Insularità, PNRR, fondi europei: il caso Sicilia

A più di un anno dall’introduzione nella nostra Costituzioni del principio di Insularità sono corrisposte politiche di sostegno e finanziamento delle attività necessarie a realizzare tale principio? Qual è l’incidenza dei fondi europei sulle attuali politiche di rigenerazione urbana e di sviluppo delle isole? Ne abbiamo parlato nello spazio del nostro magazine online dedicato ai temi affrontati dal nostro Osservatorio sull’Insularità e le aree interne con chi ogni giorno deve confrontarsi con la gestione di una realtà complessa come quella della città di Catania: l’ingegner Biagio Bisignani, Direttore URB@MET.

Ingegnere, lei si occupa della pianificazione della città di Catania, quindi avrà verificato l’incidenza dei fondi europei sulle attuali politiche di rigenerazione urbana. È passato più di un anno dall’introduzione nella nostra Costituzione del principio di Insularità. A questo riconoscimento formale hanno corrisposto nuovi e maggiori risorse da parte dello Stato?

Catania ha un bacino di utenza che è notevolmente diverso rispetto al numero di residenti in città. I maggiori autori descrivono i fenomeni catanesi come quelli di una metropoli concentrica. Dall’esperienza maturata all’interno di un ufficio che governa non solo le trasformazioni dei luoghi ma anche il monitoraggio di quelli degradati, si può affermare che, in realtà, la città di Catania subisce delle influenze non solo dai paesi limitrofi, ma anche dalle altre aree metropolitane. Non vi è dubbio che la diretta interconnessione con importanti infrastrutture su gomma veloce, quale la Catania/Messina, determina dei fenomeni che ancora oggi non possono essere distinti in maniera scientifica, sia per mancanza di un’attività sincronica tra tutte le discipline interessate, sia per il limite del monitoraggio dei fenomeni. L’Accademia in questi anni ha controllato i fenomeni con sistemi ed algoritmi a volte stocastici, a volte deterministici. Grandi sforzi sono stati indotti alle attività di ricerca e di studio. Tutto sommato si è comunque raggiunto un esaustivo confronto dei dati e dei parametri analizzati, comprendendo anche i fenomeni che hanno portato a considerare la città di Catania dentro un ambito territoriale, a prova di smentita, non racchiuso sulla prima cinta metropolitana dei paesi dell’area, così come più volte verificato dalla letteratura classica, ma in un’area ben più ampia che, per vari interessi, da quelli economici a quelli turistici, parte dalla provincia di Messina ed arriva sino a Siracusa. In tanti possono non essere d’accordo su questa tesi, mi limito a fare riferimento a quello che rappresenta l’aeroporto di Catania nel contesto territoriale della Sicilia orientale.

Sul principio di insularità si trovano diversi limiti, o se si vuole, difficoltà nel poter applicare la norma e nel poter dare possibilità di sviluppo così come si vorrebbe. Non è inutile ricordare che tutti i Governi hanno sempre dedicato un occhio di riguardo alla Sicilia, non sto qui a verificarne i motivi di questo interesse, ma forse tutto è legato al fatto che rappresenta una delle regioni più importanti per economia e per numero di popolazione. La domanda che mi viene rivolta è estremamente ambiziosa, comprendere se da parte dello Stato ci sia stato un maggiore interesse a dedicare delle risorse economiche più importanti. Di fatto si assiste ad un grande movimento, se si vuole progettuale e/o burocratico, all’interno dell’intero comprensorio di sviluppo delle aree interessate. Il PNRR e anche gli altri fondi derivanti da FSC sono cospicui. Ad oggi, però, non si è potuto riscontrare altrettanta tempestività nella realizzazione delle opere. Diversi i fattori che mettono a rischio l’utilizzo di queste somme ormai divenute essenziali per una svolta sulla rigenerazione urbana. Catania ha beneficiato di notevoli finanziamenti e, con grande difficoltà, è riuscita a spenderne una quota parte. Forse non ci vuole un cambiamento burocratico amministrativo, ma la consapevolezza di poter arrivare agli obiettivi fissati con le proprie forze e con il proprio impegno.

Quante risorse ha indirizzato il PNRR alle questioni relative alle isole? E quante gli altri fondi di origine europea (ad esempio, FSC e POC)?

Le risorse economiche che il governo ha indirizzato alla risoluzione di problemi legati allo sviluppo della Sicilia sono veramente ingenti. Parliamo di miliardi di euro. Dai fondi del PNRR, dei fondi FSC/POC, fino ad arrivare ai fondi speciali per il potenziamento e

l’ammodernamento della rete RFI (nodo Catania) e di ANAS. Soprattutto sul lato occidentale della Sicilia si registrano ammodernamenti e realizzazioni di nuove autostrade. A queste bisogna aggiungere quanto previsto per le autorità di sistema portuale e anche per gli altri enti che partecipano, a vario titolo, alla gestione del territorio siciliano. In ultimo i fondi del ponte sullo stretto. Sono invece effimeri i fondi di governo dedicati ad attività di sviluppo ed al raggiungimento di obiettivi legati al principio della rigenerazione urbana.

Questi fondi alimentano obiettivi raggiungibili? In quali tempi?

Gli obiettivi sono tutti raggiungibili. Ritengo che, solo per essere stato pensato dall’uomo, un obiettivo è ovviamente raggiungibile con tempi e metodiche ben precise. Forse il tema potrebbe essere trasfuso nella reale volontà di raggiungere gli obiettivi o, viceversa, nella reale volontà politica di andare in continuità governo su governo, colore politico su colore politico. Più volte ho riscontrato che attività programmate vengono smontate per dare la possibilità a chi governa il territorio in quel momento di riprogrammarne altre. Se da un lato potrebbe risultare incomprensibile un ragionamento di siffatta specie, dall’altro lato non si può negare la legittimità di programmazione per ogni Governo che si alterna.

Come ha visto, la Consulta probabilmente ammonirà Governo e Parlamento per non aver destinato sufficienti risorse alla continuità territoriale da e per le isole. Lei come vede quest’aspetto?

Questo aspetto non mi meraviglia, chiunque potrebbe avere motivi per dissentire sulle scelte e sulle politiche adottate, tenendo presente che, per dare continuità territoriale da e per le isole, non bisogna soltanto prevedere finanziamenti, ma implementare una volontà istituzionale, locale, affinché si possano raggiungere obiettivi di medio e lungo raggio.

E come interloquiscono i fondi del PNRR con la istituzione della ZES unica per il Mezzogiorno? Si tratta di misure a suo avviso ben integrate tra loro?

Mi permetto di considerare che qualsiasi finanziamento, piccolo grande che sia, è necessario per il Mezzogiorno e per lo sviluppo di qualsiasi territorio. Non vi è dubbio che gli interventi previsti dovrebbero essere integrati in tempo reale; tuttavia la nostra realtà non è forse pronta ad assumere e metabolizzare così tanti finanziamenti in così poco tempo. La questione della ZES unica è una cosa che ritengo illuminante. L’idea di avere zone economiche speciali è certamente una ricaduta positiva sul territorio, ma ad un patto: esse dovrebbero essere governate e gestite in maniera del tutto autonoma senza creare lo sportello unico degli sportelli unici. Nella mia esperienza con la ZES ho riscontrato che la burocrazia non è stata ridotta bensì aumentata.

E come vede il fatto che la nuova Zes non parli più di portualità e retroportualità?

Questo è un grande limite che ho rilevato negli ultimi tempi. Le ZES non possono essere disgiunte dalle aree portuali e retro portuali. Probabilmente nella idea del legislatore le ZES nascono proprio per questo, dare possibilità nella integrazione tra i diversi sistemi urbani. Vedere le Autorità di Sistema Portuale non dialogare in maniera propositiva con le aree ZES determinerà discrasie nella programmazione degli sviluppi turistici e commerciali delle città con porti di rilevanza nazionale.

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