L’insularità possibile: il caso Corsica. Intervista a Marie-Antoinette Maupertuis, Presidente dell’Assemblea corsa

corse

Facendo seguito al dibattito in corso sull’insularità, tema al quale è rivolto l’Osservatorio dell’Eurispes, dedichiamo un focus particolare alla Corsica, realtà insulare della Francia, pienamente inserita nelle dinamiche del paese ma nella quale è in atto un dibattito in merito a una maggiore autonomia. Che cosa implica l’insularità nell’economia della Corsica, per le sue istituzioni, per il suo futuro? Sull’argomento è intervenuta l’Onorevole Marie-Antoinette Maupertuis, Presidente dell’Assemblea della Corsica.

Presidente, come descriverebbe la situazione economica e sociale della Corsica oggi, quindici anni dopo il suo saggio «Une matrice de comptabilité sociale pour la Corse», Revue d’Économie Régionale & Urbaine, 2009/5 (décembre), p. 877-904. DOI : 10.3917/reru.095.0877.?

Lo studio macroeconomico realizzato nel 2009 aveva il fine di descrivere lo stato dell’arte degli scambi tra gli operatori economici dell’isola, ma anche e soprattutto dei flussi tra l’isola e il continente. È importante, in ogni caso, ricordare che la bilancia commerciale in Francia è stabilita solo a livello nazionale e i dati regionali che ne derivano riguardano solo i flussi tra una regione e il resto del mondo. Per individuare un modello economico e sociale di un’isola, è assolutamente necessario disporre di una bilancia commerciale e dei pagamenti complete e questo era uno degli obiettivi di questa prima raccolta di dati. Nell’ambito dei dialoghi che abbiamo in corso con il Governo, abbiamo richiesto un aggiornamento e un miglioramento di queste informazioni, l’aggiunta di tutti i flussi finanziari e in particolare di quelli fiscali necessari per la costruzione del modello dell’economia corsa del futuro.

Nel 2009 il saggio evidenziava la forte dipendenza della Corsica dalle sue importazioni, con una bilancia commerciale fortemente negativa (circa il 75% dei prodotti consumati era importato). Questa dipendenza permane e continuerà per ragioni strutturali, in particolare dovute alla sua condizione di isola, ma stiamo lavorando per una maggiore autonomia, sia alimentare ed energetica che economica. Pensiamo che quella istituzionale ne sia uno dei pilastri. Oltre agli aspetti della bilancia commerciale, la Corsica da diversi anni sperimenta una dinamica che ho definito “crescita depauperante”: nonostante un Pil dinamico e un tasso di occupazione elevato, la Corsica rimane la regione della Francia metropolitana con il più alto tasso di povertà. In particolare, i residenti hanno visto comprimersi notevolmente il diritto alla casa, principalmente a causa dello sviluppo delle seconde case, dell’accelerazione dei meccanismi di speculazione immobiliare e della bassa remunerazione del lavoro. L’abitazione è senza dubbio diventato il fenomeno economico e sociale più allarmante in Corsica. A questo si aggiungono le difficoltà strutturali proprie delle isole, quali i costi aggiuntivi legati all’importazione di beni e servizi, le difficoltà nel trovare manodopera, qualificata o meno, ecc. Questo ci impone di diversificare le nostre attività, andando oltre l’idea del turismo come unica attività economica, di potenziare l’offerta formativa sul nostro territorio e di sostenere i progetti innovativi. Pensiamo che un cambiamento a livello costituzionale verso uno statuto di autonomia ci permetterà di attuare politiche più adatte alle nostre sfide, in particolare per quanto riguarda la questione dell’abitazione, per la quale l’Assemblea della Corsica ha adottato fin dal 2014 il cd. “statuto del residente”, che tuttavia non è applicabile in base al diritto costituzionale vigente.

La Corsica è – nella realtà – un arcipelago. Oltre all’isola principale, ci sono anche le piccole isole. Qual è la definizione di “isola” che viene utilizzata nel diritto francese? Ritiene che la disposizione dell’articolo 121 della Convenzione sul diritto del mare del 1982 sia appropriata e sufficientemente chiara?

Nel diritto francese, non vi è alcuna definizione precisa di “isole”. In particolare, a differenza dei territori d’oltremare, cui è dedicato un articolo specifico nella Costituzione francese (art. 72-3), le isole situate nel territorio metropolitano non sono espressamente contemplate e quindi non hanno una definizione giuridica esplicita. Pertanto, a mente della disposizione dell’articolo 121 della Convenzione sul diritto del mare del 1982, potrebbe essere opportuno integrare la nozione (implicita) di separazione dal continente ed anche quella di “abitare”. A questo proposito, potrebbe essere utile prendere spunto dalla definizione stabilita da Eurostat: “un’isola è un territorio di almeno 1 km2, abitato da almeno 50 persone in modo permanente, non collegato al continente da una struttura permanente e separato da una distesa d’acqua di almeno 1 km, escludendo quelle sedi di capitali degli Stati membri”. La definizione dell’insularità mediterranea costituisce un punto centrale del confronto – attualmente in atto con lo Stato francese – riguardo la modifica costituzionale volta a concedere alla Corsica uno statuto di autonomia. Abbiamo lavorato molto affinché la nozione di insularità fosse inclusa nel progetto di riforma costituzionale, perché un’isola non è solo una realtà geografica. È anche una comunità insulare, unica, con la sua cultura, il suo rapporto con lo spazio e il tempo, e questo conta molto anche nello svolgimento delle politiche pubbliche.

Qual è la situazione con la Zona economica esclusiva e lo sfruttamento delle risorse ad essa associate? Potete trarne vantaggi diretti?

Se è convinzione diffusa – forse erronea – che il popolo corso si sia maggiormente orientato verso le terre anziché verso i mari, è certo che, negli ultimi anni, l’Assemblea della Corsica ha manifestato la volontà di attuare una vera strategia del mare, sia per proteggerlo che per trarne beneficio. In particolare, abbiamo voluto istituire aree marine protette al fine di perseguire l’obiettivo della conservazione della biodiversità, dello sviluppo sostenibile e del sostegno alle scienze marine in linea con le diverse direttive europee sulla gestione dell’ambiente marino (Natura 2000 per il mare, Direttiva quadro sull’acqua e Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino). Cito ad esempio il Parc Naturel Marin du Cap Corse et de l’Agriate del 2016, destinato a garantire l’equilibrio tra le sfide ambientali ed economiche marittime del territorio. Per il resto, non essendo autonomi, non abbiamo competenze in materia di Zona economica esclusiva che rientra nelle acque territoriali francesi e quindi nelle prerogative statali.

Il regime di concessione delle spiagge offre vantaggi diretti?

Nell’ordinamento francese, le spiagge rientrano nel diritto pubblico marittimo e quindi nel patrimonio dello Stato. In particolare la fascia dei 100 metri sulla riva è inalienabile e su di essa non può essere costruito nulla, nemmeno temporaneamente, senza una specifica autorizzazione. Di fatto, lo Stato può concedere l’utilizzo di queste spiagge a terzi, sia privati che pubblici (si tratta generalmente di Comuni) che possono anche successivamente sub-concedere ad altro soggetto a fronte di un corrispettivo. Sotto molti aspetti, le disposizioni regolamentari che disciplinano questo meccanismo di concessione non sembrano adatte alla realtà del territorio corso poiché favoriscono, dal nostro punto di vista, le grandi località balneari a discapito di territori meno densamente popolati o meno turistici. È per questa ragione che l’Assemblea della Corsica due volte, nel 2017 e nel 2019, ha chiesto al Governo l’adeguamento del testo dedicato, detto “Decreto Spiaggia”. Il tutto al fine di consentire che le spiagge possano essere sfruttate fino alla fine della stagione turistica, ora spostata fino alla festa di Ognissanti a causa del riscaldamento globale. Su questo argomento come su altri, le prerogative dell’Assemblea della Corsica non sembra essere stato ascoltato dallo Stato, e richiama ancora una volta alla necessità di un reale potere normativo all’interno dell’emiciclo corso.

Ogni volta che noi italiani, e in particolare i sardi, avviamo un dialogo con la Corsica, ci sentiamo un po’ a casa, è la stessa cosa per voi?

È esattamente la stessa cosa per noi corsi. La vicinanza linguistica e culturale è tangibile e c’è sempre una grande facilità nei rapporti che abbiamo con l’Italia e la Sardegna. Non si cancellano secoli di storia e non si può modificare la geografia. La Corsica ha sempre subito un’influenza italiana (il continente italiano, per i corsi, è stato a lungo la “Terraferma”) e quel che siamo oggi è anche il risultato di una storia comune. La Sardegna rappresenta ancora qualcos’altro poiché siamo delle “isole sorelle”. 11 km ci separano e siamo simili quanto complementari. Mi piace pensare che costituiamo due pezzi di un unico ingranaggio e che non possiamo funzionare l’uno senza l’altro. A mio parere, è il tempo di passare da questa questione del sentimento e della naturale affinità a qualcosa di più formale per ancorare definitivamente il nostro destino comune nella cornice di un progetto di cooperazione effettivo e riconosciuto. Abbiamo compiuto enormi progressi con INTERREG e i numerosi progetti finanziati dagli anni ‘90. È pertanto necessario rafforzare le nostre azioni congiunte per consolidare definitivamente le nostre relazioni in un contesto duraturo.

Qualche anno fa, è stato firmato un documento comune con la Sardegna e le Isole Baleari. Ritiene che questa sia una strada che debba essere ancora percorsa e rafforzata?

Innanzitutto, è essenziale ricordare che questo documento è stato firmato nel 2022, quando Francina Armengol era ancora Presidente del Governo delle Isole Baleari e della Commissione delle Isole della Conferenza delle Regioni Periferiche Marittime (CRPM). Oggi è diventata Presidente del Congresso spagnolo ed è Marga Prohens, del Partito Popolare delle isole Baleari (destra), a governare queste isole, mentre Alessandra Todde è ora Presidente della Sardegna e il mandato del Parlamento europeo sta per giungere al termine. Abbiamo firmato questa dichiarazione congiunta per chiedere alle istituzioni europee e ai loro rappresentanti una serie di misure affinché l’insularità fosse presente in tutte le politiche europee. Il panorama politico è certamente cambiato, ma le nostre rivendicazioni comuni rimangono invariate. Nonostante questa dichiarazione, le iniziative intraprese presso il Comitato delle Regioni, il lavoro svolto al Parlamento, in particolare attraverso l’adozione della risoluzione di Younous Omarjee, le dichiarazioni politiche della CRPM e il parere del Comitato economico e sociale (CESE), la Commissione non ha ancora messo in atto una vera strategia dedicata alle isole. Avevamo molte speranze con la Presidenza spagnola, ma sono tramontate a causa di un contesto nazionale complesso nel 2023. Oggi ci troviamo di fronte a una serie di presidenze del Consiglio dell’Ue da parte di paesi che mostrano poco impegno verso i territori insulari o mediterranei perché sono molto distanti da queste realtà, e quindi c’é il rischio di rallentare ulteriormente il processo. Ma è necessario mobilitarsi rapidamente su questo tema. Recentemente, abbiamo presentato alla Commissione, insieme alla Sardegna, Åland e Gozo, un nuovo contributo comune per il 9° rapporto sulla coesione alla Commissione, sempre con l’obiettivo di difendere i nostri interessi come territori insulari. Mi sembra quindi evidente ed essenziale che la collaborazione e le azioni congiunte vengano proseguite e rafforzate, poiché è più efficace far valere le nostre rivendicazioni quando parliamo con una sola voce.

Abbiamo appreso che la vostra Assemblea sta lavorando per cambiare lo statuto regionale della Corsica. Lei ha partecipato con il suo Rapporto “Autonomia è benessere, correlazione autonomia e sviluppo economico e sociale”. Quali obiettivi si è prefissata e quali sono i più importanti? Quale maggioranza sostiene i suoi obiettivi?

Dal 2015, per tre volte a livello regionale e per tre volte in occasione delle elezioni legislative o senatoriali, i corsi hanno chiaramente e maggioritariamente espresso il desiderio di accedere ad un vero statuto di autonomia. Oggi appartengo alla maggioranza assoluta autonomista all’interno dell’Assemblea della Corsica. La lista con cui sono stato eletta, Fà Populu Inseme, era guidata dal Presidente del Consiglio esecutivo Gilles Simeoni. Oltre alla maggioranza, i nazionalisti corsi, tra cui ci sono altri autonomisti e indipendentisti, rappresentano oggi il 70% degli elettori. L’obiettivo che ci eravamo prefissati nelle elezioni precedenti era quello di ottenere uno statuto di autonomia a pieno titolo e di pieno esercizio. Nel marzo 2022 è stato avviato un processo di negoziazione con lo Stato, a seguito di una grave crisi politica causata dall’assassinio in prigione del militante nazionalista Yvan Colonna. In questo contesto, il nostro obiettivo è sempre stato quello di ottenere il riconoscimento della Corsica e delle sue specificità ed il conseguimento di uno statuto di autonomia in grado di concedere all’isola un potere legislativo, competenze chiare in materia di lingua corsa, terreni e sviluppo economico; il tutto nell’ottica di responsabilità e di un’azione a favore della Corsica e dei corsi. Questo obiettivo è stato elaborato sulla base di un’analisi in diritto comparato ed in ragione dei benefici dell’autonomia sperimentata da altre regioni mediterranee. L’idea è che l’autonomia della Corsica non sia un feticcio ma un vero progetto politico di sviluppo della nostra isola.

Quale dialogo è riuscita a stabilire con le autorità centrali a Parigi? È soddisfatta delle funzioni e delle risorse che vi sono state assegnate in materia di federalismo?

Il dialogo attuale è il frutto di una storia travagliata di oltre 50 anni in cui i negoziati si sono susseguiti a seconda delle maggioranze politiche e del contesto corso, portando talvolta a progressi istituzionali. Dopo la grave crisi politica del marzo 2022, gli eletti della Corsica si sono riuniti in una delegazione che ha il ministro dell’Interno come interlocutore e in questo contesto stiamo attualmente lavorando. I lavori sono stati svolti in diverse fasi: analisi delle diverse difficoltà che incontriamo, ricerca di un accordo politico ampio e infine redazione del testo costituzionale. Siamo giunti a questa fase finale e abbiamo appena trovato un accordo che permette di inserire l’autonomia della Corsica nella Costituzione. Il lavoro non è concluso poiché l’Assemblea nazionale e il Senato francese dovranno votare il progetto di testo costituzionale prima dell’assemblea del Congresso. Il percorso è ancora lungo ma da esso dipendono fortemente le competenze e le risorse che ci saranno assegnate.

Dopo anni di esperienza, quali funzioni pubbliche pensa di poter gestire meglio delle autorità centrali?

La Corsica è un’isola-montagna con numerose specificità (il che la rende un caso unico all’interno della Francia metropolitana) ed una serie di sfide straordinarie da affrontare (speculazione, attrattività, demografia, connettività, diversificazione economica, ecc.). A questo proposito, chiediamo il potere legislativo per:

  • proteggere il patrimonio fondiario (politiche urbanistiche e territoriali, politiche montane, agricole e forestali);
  • ottenere uno statuto fiscale (nuovo patto finanziario, di bilancio e fiscale, potere di modificare, regolamentare tutte le attuali imposte e tasse, di crearne nuove definendone base imponibile, aliquota, liquidazione, riscossione e di eliminare quelle esistenti);
  • preservare le particolarità linguistiche e culturali (politiche culturali e linguistiche);
  • garantire lo sviluppo economico e sociale (politiche turistiche, industriali, agricole, commerciali e artigianali, produzione di dati statistici economici, sociali e ambientali).

Crediamo nell’idea che si adottano le decisioni migliori quando sono prese il più vicino possibile ai cittadini, secondo i principi di sussidiarietà e responsabilità.

Abbiamo osservato un interessante dibattito sull’opportunità di modificare i regimi speciali dei territori d’oltremare: pensa che questo dovrebbe estendersi alla Corsica?

In quanto insulari autonomisti, siamo sensibili e solidali a tutte le richieste di riconoscimento. Tuttavia, ci preme rispettare le specificità di ogni territorio e diversificare gli approcci. Infatti, secondo noi, i regimi speciali devono tenere conto di una certa dimensione culturale, geografica e storica e devono essere oggetto di accordi politici locali. In questo contesto, noi stiamo conducendo un negoziato che riguarda esclusivamente la nostra isola poiché abbiamo una storia e un problema politico specifici che devono essere risolti attraverso un nuovo statuto più rispettoso di ciò che siamo.

Lei è stata relatrice del documento “Imprenditorialità nelle isole: contributo alla coesione territoriale (2017/C 306/10)” adottato dal Comitato delle Regioni il 12 maggio 2017. Come intende trarre vantaggio dai traffici commerciali presenti nel Mediterraneo? Avete concluso accordi diretti con i paesi mediterranei?

Questo rapporto affronta la questione dell’imprenditorialità nelle isole e delle sfide nello sviluppo e nell’accesso al mercato unico con cui le isole devono confrontarsi, a causa delle significative limitazioni geografiche, come confermato dall’articolo 174 del TFUE. Da un lato, l’obiettivo è dimostrare che le imprese insulari affrontano ostacoli più significativi rispetto a quelle localizzate sul continente a causa della discontinuità territoriale. Dall’altro, si intende sottolineare che la crescita nelle isole, come altrove, passa attraverso lo sviluppo imprenditoriale. Pertanto, è essenziale creare le condizioni necessarie per consentire agli imprenditori insulari di operare, rimanere competitivi e conquistare mercati esterni. In loro favore occorre riconoscere la condizione di insularità e favorire l’equità territoriale. Dal punto di vista geografico, siamo situati nel cuore del Mediterraneo occidentale che ha un ruolo essenziale come spazio economico rilevante. In questo bacino intendiamo svolgere un ruolo chiave, in particolare sviluppando partnership con le regioni limitrofe italiane, ma anche con il Marocco con cui sono iniziate collaborazioni.

Come conciliare la politica di coesione economica e sociale con quella della concorrenza? Ha trovato soluzioni efficaci per limitare gli effetti del divieto degli aiuti di Stato?

Trovare un equilibrio tra la politica di coesione e quella della concorrenza rappresenta una sfida importante per l’Unione europea. È essenziale che l’attuazione di queste due politiche sia coordinata per garantire che non contrastino nei loro obiettivi. L’elemento chiave per garantire un coordinamento efficace risiede nella flessibilità nell’applicazione di queste misure. Le politiche devono essere attuate in modo da tenere conto delle diverse realtà economiche e sociali delle regioni europee. Come, infatti, applicare rigidamente le regole comunitarie della concorrenza, fondamento del mercato unico, in realtà insulari dove proprio il mercato concorrenziale non esiste? Ciò richiede di adattare le regole in alcune regioni per favorire lo sviluppo economico, la creazione o il mantenimento di posti di lavoro, alleggerire le restrizioni strutturali preservando al contempo una concorrenza equa. Questo diviene tanto più importante per i territori che soffrono di gravi e permanenti handicap naturali o demografici, come le regioni più settentrionali a bassa densità di popolazione e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna. Il mercato unico europeo deve rimanere un’opportunità per le imprese europee, ma al contempo (questa opportunità) non deve compromettere lo sviluppo di alcune regioni. Nel caso della Corsica, un esempio significativo è quello dell’affidamento a operatori privati del trasporto pubblico marittimo o aereo. A causa della sua insularità, la Corsica richiede una continuità territoriale per il trasporto dei passeggeri e delle merci. Il mercato interno è, tuttavia, ristretto e non garantisce un servizio giornaliero durante tutto l’anno. Di fronte a situazioni particolari, le isole richiedono pertanto misure specifiche adattate alle loro condizioni, al fine di favorire la coesione economica, sociale e territoriale di tutti i territori. Anche in questo caso, si tratta di un principio di equità territoriale e di adattabilità che è necessario.

Le isole italiane sono particolarmente interessate al modello di continuità territoriale che Lei ha creato, ne è soddisfatta? Qual è l’equilibrio delle attività di Air Corsica in termini di viaggi e costi per gli utenti e il sistema pubblico?

Il nostro modello di continuità territoriale ha due dimensioni: una aerea e una marittima. In sostanza, il primo mira a garantire il trasporto dei residenti al di fuori della Corsica – per consentire loro di lavorare, studiare, curarsi, visitare i propri cari – dal momento che il mercato non potrebbe garantire tariffe e frequenze soddisfacenti tutto l’anno; il secondo vuole mantenere basso il costo del trasporto merci per preservare il potere d’acquisto dei corsi e la competitività del territorio. Sebbene necessario per ragioni economiche, sociali e sanitarie, questo modello è comunque fragile. Lo è in termini normativi, soprattutto alla luce delle disposizioni europee relative agli aiuti di Stato; lo è in termini di gestione, nel contesto concorrenziale in cui si trova; lo è in termini di bilancio, poiché il finanziamento deve provenire dal bilancio nazionale, mentre la cosiddetta dotazione di continuità territoriale è congelata dal 2009. Ogni volta che viene rinnovata la delega, sia aerea che marittima, queste fragilità richiedono un lavoro approfondito da un lato presso la Commissione europea per dimostrarne la necessità di servizio pubblico e dall’altro presso il Governo per cercare di riattivare il suo finanziamento. Data la sua assoluta necessità, la nostra responsabilità è garantirne la continuità nel tempo, senza escludere la possibilità di variarlo in futuro.

Per quanto riguarda l’aspetto aereo, la specificità del modello corso risiede nel fatto che l’attuale delegatario è una società mista, Air Corsica, in cui la Collettività di Corsica è socio di maggioranza. Crediamo che questa società, la cui qualità del servizio non è più da dimostrare, possa diversificare maggiormente le sue attività per garantire la sostenibilità del suo modello economico. Mi preme precisare, mentre alcuni hanno cercato di dimostrare che la continuità territoriale non era giustificata durante la stagione turistica, che proprio l’attività turistica è parte integrante e fondamentale di questo modello economico e serve in parte a finanziare, sia pur indirettamente, lo svolgimento del servizio pubblico. Specialmente in un contesto in cui il finanziamento pubblico è “congelato”.

Un altro aspetto centrale riguarda la fiscalità: quale modello avete adottato e quali risultati avete ottenuto?

Attualmente, il modello fiscale che abbiamo adottato è quello impostoci dallo Stato poiché le collettività della Francia metropolitana hanno poco margine in punto di strumenti fiscali, sia in termini di definizione di aliquote, di base imponibile, che di allocazione diretta delle risorse. Nell’ambito dei dialoghi attuali con lo Stato, abbiamo richiesto, per il futuro, di avere autonomia fiscale. Riteniamo questa richiesta legittima alla luce della nostra storia politica all’interno della Repubblica francese, ma anche in base alla nostra condizione insulare, che giustifica un approccio più territoriale alle imposte. Questa richiesta si inserisce in una profonda logica di responsabilità. Desideriamo essere responsabili di una parte maggiore delle entrate del nostro territorio, per garantire il finanziamento delle nostre politiche pubbliche, ma anche per individuare i settori incentivanti e sociali che la fiscalità intende promuovere. Attualmente, la maggior parte delle nostre entrate fiscali dipende da comportamenti e pratiche che non sono conformi alla nostra idea di territorio (tasse sui tabacchi, sulle transazioni immobiliari, ecc.). La fiscalità non può costituire unicamente uno strumento freddo e asettico al servizio della generazione di entrate equivalenti alle competenze esercitate. Deve rispondere a una realtà economica e sociale specifica e diventare così sia il riflesso che il pilastro della nostra ambizione per la Corsica.

Le elezioni europee sono vicine. Lei è soddisfatta della rappresentanza che avete nel parlamento nazionale ed in quello europeo?

Nel parlamento nazionale, la Corsica è rappresentata da 4 deputati, distribuiti equamente con 2 seggi per l’Alta Corsica e 2 per la Corsica del Sud. Questa rappresentanza abbraccia l’intero territorio, includendo sia le zone interne che i grandi centri ed il litorale. Dal punto di vista politico, la presenza di 3 deputati autonomistici corsi su 4 (il quarto è Presidente del gruppo Horizons all’interno della maggioranza presidenziale) garantisce una buona rappresentanza per la nostra area politica. I deputati nazionalisti siedono nel gruppo Libertés et Territoires, che dà particolare importanza alle questioni territoriali, garantendo così che la voce della Corsica sia ascoltata anche a livello nazionale. Inoltre, il gruppo Libertés, indépendants, outre-mer et territoires (LIOT), essendo un piccolo gruppo piuttosto centrista, ha spesso svolto un ruolo di mediatore e di raccordo delle divergenze sorte all’interno dell’opposizione.

Per quanto riguarda la rappresentanza nel Parlamento europeo, attualmente la Corsica è rappresentata da un solo deputato, che è anche “autonomista” e siede nel gruppo Les Verts-ALE, e io stessa sono membro del Comitato europeo delle Regioni. Questa rappresentanza è largamente insufficiente per difendere gli interessi specifici della Corsica a livello europeo. Con le prossime elezioni e il previsto cambiamento del sistema elettorale verso una lista unica per l’intero territorio nazionale, esiste il rischio reale che la Corsica si trovi senza deputato europeo per rappresentarla nel Parlamento europeo. Infatti, l’elezione di un candidato non dipenderà più dalla circoscrizione (dove la Corsica era precedentemente inclusa con la regione Sud-Est in una sola circoscrizione, il ché era già poco confortante), ma piuttosto dalla posizione della candidatura nelle liste elettorali nazionali. È importante notare che la Francia ha una delle soglie di sbarramento (per poter essere eletti) tra le più alte d’Europa, fissata al 5%. Questa situazione suscita quindi preoccupazioni nell’isola per quanto riguarda la nostra capacità di difendere i nostri interessi presso le istituzioni europee e io lo disapprovo fortemente.

Pensa che la risoluzione adottata su iniziativa dell’On. Omarjee abbia sortito effetto e che debba essere ascoltata e attuata dalla nuova Commissione europea?

La risoluzione di Younous Omarjee, volta a riconoscere la specificità delle isole europee, è stata adottata con ampia maggioranza: 577 deputati hanno votato a favore e solo 38 contro. Sembra quindi aver ottenuto un forte sostegno tra i deputati europei. Tuttavia, è ora evidente che nonostante l’adozione della risoluzione e le numerose iniziative che sono state avviate, alle quali ho contribuito personalmente all’interno del Comitato delle Regioni, l’Unione europea tarda ad attuare le raccomandazioni in essa contenute. Avevamo posto grandi speranze nella presidenza spagnola, ma questa è stata ostacolata dalle elezioni legislative in Spagna, che hanno limitato la sua attività ben al di sotto delle nostre aspettative. Nonostante questi ostacoli, resto convinta che l’Unione europea debba istituire un “patto delle isole”, sul modello di quelli esistenti per le aree rurali, dotato di un’agenda specifica. Ciò consentirebbe di rispondere in modo adeguato alle esigenze e alle sfide uniche che le isole europee devono affrontare. Infine, in seguito alle elezioni tenutesi in Sardegna lo scorso febbraio, vogliamo stabilire nuovi legami con il nuovo governo. Sono convinta che ciò permetterà non solo di favorire lo sviluppo dei nostri rispettivi territori, ma anche di rafforzare la nostra influenza sulla scena europea.

Grazie mille per la gentile collaborazione, pensa di poter continuare a collaborare con il nostro Osservatorio Eurispes?

Certo, in quanto economista e presidente dell’Assemblea della Corsica, sono convinta dell’importanza dei collegamenti tra il mondo politico e quello scientifico e desidero sviluppare questo tipo di collaborazione. Vista l’attuale situazione politica per la Corsica, sono sicura di dover tornare da voi presto per continuare il nostro dialogo. Ancora grazie per questa intervista. Grazie mille.

È possibile leggere l’intervista originale in francese.

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