Un appello al mondo accademico perché operi in rete, in modo interdisciplinare, la sola via per affrontare adeguatamente ed efficacemente i complessi problemi della sostenibilità dello sviluppo: è questo il contributo di cui vi è necessità di fronte ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici.
In vista della prossima Conferenza (COP21), vero e proprio vertice internazionale che le Nazioni Unite svolgeranno a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015, si fa sempre più strada la coscienza che occorre intervenire decisamente sui modelli di sviluppo seguiti finora, facendo chiarezza sui concetti-guida delle politiche e ponendo rimedio alla frammentazione sia degli studi che degli interventi.
L’iniziativa è partita dall’Olanda, promossa dall’Associazione Internazionale sulla Qualità Sociale – IASQ con il contributo di un gruppo di rappresentanti di centri di studi e ricerca di diverse parti del mondo, tra cui Eurispes per l’Italia. Si segnalano studiosi e rappresentanti dell’Università di Griffith (Australia), il Towsend Centre for International Poverty Research–Università di Bristol, l’Università di Cambridge e l’Università di Sheffield (Gran Bretagna), l’Università Zhejang (Cina), l’Università Plekhanov (Russia), l’Università Trisaki (Malaysia), l’Università di Seoul (Corea del Sud).
L’appello chiede in particolare alle autorità politiche che si riuniranno al vertice di Parigi di promuovere la costituzione di una “Rete accademica interdisciplinare internazionale” che metta a sistema i tanti studi settoriali e specifici per affrontare, questo l’obiettivo di fondo, il problema della sostenibilità dello sviluppo moderno in termini globali e in ogni caso agendo contemporaneamente sui diversi processi da cui può emergere una soluzione organica: i processi socio-economici, socio-politico-istituzionali, socio-culturali, socio-ambientali.
A questi fine, il vertice di Parigi dovrebbe chiarire bene, ad esempio, che cosa significano, in termini, concettuali e pratici, espressioni come la “sicurezza umana”, la “qualità sociale”, la “partecipazione attiva dei cittadini” alle scelte che riguardano tutti i popoli e le generazioni future.
Eurispes aveva già sollevato questa esigenza ormai ineludibile in una Conferenza europea sulla qualità sociale dello sviluppo, promossa lo scorso ottobre 2014, durante la presidenza italiana del semestre Europeo; una iniziativa che aveva visto la partecipazione attiva di molti esponenti della cultura e della ricerca riuniti insieme ad operatori economici ed esponenti delle organizzazioni della società civile, a cominciare dalle confederazioni sindacali.
Adesso questo nuovo intervento: è chiaro che il mondo accademico potrebbe dare un grande contributo alla migliore impostazione e soluzione dei problemi legati ai cambiamenti climatici, come è altrettanto chiaro che il mondo accademico non può non assumersi precise responsabilità di fronte a scelte che appaiono sempre più obbligate. Ma questa responsabilità, mai come in questo passaggio difficile per tutti, si misura su una reale volontà collaborativa, sulla messa a comune dei patrimoni conoscitivi, sull’avvio, appunto, di un lavoro interdisciplinare, superando chiusure, steccati e situazioni spesso autoreferenziali.