Fase 3. La percezione del tempo nella nuova normalità

Ora che siamo ripartiti, dobbiamo ricordarlo. Ci portiamo appresso un bagaglio anomalo: le sensazioni provate mentre le libertà erano limitate, le realtà dimenticate e riscoperte nella strana condizione di reclusi in casa; sarà utile rammentarlo, prima che la memoria sfumi.
Ci sforziamo di tornare alla normalità con la riapertura delle fabbriche, la ripresa delle attività, gli spostamenti tra regioni; le mille prove di ripresa, necessarie, per l’economia e il nostro benessere, insieme a tutto il resto, il turismo, la cultura, lo spettacolo. Serviranno molte energie, oltre a tanti soldi, e non sappiamo se basteranno le capacità che, nonostante cedimenti e errori, abbiamo finora mostrato.
Pesa il fatto d’essere rimasti fermi per troppo tempo, immobili nelle nostre case, bloccati dalla paura del contagio, preoccupati per il futuro, obbligati a cambiare stili di vita, dopo aver perso i riferimenti: niente più orari di lavoro, scadenze, a regolare il ritmo delle giornate: l’uscita di casa, la pausa pranzo, il rientro in famiglia, l’accudimento di figli ed anziani, le incombenze. Buon ultimo, il divertimento, il contatto tra amici, l’affetto verso i propri cari.
Abbiamo sperimentato un tempo nuovo, aperto e sconfinato, da che era limitato, dilatato a dismisura mentre tutto ci era proibito, e lo spazio intorno si restringeva. Le città deserte, avvolte da un silenzio innaturale, offrivano un habitat insolito; improvvisamente, avevamo a disposizione una libertà così ampia da sembrarci eccessiva. Anarchica ed insensata.
L’annullamento delle regole ci ha dato la sensazione che l’orologio si fosse fermato e le lancette avessero smesso di andare avanti. Era la normalità al tempo del Covid, non più codificata da schemi, o disciplinata da regole, diversa dalla precedente, ma anche da quella che faticosamente stiamo ricostruendo ora.
Pochi punti fermi a segnare le giornate, dopo che le restrizioni avevano colpito anche gli affetti. La spesa ogni tanto, l’immondizia nei cassonetti, e, per pochi, la passeggiata con il cane. Per il resto, un orizzonte indefinito. Senza un perché. In cui era difficile orientarsi. Perché alzarsi alla stessa ora se non dobbiamo più uscire di casa? Che fare in tutto il tempo a disposizione?
Abbiamo provato smarrimento, da quando inseguivamo le ore, in preda a frenesie e urgenze; di colpo, non più soffocati dagli impegni, in difficoltà ad usare la libertà che avevamo disperatamente sognato. Come sarebbe bello starsene sprofondati su un divano a leggere o ascoltare musica, ci eravamo ripetuti di continuo, prima che, accadendo davvero, ci sentissimo disorientati. Non sempre abbiamo trovato un equilibrio soddisfacente.
Proviamo a pensarci ora, per averne una conferma. Quanto è durato davvero, per ciascuno, tutto questo periodo? È stata una fermata lunga o breve? Non guardiamo ai dati ufficiali del lockdown, quelli li conosciamo bene: da marzo a giugno, sono circa tre mesi. Piuttosto, pensiamo al tempo interiore, a quello che ognuno ha speso per resettare le proprie giornate.
Oggi non ne sappiamo calcolare la lunghezza effettiva, il periodo non è stato uguale per tutti: a domande semplici rispondiamo in maniera diversa. Era facile arrivare alla sera, oppure le ore non passavano mai? Stare a casa era un’idea comunque confortevole o ci ha spaventato, generando ansia? Come ce la siamo cavata, insomma, tra nuove angosce e ricerca affannosa di una quiete diversa?
Abbiamo conosciuto una situazione differente: il tempo non era più regolato dall’esterno, definito dalla cornice degli impegni. Una serie di incombenze limitanti, ma portatrici di senso, indicatrici di una direzione verso la quale andare. In una parola, un tempo organizzato e finalizzato ad uno scopo. Perciò rassicurante.
Una condizione del tutto naturale e consueta nelle società occidentali, dove il tempo è principalmente organizzazione sociale. All’opposto di altri contesti che non appartengono necessariamente ad epoche trascorse, attraversati da maggiore lentezza. Un’altra nozione di tempo, dove prevale un ritmo ciclico con la ripetitività degli eventi importanti, in una sorta di andamento circolare della vita: l’alternarsi delle stagioni, le produzioni agricole. L’evoluzione naturale delle cose.
Siamo stati colti alla sprovvista da un sovvertimento a cui è stato difficile adattarsi; è accaduto perché il rapporto con il tempo è più complesso di quello con lo spazio. I luoghi hanno una loro concretezza, sono raggiungibili, trasmettono in noi il senso della governabilità; ci sentiamo padroni dello spazio, cioè della realtà, mentre il tempo è sempre sfuggente.
Il viaggio nel tempo riguarda mete immateriali. Un passato che è stato reale soltanto in una fase ormai esaurita, che ora non esiste più. E un futuro ancora da venire, sottratto alle percezioni presenti. Entrambi quindi inafferrabili: anche inconsistenti? È spiazzante muoversi tra punti così evanescenti: avvolti da ricordi, oggetto di anticipazioni. È complicato spostarsi con la mente anziché con il corpo.
Senza le cose da fare, i lacci e gli obiettivi che cadenzavano le giornate, abbiamo avuto più tempo per pensare, rimanendo esposti alla variabilità delle emozioni del momento. Siamo entrati in contatto con noi stessi senza filtri, e la dimensione soggettiva ci è apparsa improvvisamente spoglia. Siamo rimasti a lungo così, dopo aver messo da parte l’involucro del ruolo sociale.
Il venir meno dell’abitualità ci proietta verso un vuoto che offre alimento alla tristezza, dà spazio alla depressione; le emozioni negative ci spingono a pensare che il tempo proceda a rilento, perché in fondo privo di senso. Non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo, cosa fare di noi nel tempo che abbiamo a disposizione.
A queste sensazioni, si accompagna la percezione di uno spaesamento: qualcosa di simile all’essere in mare aperto, al buio, senza riferimenti. Sopravvivere dipende dalle capacità di reazione dei singoli e dalla variabilità delle situazioni in cui si vive. Lo vediamo negli anziani: si concentrano di più sulle cose lontane, che vengono sminuzzate in tanti dettagli, e questo sguardo sembra esaurire ogni interesse vitale; per loro, il tempo è un’entità più lenta e distante. Non solo l’età, ma anche le emozioni negative possono determinare lo stesso effetto. Lo sconforto, il disagio, il malessere finiscono per dilatare il tempo, renderlo infinito, perché vivere è troppo pesante.
Ora che le lancette si sono rimesse in moto, ora che ci attraversa il desiderio di gettarci di nuovo nella frenesia, è prezioso ricordare quello che abbiamo provato nel tempo appena vissuto, lungo o breve che sia stato. Di certo le giornate non hanno regalato soltanto smarrimento, paura, angoscia; ciascuno ha sperimentato anche altro: scoperte, sorprese, magari persino istanti di insperata felicità.
Nulla che già non conoscessimo, in fondo; che non fosse avvenuto anche prima della pandemia. Ricordate? Ogni volta che abbiamo vissuto un amore, percepito una passione o coltivato un interesse, il tempo – vissuto tanto intensamente – ci è sembrato troppo breve. Perché così striminzito, ci siamo chiesti, quando ce ne servirebbe altro? Ne avremmo voluto di più, per continuare a provare quei sentimenti positivi: qualcosa di simile, di fronte a scoperte impreviste, l’abbiamo avvertito durante il lockdown.
Mentre riprendiamo la vita precedente, resta il ricordo di qualche istante, pur piccolo e sfuggente: gesti, parole, suoni, contatti. Anche queste cose hanno fatto parte di quel presente rarefatto e silenzioso, quanto una piazza di Giorgio De Chirico, che è stata l’emergenza. Un momento sospeso e, tuttavia, dotato di incredibile corposità.
Il tempo non è, come abbiamo creduto sino ad ieri, solo merce o valuta, da comprare o vendere, regalare o tenere per sé. «Non sprecare tempo», «Approfittiamo del tempo libero», «Ogni cosa ha il suo tempo». Ci rapportiamo così al tempo. In questo modo ne parliamo. E, soprattutto, il suo scorrere non è uguale per tutti, e non ha un senso costante neppure per ciascuno di noi. Lento o veloce: si esaurisce a fatica, o ci incalza freneticamente. È accaduto da reclusi in casa, ma è sempre successo e così potrà avvenire anche in futuro: esserne consapevoli ci offre delle chance in più.
Fuori dal calendario, il tempo è una nozione molto relativa, impossibile non credere che la sua percezione dipenda da età, impegni, emozioni. Lo viviamo in forme diverse, con alterni e contrastanti stati d’animo. Persino durante i periodi più angosciosi come il lockdown, ci sono stati spirali di luce, che ci fanno ben sperare per domani.
Anche la scienza ne è convinta: il tempo non è lì costante, né scorre sempre allo stesso modo, il medesimo per tutti in ogni luogo. E forse è pure imprecisa la scansione tra passato, presente e futuro. Può essere che realtà e immaginazione si confondano, che anche mete irreali siano perfettamente raggiungibili. Chissà. Ma soprattutto, il significato ultimo del tempo dipende da noi stessi. «Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che facciamo mentre passa», scriveva Albert Einstein, che di relatività s’intendeva. Quello degli uomini è certamente un destino comune, ma ognuno gli va incontro a suo modo.

* Angelo Perrone, giurista, è stato pubblico ministero e giudice. Cura percorsi professionali formativi, si interessa prevalentemente di diritto penale, politiche per la giustizia, diritti civili e gestione delle Istituzioni. Autore di saggi, articoli e monografie. Ha collaborato e collabora con testate cartacee (La Nazione, Il Tirreno) e on line (La Voce di New York, Critica Liberale). Ha fondato e dirige Pagine letterarie, rivista on line di cultura, arte, fotografia.

Ultime notizie
corse
Intervista

L’insularità possibile: il caso Corsica. Intervista a Marie-Antoinette Maupertuis, Presidente dell’Assemblea corsa

La Corsica è uno dei modelli europei in merito all’insularità e alle iniziative intraprese per favorire la coesione territoriale e l’autonomia fiscale necessaria per l’economia corsa, dinamica ma gravata da una “crescita depauperante”. Ne parliamo con l’Onorevole Marie-Antoinette Maupertuis, economista e Presidente dell’Assemblea della Corsica.
di Daniela Pappadà
corse
corse
Osservatori

Insularité possible: le cas de la Corse. Entretien avec Marie-Antoinette Maupertuis, Présidente de l’Assemblée de Corse

Insularité possible: entretien avec l’Honorable Marie-Antoniette Maupertuis, Presidente de l’Assemblee de Corse.
di Daniela Pappadà
corse
intelligenza
Intervista

Intelligenza artificiale e regole: serve un impegno dell’Unione sui diritti sostanziali

Intelligenza artificiale e diritto, ne parliamo con Giusella Finocchiaro, Professoressa ordinaria di diritto privato e diritto di Internet all’Università di Bologna. Per non cadere in un rischioso processo di “burocratizzazione digitale” bisogna partire da elementi culturali prima che giuridici, senza perdere di vista i princìpi.
di Massimiliano Cannata
intelligenza
Sicurezza

Tecnologia, sicurezza e istruzione: intervista a Nunzia Ciardi, Vice Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale

La tecnologia è entrata di forza nella scuola grazie alla DAD, che in pandemia ha permesso a milioni di studenti di seguire le lezioni da casa. Bisogna continuare su questa strada e sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia in àmbito scolastico e formativo secondo la dott.ssa Nunzia Ciardi, Vice Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
di Massimiliano Cannata
scuole italiane
Immigrazione

Scuola e cittadini italiani di domani

La questione della presenza degli stranieri nelle scuole implica un’ambivalenza di obiettivi: migliorare la qualità dell’istruzione a prescindere dalla discendenza, oppure comprimere il diritto costituzionale all’apprendimento. La scuola deve avere una funzione di istruzione e integrazione sociale.
di Angelo Perrone*
scuole italiane
insularità
Intervista

Insularità e perifericità: costi e correttivi nell’intervista al Prof. Francesco Pigliaru

L’insularità si lega spesso all’idea di una compensazione economica, ma bisogna distinguere tra condizioni di prima e seconda natura legate all’insularità, come spiega il Prof. Francesco Pigliaru nell’intervista dedicata al tema delle isole e della continuità territoriale.
di redazione
insularità
insularità
Intervista

Il diritto costituzionale all’insularità: intervista al Prof. Tommaso Edoardo Frosini

Il professor Tommaso Edoardo Frosini, Ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, evidenzia le attinenze tra diritto costituzionale all'insularità e uguaglianza, così come sancito dalla nostra Costituzione, e individua trasporti e digitale come i settori nei quali investire per le isole.
di redazione
insularità
medici
Sanità

Sanità a rischio, pesa la carenza di medici e l’assenza di chirurghi

Sanità a rischio: dalla carenza di medici all’assenza di chirurghi. Questo sarà il prossimo futuro senza una programmazione “a monte”, e l’aumento dei posti in Scuola di Specializzazione non è sufficiente a risolvere la carenza di personale medico.
di ROCCO LEGGIERI*
medici
l'algoritmo d'oro e la torre di babele
Diritto

L’algoritmo d’oro e la torre di Babele

“L’algoritmo d’oro e la torre di Babele” di Caterina e Giovanni Maria Flick è un saggio sugli effetti della tecnologia sulla nostra civiltà, con un invito alla conservazione dell’umano e alla sua conciliazione con il progresso tecnologico.
di Ilaria tirelli
l'algoritmo d'oro e la torre di babele
Istruzione

Scuola, più fondi e voglia di futuro: intervista a Ivana Calabrese

Nell’àmbito del Secondo Rapporto su Scuola e Università dell’Eurispes, dialoghiamo con Ivana Calabrese di Ashoka sul tema dell’Istruzione in Italia, ma innanzitutto sul futuro di una istituzione che passa attraverso docenti capaci e fondi per l’innovazione.
di Massimiliano Cannata