È attualmente in discussione al Senato, presso la VII Commissione permanente (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport) il disegno di legge governativo concernente la revisione delle modalità di accesso, valutazione e reclutamento del personale ricercatore e docente universitario (Atto Senato 1518). Il ddl, che si compone di quattro articoli, si propone una radicale modifica del sistema di abilitazione scientifica nazionale (ASN), introdotto dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240, tuttora in vigore, sostanzialmente basato su una preventiva valutazione dell’idoneità dei candidati attuata a livello nazionale, sulla scorta della quale ogni singolo ateneo dispone le conseguenti procedure selettive.
Gli incentivi previsti per i concorsi universitari favoriranno la mobilità dei docenti per superare il localismo che connota il sistema universitario italiano
Tale sistema, secondo il Governo, appare ormai ridondante e disomogeneo e viene pertanto sostituito da un’autocertificazione – da parte del candidato – circa il possesso dei requisiti minimi di produttività e qualificazione. Resta quindi affidata alla responsabilità e all’autonomia dei singoli atenei la scelta di docenti e ricercatori. A ciò si aggiungono incentivi per l’assunzione dei “migliori” e per la mobilità dei docenti universitari, in modo da superare il tradizionale localismo che connota il sistema universitario italiano. È da ritenere che il confronto in sede parlamentare sarà serrato, in quanto diverse voci si sono già levate contro l’ipotesi di abolire l’ASN, nella considerazione che tale abilitazione garantisca una valutazione basata su criteri unitari.
Il ddl fissa nei confronti delle commissioni giudicatrici di ateneo una serie di vincoli di composizione e di funzionamento
Maggiori convergenze è invece prevedibile che potranno aversi su un secondo aspetto caratterizzante il contenuto del ddl, quello, cioè, relativo alla formalizzazione in disposizioni normative legislative di una serie di modalità, introdotte nel tempo in via di prassi (indicate da linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione o da circolari ministeriali ad esse ispirate) o sulla base di regolamenti di ateneo o a seguito di pronunce della giurisprudenza (soprattutto del Consiglio di Stato), riguardanti lo svolgimento delle procedure selettive. In particolare il ddl, al fine di soddisfare le esigenze di trasparenza e prevenzione del rischio di comportamenti corruttivi, fissa nei confronti delle commissioni giudicatrici di ateneo una serie di vincoli di composizione e di funzionamento. In proposito, sono esplicitati i requisiti che impongono la rotazione dei Professori chiamati a far parte delle commissioni e vengono indicate le categorie escluse. Quanto alla composizione delle medesime commissioni, è previsto che esse siano formate da cinque membri, di cui almeno quattro esterni all’Università che ha indetto la procedura di selezione, i quali saranno individuati previo sorteggio. Al fine di disincentivare l’insorgenza di potenziali conflitti di interessi viene limitata la partecipazione di uno stesso professore a più commissioni giudicatrici in un determinato arco temporale.
Con i nuovi concorsi universitari la scelta di docenti e ricercatori resta affidata alla responsabilità e all’autonomia dei singoli atenei
L’approvazione di tali disposizioni, da un lato comprimerebbe l’autonomia degli atenei (peraltro ampliata in sede valutativa), dall’altro potrebbe ridurre drasticamente un contenzioso tuttora elevato proprio perché rimesso prevalentemente all’osservanza dei diversi regolamenti di ateneo, che non sempre, in sede di giudizio, sono ritenuti coerenti con le finalità di trasparenza e imparzialità da assicurare.

