Nell’ultimo decennio il dibattito sull’uso degli insetti per scopi alimentari si è imposto in Europa e in Italia. E se all’inizio di quest’anno l’Unione europea ha approvato la commercializzazione di una particolare farina di insetti, in Italia sono molte le cautele a riguardo. Il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, in risposta all’apertura dell’Ue all’uso alimentare degli insetti, ha varato una serie di decreti per garantire ai consumatori conoscenza del prodotto e trasparenza. Ovvero, prodotti esposti con etichettature specifiche e separati dalle altre farine comuni, per quella che più volte è stata definita una difesa dei nostri costumi alimentari e del Made in Italy. Ma quella che può apparire a molti come una moda passeggera, potrebbe invece prendere piede in futuro? Alcuni infatti credono che questa possa essere la risposta alla crisi alimentare globale. La Fao da diversi anni insiste e avverte sull’esaurimento delle risorse alimentari e ricorda che, entro il 2050, la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di persone e che per far fronte a questi numeri, sarebbe necessario raddoppiare l’attuale produzione alimentare. Con le risorse a disposizione oggi, insomma, non saremo in grado di sfamare la popolazione del futuro.
Nel loro ciclo vitale gli insetti emettono minori quantità di gas serra
Perché gli insetti? Per molte popolazioni gli insetti rappresentano circa il 50% dell’apporto proteico e occorre sottolineare che in alcuni paesi asiatici, africani e dell’America Latina l’entomofagia è una normale componente della cultura alimentare. La Fao ha individuato 1.900 specie utilizzate tradizionalmente come cibo, tra le quali le più consumate sono: coleotteri (31%); lepidotteri (bruchi, 18%); imenotteri (api, vespe e formiche, 14%); ortotteri (cavallette, locuste e grilli, 13%); emitteri (cicale, cicaline, cocciniglie e cimici, 10%), termiti (3%), libellule (3%) e mosche (2%). La maggior parte degli insetti consumati oggi viene raccolta direttamente in natura, quello che invece propone la Fao è la creazione di allevamenti di insetti su larga scala destinati all’alimentazione umana e ai mangimi animali che vadano a sostituire, o comunque ridurre, l’impatto degli allevamenti zootecnici. L’alimentazione a base di insetti potrebbe avere degli effetti anche sul fronte della sostenibilità. Nel loro ciclo vitale gli insetti emettono minori quantità di gas serra rispetto agli allevamenti di animali, il loro allevamento non richiede grandi appezzamenti di terreni né lo sfruttamento eccessivo del suolo.
Nutrirsi di insetti, barriere culturali e legislazione
A livello legislativo, nell’Unione europea l’argomento “insetti” era stato trattato nel 1997, con il Regolamento 258/97 sui “Novel Food”. Le prime autorizzazioni sono arrivate nel maggio del 2021: a fare da apripista le larve del verme giallo della farina (Tenebrio molitor) e nel 2022 i grilli domestici (Acheta domesticus). Se gli ostacoli legislativi stanno lentamente trovando soluzione sotto l’occhio vigile dell’Ue, molto più difficili da abbattere sono le barriere socio-culturali. Convinto della necessità di tutelare i consumatori nazionali, come già detto, il Governo italiano ha firmato a marzo del 2023 4 decreti (uno per ciascuno degli insetti autorizzati dalla Ue) con norme in materia di etichettatura.
Il consumo di insetti in Italia, i dati dell’indagine dell’Eurispes
L’Eurispes ha voluto sondare la propensione degli italiani ad assaggiare prodotti a base di insetti, inserendo nell’indagine del Rapporto Italia 2023 alcuni interrogativi al riguardo. Alla richiesta di indicare con quale probabilità gli intervistati avrebbero assaggiato gli insetti, il 44,7% del campione si è dichiarato per niente propenso e il 37,8% poco propenso, per un totale dell’82,5%. Il restante 17,5% del campione si divide fra chi sarebbe abbastanza disposto ad assaggiarli (13,8%) e chi molto (solo il 3,7%). I più giovani, tra i 18 e i 24 anni si dichiarano nel 17,8% dei casi abbastanza disposti ad assaggiare gli insetti e i 25-34enni sarebbero molto curiosi di assaggiarli nel 5,2% dei casi. Gli uomini appaiono più propensi, rispetto alle donne, ad assaggiare insetti: queste ultime rispondono molto più spesso che non li assaggerebbero per nulla (48,8% contro 40,6%).
Farine a base di insetti, il 23,3% degli italiani le comprerebbe
I risultati dell’indagine condotta dall’Eurispes sono leggermente diversi quando non si parla più di insetti interi, ma di prodotti risultanti dalla loro lavorazione, ad esempio farine a base di insetti. Qui il 76,7% del campione non acquisterebbe prodotti che li contengono; il 23,3% li comprerebbe. Anche in questo caso i giovani fra 18 e 24 anni si esprimono complessivamente in modo più favorevole, rispondendo nel 24,3% dei casi che probabilmente acquisterebbero prodotti contenenti farine a base di insetti. Interessanti differenze si riscontrano a livello territoriale: si distinguono per una maggiore propensione all’acquisto i cittadini del Nord-Est (39,5%). Al Sud e nelle Isole la maggior parte si dichiara certo del fatto che non acquisterebbe mai prodotti di questo tipo (53,4% al Sud e 56,2% Isole). Nonostante le rassicurazioni dell’Ue, in Italia i tempi non sembrano ancora maturi per l’introduzione di questi cibi, che restano un prodotto di nicchia destinato a pochi curiosi amanti dell’etnico. Ma anche i più tradizionalisti non potranno esimersi dal fare i conti con la crisi alimentare e con gli stili di consumo destinati a cambiare.