Corruzione: alla ricerca di nuovi indicatori

corruzione

È una buona notizia.

Ed una vera vittoria per il lavoro portato avanti in questi ultimi anni dall’Eurispes e per la diplomazia giuridica italiana.

Sul tema della misurazione della corruzione, infatti, gli sforzi profusi per individuare modelli di quantificazione del fenomeno più oggettivi rispetto a quelli largamente utilizzati da alcune realtà internazionali – soprattutto quelle non governative – hanno fatto leva anche sui più ostici sostenitori dell’uso degli indicatori percettivi.

Siamo stati i primi come Istituto, e, lentamente, ma inesorabilmente, abbiamo aperto il solco per un approfondimento del tema a livello internazionale e multilaterale.

Si riduce dunque la distanza in questo àmbito tra la realtà delle nostre Istituzioni, della nostra società, e la sua rappresentazione all’estero.

L’Italia è indiscutibilmente caratterizzata da un significativo tasso di corruzione. Nondimeno, dipingere un paese come più corrotto di quanto realmente è può avere effetti negativi sull’economia e incidere sulla fiducia nelle Istituzioni e nei mercati.

Già nel 2017, con una ricerca coordinata dal Consigliere Giovanni Tartaglia Polcini, abbiamo inteso verificare la fondatezza del giudizio espresso nei nostri confronti dai più comuni indicatori di natura percettiva diffusi sul piano globale.

Siamo fin da allora convinti che il rating attribuito all’Italia è spesso ingeneroso, se non a tratti errato, con notevoli conseguenze anche sul piano macro-economico.

Registriamo il balzo in avanti dell’Italia nell’ultima graduatoria pubblicata solo pochi giorni fa, ma riteniamo sia opportuno approfondire ancora la questione e rilanciare ulteriormente il dialogo sulla misurazione della corruzione.

Registriamo un significativo miglioramento nel rating dell’Italia nel CPI di quest’anno, ma, dal nostro punto di vista, occorre agire più a fondo, e ripensare gli indicatori completandoli.

Vi sono infatti grandi margini di miglioramento per le tecniche di misurazione della corruzione e che metodiche più ampie, comprensive di elementi oggettivi, ben potrebbero aiutare a comprendere l’evoluzione della corruzione.

Basterebbe, ad esempio, far riferimento al cosiddetto paradosso di Trocadero, che insegna che più si perseguono i fenomeni corruttivi sul piano della prevenzione e le fattispecie di reato sul piano della repressione, maggiore è la percezione del fenomeno.

Ne consegue che, non si possono comparare ordinamenti, dal punto di vista della percezione della corruzione, senza tenere conto delle relative caratteristiche istituzionali e processual-penalistiche.

Non possono essere comparati al nostro i sistemi che non contemplano l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, l’obbligatorietà dell’azione penale e la libertà di stampa in ordine alla pubblicazione anche delle notizie di reato fin dalle prime battute dell’indagine.

Sotto la Presidenza italiana del G20, ha trovato infatti accoglimento ufficiale il Compendio di buone pratiche sulla misurazione della corruzione, volto a raccogliere le tecniche di rilevazione e misurazione adatte al contrasto. Quel compendio prende le mosse da presupposti scientifici e cita, tra l’altro, la nostra ricerca.

Nell’epoca dello sviluppo sostenibile e del multilateralismo, degli sforzi comuni per la creazione di un livello di concorrenza leale globale, della lotta ai paradisi normativi e della promozione di un’armonizzazione minima dei sistemi giuridici penali l’Eurispes ha aperto uno spazio doveroso e necessario di dialogo per una econometria del diritto, per la giurimetrica della misurazione della corruzione, per una più realistica visione della corruzione, per la  comprensione del fenomeno in sé più che per una mera comparazione tra sistemi.

Siamo convinti che questa metodica può addirittura espandersi, sul piano della ricerca, a pieno titolo, in ragion dei risultati conseguiti. ad altri settori a livello internazionale.

Per quanto riguarda la misurazione della corruzione, qualcosa si muove.

Soprattutto è importante prendere atto finalmente che quella svolta culturale, da noi tanto auspicata, si sta facendo strada.

Ritardando gli indicatori secondo parametri oggettivi, il nostro sistema economico diviene più attrattivo e viene rappresentato come meno opaco.

Le nostre imprese all’estero possono scrollarsi di dosso quella coltre di sospetto legata ad una ingegneria reputazionale che, troppo spesso le ha penalizzate in passato.

È un buon inizio.

 

*Presidente dell’Eurispes.

 

 

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