Coronavirus, emergenza sanitaria, economica e sociale. Iniziamo a scrivere il nostro futuro

Tra tre settimane il Paese tirerà le somme dei risultati raggiunti, dalle disposizioni impartite con i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo, 9 marzo e 11 marzo, per arginare la diffusione del Corona Virus, ma ciò non coinciderà con la fine dell’emergenza, perché bisognerà attendere la sconfitta dell’epidemia: non abbassare la guardia sarà la nuova parola d’ordine per non inficiare i risultati raggiunti.
Il Paese ha fatto una scelta importante, quella di preservare, il più possibile, il capitale umano.
I cittadini, in gran misura, stanno rispondendo positivamente ai provvedimenti adottati, anche se una parte contenuta ha continuamente bisogno di essere sollecitata a non mettere a repentaglio la propria vita e quella degli altri.
Per queste fasce di individui, la deterrenza normativa risulta essere insufficiente; è, quindi, necessario trovare le giuste forme contenitive, per costringerli a essere razionali, pena: vanificare i sacrifici dei molti.
Non sappiamo ancora se i paesi europei, che appaiono ritardatari, anche agli occhi della Organizzazione Mondiale della Sanità, adotteranno il modello italiano oppure altri modelli innovativi, comunque non vi saranno soluzioni condivise tra i paesi.
Sotto il profilo politico decisionale, spicca il caso degli Usa, che hanno cambiato periodicamente la decisione politica per il contrasto della pandemia in atto, passando dalla sottovalutazione del problema alla dichiarazione dello stato di emergenza in tutto il Paese, creando incertezza nei propri cittadini.
La chiusura dei voli con i soli Paesi Ue e non dalla Gran Bretagna (successivamente revocata) da parte degli Usa, è stata una mossa che ha aumentato solo il livello di incertezza della popolazione americana e svelato al mondo la situazione della pandemia in UK.
Difatti, il 9 marzo il Governatore del Nebraska, in conferenza stampa, ha annunciato il primo caso di una donna di 36 anni tornata dalla Gran Bretagna il 26 febbraio già con alcuni sintomi legati al Covid-19: ciò ha comportato la sospensione dei voli anche dall’Inghilterra, ma, nel contempo, ha portato alla luce che anche la Gran Bretagna era stata pesantemente toccata dalla pandemia in atto.
Non meravigliano quindi le recenti, ma tardive, dichiarazioni, per noi raggelanti, del Premier inglese Boris Johnson che ha affermato: «Molte famiglie perderanno i propri cari» e «non faremo nulla», in quanto il fenomeno è così diffuso che non sembra più arginabile.
Contro la decisione del Premier UK, molti scienziati inglesi hanno fatto appello al buon senso per poter rivedere l’apodittica decisione del governo.
I singoli paesi dell’Unione europea seguiranno strategie diverse, improntate alle proprie culture nazionali.
I tre fattori di rischio che attanagliano tutti i paesi sono: quello sanitario, quello economico, quello sociale, e sono interconnessi tra loro: il paese che riuscirà a mitigare al meglio i livelli di rischio vincerà il futuro.
L’Ue e la Bce hanno dato segni di reattività tardiva e confusa alla pandemia in atto, mettendo in crisi i sistemi di risposta all’emergenza, facendo aumentare i livelli di incertezza degli Stati.
I singoli paesi europei sono tornati al comportamento di sempre.
Per dirla con Bauman, oggi «le capacità potenziali sono globali, ma la loro realizzazione è lasciata all’iniziativa individuale».

Il nostro Paese tra qualche settimana si troverà di fronte a nuove scelte, sia sanitarie sia economiche e sia sociali.
Il costo sanitario dell’emergenza, nel breve periodo, sarà elevato e drammatico, il costo del fermo economico del Paese sarà nel medio periodo ancora più elevato; pertanto la ripresa, in condizioni di sicurezza, diventerà indispensabile, perché la competizione internazionale è da paragonare al moto di una vite senza fine. E la vera sfida è proteggere la vita e la salute delle persone e al contempo non cancellarne il futuro.
Secondo la McKinsey, la crescita del Pil mondiale si dimezzerà rispetto alle previsioni, con un rallentamento globalizzato delle economie, secondo invece altri analisti vi sarà una recessione mondiale.
Il rallentamento impatterà in modo più acuto le “small and midsize company”.
Nel campo dei consumi la domanda, oggi altalenante, nel medio periodo sarà quasi compensativa a parità però di Pil previsionale, il problema riguarda le aziende che lavorano con bassi margini sul working-capital che andranno, quindi, aiutate.
Le economie meno sviluppate soffriranno di più rispetto a quelle più sviluppate.
Il costo del petrolio, si prevede che possa rimanere basso fino al terzo quadrimestre del 2020.
Il settore dei servizi, quello dell’aviazione civile e del turismo subiranno l’impatto più grande.
Il settore industriale subirà un impatto economico più basso, se saranno applicate le azioni di mitigazione del rischio, attraverso la protezione delle maestranze.
In ogni evento della vita vi sono luci e ombre, aspetti negativi e opportunità da cogliere.
Come disse De Tocqueville: «Vent’anni prima non si sperava nulla dall’avvenire, adesso non si teme nulla; l’immaginazione impadronendosi in anticipo di quella felicità prossima e inaudita, rende indifferente ai beni che si hanno e spinge a precipizio verso le cose nuove».

Le cose nuove per il nostro Paese saranno la sanità e la digitalizzazione della Penisola.
Per il settore sanitario è necessario rivedere tutta l’organizzazione, alla luce delle drammatiche lezioni che stanno oggi emergendo dalla crisi e risolverle non in modo politico ma in modo fattuale, con particolare attenzione alla omogeneità delle prestazioni sanitarie sul territorio nazionale, al contrasto agli sprechi e corruzione, con attenzione alla formazione e alla ricerca.
Per la digitalizzazione invece è importante operare già da subito, cogliendo le opportunità che si sono presentate.
Il settore scolastico, per esempio, porterà a casa un gap di insegnamento non recuperabile, nel contempo però, è stato valorizzato l’insegnamento a distanza che andrà potenziato in futuro anche per l’insegnamento delle lingue straniere, dove vi è molta carenza.
Il telelavoro e lo smart working saranno i punti nodali per la ripartenza digitale del Paese: lo stato di necessità dell’isolamento a casa, deve essere percepito soprattutto, come una opportunità di lavoro
Il “tutti a casa” di oggi deve essere concepito come “tutti a casa per produrre attraverso mezzi nuovi”, ciò contribuirà a ridurre, il “digital divide” presente nella nostra società.
La rete infrastrutturale digitale dovrà essere potenziata e implementata per soddisfare l’esigenza aumentata, evitando i punti di “down” delle linee di trasmissione dati.
La rete attuale ha già evidenziato i suoi limiti sotto l’attuale stress di traffico.
Per lavorare lontani dall’azienda, è necessario lo sviluppo delle piattaforme collaborative. Lo stesso dicasi per l’attività sportiva da poter svolgere in casa, sotto la guida digitale del trainer.
La spesa digitale presso i supermercati e farmacie, che oggi viene percepita come una necessità, potrà diventare una normalità, con creazione di posti di lavoro e risparmi economici importanti, così risolveremo anche i problemi legati all’utilizzo del contante che, notoriamente, non può essere sistematicamente sanificato.
Il problema della scarsa mobilità degli anziani dovrà trovare spazio anche nel digitale, attraverso, per esempio, il “Fattorino elettronico” che possa, con una telefonata, dare soluzione ai rifornimenti giornalieri, così da mitigare il “digital divide” generazionale.
La telemedicina dovrà consentire anche la cura di un paziente a distanza.
Parimenti, la Pubblica amministrazione nel suo insieme e, in particolare, la giustizia, passeranno dall’era analogica a quella digitale, recuperando anni di ritardo che rappresentano un handicap rispetto agli altri paesi.
La pandemia in corso avrebbe avuto impatti sociali ed economici più gravi se fosse scoppiata solo 10/15 anni fa, quando l’economia intangibile era solo agli inizi, basata sui quattro beni principali: conoscenza, collaborazione, fidelizzazione, tempo di creazione del valore.
La rivoluzione digitale ci consente oggi di poter proteggere il bene supremo della vita, sì in luoghi ristretti, ma con la soddisfazione dei bisogni di sempre: dal lavoro (non per tutti), al cibo, al training digitale, al film preferito, alla videochiamata o alla videoconferenza.
Il sistema di relazioni istituzionali, economiche e finanziarie, che in questi giorni è stato costretto a “trasferirsi” in massa sulle reti digitali che hanno soppiantato i network di contatti personali e meeting di lavoro, può offrire occasioni nuove per realizzare attacchi criminali non solo ai cyberterroristi, ma anche alla criminalità organizzata.

Bisogna, quindi, considerare come una iper-digitalizzazione improvvisa, impetuosa e disordinata, può rappresentare anche un severo rischio per la sicurezza nazionale e degli individui, se non accompagnata da una altrettanto rapida crescita della cultura digitale e della cyber security, ulteriori fronti sui quali investire per il nostro futuro.
Diminuirà, temporaneamente, l’inquinamento ambientale dovuto all’eccessivo traffico.
Non siamo in anticipo sui tempi, ricordiamo che il futuro dell’Europa fu scritto due anni prima della fine del conflitto, nel 1943 ad Algeri dove furono stabiliti i criteri di sviluppo dei paesi europei, allora ancora in guerra.
La società europea, post conflitto, fu modificata in tutti i suoi aspetti politici, economici, finanziari dagli esiti del conflitto stesso, così sarà anche dopo questa pandemia. Un principio base che caratterizzò la società dell’epoca fu l’unità per la soluzione dell’emergenza.
Tutte le 19 pandemie del passato sono poi terminate, da quella denominata “Peste Antonina” del 165-180 d.C. fino alla influenza suina del 2009-2010.
La mitigazione dei tre fattori di rischio menzionati sarà essenziale per vincere il futuro.
Questi ultimi giorni hanno dimostrato che l’Italia si è mossa prima e con più determinazione rispetto ad altri paesi.
Il futuro è già iniziato e abbiamo la visione per poterlo percorrere.

Il Generale Pasquale Preziosa è il Presidende dell’Osservatorio Sicurezza dell’Eurispes, il Proc. Agg. DNAA Dottor Giovanni Russo e il Prof. Avv. Roberto De Vita sono i Vice Presidenti

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