della storia: “C’è una sorta di legge sociale che fa sì che ciò che non circola muore, come avviene per il lago di Tiberiade o il mar Morto. Formati dallo stesso fiume, il Giordano, sono l’uno vivo e l’altro morto, perché il primo dà acqua ad altri fiumi mentre il secondo la tiene tutta per sé”.
Donare significa accendere relazioni, far parlare il bene. È così che il donare produce senso, camminando insieme nell’antica strada del do ut aliis des, io do perché tu dia ad altri, spezzando le catene dell’indifferenza. Donate se stessi, spiega fra Giacomo «significa dare la propria presenza e il proprio tempo nel servizio all’altro, chiunque sia, fratelli e sorelle del nostro tempo, in carità e umanità».
Nel silenzio delle mura abitate dalla preghiera, fra Giacomo indica la strada delle scelte fondate sulla roccia: «L’amore gratuito è Grazia che diffonde umanità. Spesso – rivela il Gran Priore – leggendo la Scrittura mi commuovo pensando che Gesù si è fatto exeghésato, narratore (Gv 1,18) del Dio della Misericordia. Anche nella calca, il Figlio dell’Uomo sapeva riconoscere chi aveva bisogno di lui, era capace di ascoltare un grido che si alzava dalla sabbia della Palestina di ogni tempo e posava lo sguardo negli occhi di chi cercava verità. Chiunque voglia amare Dio amando il prossimo, non può che farsi narratori della misericordia, come il Maestro di Nazareth».
In questi anni il Gran Priorato ha rafforzato le ‘reti Samaritane’ che vedono tante persone, diverse per appartenenza o idee, unite nell’aiuto al prossimo. È stato semplice, spiegano i Cavalieri: è bastato aprire le porte del Gran Priorato. Tanti – anche non credenti – si sono uniti a loro, scoprendo passo dopo passo una visione del mondo. Perché la carità deve essere strutturata, farsi progetto, non può limitarsi a semplice assistenza limitata a una particolare situazione. Per incidere davvero, occorre fare rete, mettere in sinergie persone e sensibilità, donazioni e intelligenze.
Nel tempo dell’estremo Occidente, come alcuni pensatori definiscono la nostra epoca, c’è bisogno di abbattere i muri e costruire ponti, fare strada alla cultura dell’incontro e del dialogo. La parola-carne che vale per ogni Cavaliere, Dama e Volontario è una: accoglienza. Non importa quale storia abbia chi bussa alle porte delle mense e dei centri di ascolto, importa che cosa scelgano di essere ora. Contro la vulgata della disperazione, c’è un altro racconto sempre possibile: «Non bisogna mai arrendersi – è l’indicazione di fra Giacomo, mentre i suoi occhi si illuminano e si fanno compagni di viaggio di chi cerca – c’è una Divina Provvidenza che opera sempre nella storia. Dio non abbandona nessuno e ci chiede di cercarlo nelle nuove periferie dell’umano. La carità deve essere un Salmo recitato ai crocicchi delle strade, nelle stazioni, negli ospedali».
C’è anche un altro punto di forza in questo progetto: il Gran Priorato di Roma può contare sull’operato di misericordia di tante donne che ogni giorno, concretamente, stanno accanto ai poveri. Non hanno la pretesa di insegnare: condividono. Accolgono i poveri con un sorriso davanti alle porte delle mense. Pongono un fiore sulla tavola, prima ancora del cibo.
Quella dell’Ordine di Malta – spiega chi ha camminato almeno una sera con Dame e Cavalieri nel vento dell’antica fortezza romana a forma di nave pronta sempre a salpare – è un’aristocrazia dello spirito, non una nobiltà che si arrocca sul proprio glorioso passato, guardando da un’altra parte rispetto ai bisogni dell’uomo di oggi. Il Cardinalis Patronus, Raymond Leo Burke, rimarca che la strada della Misericordia va declinata insieme alla Verità.
Questa è anche la differenza fra nobiltà e aristocrazia, tra l’antichità di lignaggio e la nobiltà vera, quella dei sentimenti e delle opere. Ecco perché da quasi mille anni, l’Ordine di Malta raccoglie sotto le sue insegne la più bella aristocrazia dell’umano: quella che serve il prossimo.