Il Governo Conte bis ha dedicato al Sud il punto numero 19 del suo programma, indicando la necessità di «lanciare un piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro». Si tratta di «enunciazioni di principio, alle quali spero seguano fatti», commenta Saverio Romano, ex Ministro delle politiche agricole, che guida il Dipartimento Mezzogiorno dell’Eurispes.
Il cambio di colori, almeno per metà della bandiera, del nuovo Governo, può segnare, secondo lei, una rinnovata e magari più accesa attenzione nei confronti del Sud Italia?
Intanto, come ogni volta, bisogna guardare ai fatti ed è ancora presto per questo. L’emergenza Sud come periferia del Paese, in questo momento come nel recente passato, non è stata evidenziata dalle forze politiche che si sono alternate negli ultimi governi. Intanto, perché l’emergenza Sud è costituita soprattutto dal disagio sociale e dalla disuguaglianza economica, prima che dalla carenza di infrastrutture e servizi. Fatta questa premessa, l’attuale Governo avrà il tempo per dimostrare se davvero vorrà mettere al centro il Sud oppure no.
Riforma sulle Autonomie locali: il nuovo Governo segnerà una discontinuità oppure riprenderà il dialogo su questo tema? Difficile pensare che Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si arrendano e rinuncino alla loro battaglia… Non pensa?
La battaglia delle Regioni assumerà un tono più forte e diventerà una battaglia politica, e quindi il confronto rischia di essere tra sordi. Ciò detto, è ovvio che l’autonomia differenziata se dovesse essere approvata tout court, senza modifiche che prevedano la salvaguardia di ciò che serve al Mezzogiorno, sarebbe davvero disastrosa.
Al 19esimo punto del programma di Governo si legge: «Va lanciato un piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro al Sud, anche attraverso il rafforzamento dell’azione della banca pubblica per gli investimenti, che aiuti le imprese in tutta Italia e che si dedichi a colmare il divario territoriale del nostro Paese. Per le aree più disagiate occorre promuovere l’adozione e il coordinamento di vari strumenti normativi e di intervento, quali Contratti Istituzionali di Sviluppo, Zone Economiche Speciali, Contratti di Rete. Obiettivo fondamentale è quello di accelerare la realizzazione di progetti strategici, tra loro funzionalmente connessi, di valorizzazione dei territori, utilizzando al meglio i Fondi europei di sviluppo e coesione». Che cosa ne pensa? E cosa si deve fare concretamente?
Sono enunciazioni di principio che contengono tutto e niente; io avrei maggiormente sottolineato ciò che realmente serve. E per colmare il gap tra Nord e Sud serve infrastrutturare il Mezzogiorno, individuare i soggetti che devono fare che cosa, che io non esiterei a declinare chiamando, ad esempio, Eni alle sue responsabilità. Ovvero, Eni dovrebbe effettuare le bonifiche nel Sud, deindustrializzare dove ha stabilimenti che non usa ‒ come a Gela ‒ e promuovere nuovo sviluppo, dopo avere avuto molto; e credo che il Governo ad Eni questo lo possa imporre. Poi chiamerei in causa le Ferrovie, che dovrebbero investire nel Mezzogiorno quello che hanno investito negli ultimi decenni nel resto del Paese, dove è stata fatta l’Alta velocità, il doppio o triplo binario; e anche questo credo che il Governo glielo possa dire. Poi c’è l’Anas, che dovrebbe prendersi in carico le strade che sono disastrate e fare un piano di investimenti. Citerei anche Cassa Depositi e Prestiti, che è diventata la nuova cassaforte del Governo per fare operazioni che non sono quelle per cui è nata, e che invece dovrebbe mettere a disposizione i fondi ai Comuni. Solo attraverso un piano straordinario di questi soggetti si può dare un nuovo respiro al Sud. Quindi, tornando al programma del Governo, spero che alle enunciazioni seguano i fatti. Tra l’altro, il neo Ministro del Mezzogiorno è un siciliano, voglio augurarmi che metta mano a queste questioni.
Quindi l’unica strategia di crescita per il Sud è investire?
Certo, è investire e fare in modo che questa area del Paese diventi nuovamente centrale; il nostro progetto del porto Hub in Sicilia, ad esempio, va in quella direzione, così come credo che bisogna ripensare seriamente al meccanismo del “Cip 6”. Nelle bollette i siciliani trovano una voce riferita al contributo che pagano per le fonti rinnovabili ed assimilabili (Cip 6). Ebbene, in essa sono compresi i termovalorizzatori distribuiti sul territorio nazionale (ben 53) di cui ben 13 in Lombardia e nessuno in Sicilia. Occorre rinegoziare le tariffe a livello nazionale e riprendere la contrattazione con le compagnie che erogano il servizio, che oggi penalizza oltremodo le imprese che operano nel nostro territorio, e gli utenti, alle prese con un rapporto oneroso tra il costo che devono sostenere e il servizio loro offerto.
Reddito di cittadinanza: per ora la misura sembra confermata. È servita oppure no? Qual è il bilancio, dal suo punto di vista?
Il mio punto di vista è chiaro: le misure che non sono collegate, allo stesso tempo, allo sviluppo e al lavoro, alla lunga sono sempre fallimentari. Purtroppo, immagino che questo provvedimento, se reiterato danneggerà ancora di più il mercato del lavoro, così come le imprese, così come disaffezionerà al lavoro. Io penso che oggi, in un momento post ideologico, bisogna lasciare da parte le demagogie e capire che il Mezzogiorno è vitale perché può dare una spinta, senza la quale il nostro Paese finirebbe per essere marginale anche al livello europeo.