In Italia il numero di startup innovative nel settore dell’energia continua a crescere a ritmi incalzanti: attualmente sono 10.281 mentre alla fine del 2018 erano 9.344. In sostanza, dal 2014 – quando erano 1.050 – sono cresciute a un tasso medio annuo del 73%. Percentuale solo di poco inferiore a quella delle startup attive nel settore dell’energia che ammontano a 1.474 con un tasso di crescita medio annuo del 70%. Un ecosistema che nel suo insieme vale fino a un massimo di 3,7 miliardi di euro di cui poco meno del 60% ascrivibile alle regioni settentrionali, oltre un quinto a quelle meridionali e il restante 20% a quelle del Centro. Alle sole startup energetiche è associabile un impatto economico contenuto tra i 150 e gli oltre 534 milioni di euro. Un valore pari al 15% dell’importo complessivo stimato.
I dati emergono dal Rapporto Il rebus della transizione. L’innovazione energetica, chiave dello sviluppo dell’I-Com, Istituto per la Competitività, presieduto dall’economista Stefano da Empoli.
Il Nord si conferma l’area del Paese di gran lunga preferita dagli innovatori con il 52% delle startup energetiche attive in questo momento in Italia. Seguono il Sud con il 26% e il Centro con il restante 21%. Se si guarda alle regioni, a fare la parte del leone è la Lombardia nella quale trovano sede 314 startup energetiche, pari al 21% di quelle esistenti nel complesso nel nostro Paese. Il secondo gradino del podio viene occupato dal Lazio con 143 nuove imprese innovative specializzate nel campo dell’energia mentre il terzo, dala Campania, con 142. Numeri che dipendono in larga misura dal peso preponderante di Milano, Roma e Napoli. La situazione però cambia se si considerano le province con il maggior numero di start-up energetiche pro-capite: quella che ottiene i risultati migliori in assoluto è Rovigo; seguono Salerno, Trieste e Lecce. Quinta la provincia di Napoli, settima quella di Milano e addirittura non pervenuta tra le migliori dieci d’Italia quella di Roma.
Ma quali sono i settori di attività delle start-up energetiche italiane? Il 90% – pari a 1.329 nuove imprese innovative – è specializzato nella ricerca scientifica e nello sviluppo mentre le altre si occupano per lo più della fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi.
Il Rapporto evidenzia i punti di debolezza che ancora caratterizzano il sistema italiano dell’innovazione nel settore dell’energia. «Solo il 4,2% delle startup energetiche ha un capitale superiore a 250.000 euro e anche quelle con un valore della produzione considerevole – superiore a 500.000 euro – sono poche, pari al 9,5% del totale», spiega Stefano da Empoli.
Lo studio fa, inoltre, il punto della situazione sui brevetti – uno dei principali indicatori della capacità di innovare degli Stati e dei loro sistemi produttivi – a proposito dei quali l’Italia risulta ancora molto indietro a livello internazionale. Nel 2017 le domande di brevetto in campo energetico provenienti dal nostro Paese sono state 881, soltanto lo 0,8% del totale a livello globale. In Europa, la Spagna ottiene risultati analoghi ai nostri mentre fanno decisamente meglio la Francia (5% del totale) e soprattutto la Germania (8,1% del totale). In assoluto il Giappone resta primo al mondo con 30.683 brevetti concessi in campo energetico anche se la distanza con la Cina si è ridotta ulteriormente. «Il Paese del Dragone continua a crescere a ritmi che non hanno eguali rispetto al complesso dei competitor internazionali, e in misura maggiore rispetto all’attività brevettuale nel complesso delle aree tecnologiche», secondo Antonio Sileo, curatore della ricerca. E se le tendenze in atto saranno confermate si assisterà all’avvicendamento in prima posizione tra Cina e Giappone già dal 2019. Nel 2017 sono state depositate poco meno di 25.862 domande di brevetto cinesi nel settore energetico, con un incremento del 17% su base annua. La forbice cinese si amplia anche rispetto agli Stati Uniti e alla Corea del Sud, che attualmente occupano la terza e la quarta piazza. Negli Usa sono state rilevate 14.030 domande di brevetto nel settore energetico, con un incremento del 3,8%. Decisamente migliore la performance della Corea del Sud che passa dalle 10.139 alle 12.634 unità tra il 2016 e il 2017 (+13,9%).
Per quanto riguarda l’Italia, dal Rapporto emerge come la gran parte dei brevetti provenga dalle imprese mentre poco meno di un quarto è da ricondurre a persone fisiche e con un ruolo residuale di istituti universitari, fondazioni ed enti di ricerca pubblici. Quanto alla distribuzione geografica, la Lombardia rimane leader con 67 brevetti concessi in àmbito elettrico nel 2017, pari al 28,3% del totale. In seconda posizione si trova il Lazio con 43 brevetti energetici, seguito da Piemonte (34) e Veneto (32).
Infine, un ultimo dato, questo sì positivo, per quanto riguarda l’innovazione nell’ambito della mobilità sostenibile: continua il successo delle biciclette a pedalata assistita, anche in termini di export, cresciuto del 300% rispetto al 2017. Mentre anche in Italia stanno arrivando numerosi i monopattini elettrici sia per uso privato che in condivisione.