Negli ultimi decenni, la ristorazione italiana all’estero ha conosciuto una profonda trasformazione, evolvendosi da nicchia etnica legata alla storia migratoria a strumento strategico di valorizzazione culturale e posizionamento globale. Non si tratta quindi più soltanto della diffusione di una tradizione gastronomica, ma della costruzione di un vero e proprio linguaggio transnazionale, capace di veicolare valori, estetiche e narrazioni coerenti con l’immaginario del Made in Italy.
Origini e sviluppo della ristorazione italiana nel mondo
Le radici della ristorazione italiana a livello internazionale affondano nei grandi movimenti migratori che, a partire dalla fine del XIX secolo, portarono milioni di italiani a stabilirsi in Nord e Sud America, nonché in diverse regioni dell’Europa centro-settentrionale. In questi nuovi contesti, la cucina italiana non rappresentò solo un mezzo di sussistenza, ma si configurò presto come uno strumento di resistenza culturale e affermazione identitaria. La nascente “cucina diasporica” non si limitava a riprodurre fedelmente le ricette originarie, ma le reinterpretava secondo le disponibilità locali e le aspettative dei consumatori. Con il passare del tempo, la ristorazione italiana ha progressivamente superato la sua funzione originaria di nicchia etnica, trasformandosi in uno strumento strategico di posizionamento culturale e commerciale. Inserita in un ecosistema globale sempre più articolato, essa è oggi parte integrante delle politiche di country branding e di promozione del Made in Italy.
Tipico, ma non troppo: l’offerta italiana tra autenticità e adattamento
La ristorazione italiana fuori dai confini nazionali si configura oggi come un àmbito dinamico, caratterizzato da una crescente pluralità di attori e di modelli operativi. Accanto alle presenze storiche della diaspora italiana e ai ristoratori di seconda o terza generazione, si osserva una nuova ondata di imprenditori, spesso giovani, che negli ultimi decenni hanno avviato attività ristorative all’estero. I dati di Assocamerestero (2024-25) confermano una ristorazione italiana all’estero giovane e in fase di sviluppo: quasi il 30% dei ristoranti italiani all’estero è stato aperto dal 2021 ad oggi e il 44% dal 2011 al 2020. Si definisce una imprenditorialità italiana molto attiva e non di seconda o terza generazione: i fondatori dei ristoranti sono per il 70% nati in Italia e trasferiti nel paese di apertura del ristorante. Altro dato interessante emerso è che solo il 33% di essi mostra di essere a gestione familiare. Quasi la metà dei ristoranti (48%) dichiara di servire una cucina italiana generica, il 37% una cucina italiana con piatti esclusivamente tradizionali e il 26% con una maggioranza di piatti appartenenti a una cucina regionale. Solo il 10% dei ristoratori dichiara di servire una cucina fusion e il 6% una cucina italiana rivisitata secondo gli standard internazionali. Rispetto al sistema di significazione e narrazione dell’italianità, i dati raccolti mostrano come essa passi soprattutto dalla qualità dei cibi (83%) e dalla garanzia d’origine delle materie prime come italiane (57%). Figurano poi l’atmosfera (34%), cura negli allestimenti e negli arredi (24%), uso della lingua italiana sia nei menù sia in sala (15%).
Chi sceglie l’Italia a tavola: la domanda di cucina italiana all’estero
Parallelamente alla trasformazione dell’offerta, anche la domanda di cucina italiana all’estero si configura oggi come un fenomeno culturale complesso, in cui il consumo alimentare assume significati che vanno ben oltre la sfera nutrizionale. Secondo i dati raccolti da Assocamerestero (2025) i clienti dei ristoranti italiani all’estero sono soprattutto giovani adulti e persone del paese sede del ristorante senza origini italiane: il 48% di loro ha meno di 45 anni e il 50% è una persona del luogo che non ha origini italiane. Approfondendo invece le variabili comportamentali, i clienti dei ristoranti italiani all’estero sono fedeli e scelgono di andare al ristorante per motivazioni che riguardano il “cuore”. Il 37% dei clienti va nel ristorante campionato almeno una volta alla settimana e il 28% almeno una volta al mese. Rispetto alla motivazione, la maggioranza dei clienti (52%) ha come principale motivazione lo stare in famiglia, con gli amici e festeggiare ricorrenze importanti. Va perché interessati al menu gourmet il 27% dei clienti, seguiti da coloro che si recano ai ristoranti italiani all’estero per pranzi o cene di lavoro (21%). Andando ad approfondire le motivazioni della scelta della cucina italiana, secondo i key informant, essa è dovuta soprattutto alla qualità declinata secondo due prospettive: racconto di una tradizione di qualità per il 60% dei clienti e qualità delle materie prime e degli ingredienti per il 58%. A sintetizzare i dati, oltre alla qualità, sono anche i concetti di cultura e immaginario collettivo del Made in Italy: la cucina italiana è espressione della grande cultura italiana per il 50% dei clienti, che magari vogliono riassaporare quello che hanno mangiato in Italia (27%) o ricordare i sapori, i piatti e le tradizioni della propria famiglia (17%). Interessante notare come, secondo i ristoratori, il 20% dei clienti sceglie la cucina italiana per l’ottimo rapporto qualità/prezzo e per il fatto che essa è salutare (16%). La cucina italiana all’estero coniuga quindi autenticità e qualità ad accessibilità e salubrità.
La ristorazione italiana all’estero continua a rappresentare un potente dispositivo narrativo e culturale
L’analisi dei dati evidenzia la coesistenza tra tradizione e innovazione, tra continuità simbolica e adattamento strategico. La varietà dei modelli gestionali, delle proposte culinarie e dei percorsi imprenditoriali dimostra una notevole capacità di risposta ai contesti locali, senza rinunciare a un’identità forte e riconoscibile. La cucina italiana all’estero continua a rappresentare, infatti, un potente dispositivo narrativo e culturale, capace di tradurre il patrimonio gastronomico nazionale in forme accessibili e coerenti con le aspettative dei mercati globali. Si osserva una crescente presenza di nuove generazioni di ristoratori, spesso italiani di recente migrazione, che interpretano l’italianità gastronomica in modo dinamico. In questo equilibrio dinamico tra radicamento e trasformazione si gioca, oggi, la vitalità della ristorazione italiana nel mondo.

