Terzo Settore, un pilastro decisivo per un nuovo modello di crescita

terzo settore

Il Sen. Stanislao Di Piazza* – che da sempre dedica il suo impegno professionale e politico all’economia e alla finanza etica – ha seguito, passo dopo passo, l’iter che ha portato all’emanazione della legge che nel 2017 ha riformato il Terzo Settore.

Il no-profit è ormai generalmente considerato come il pilastro che si inserisce tra Stato e Mercato, consentendo di correggerne le distorsioni e di orientare lo sviluppo in termini di equità e inclusione sociale. Il Sen. Di Piazza ha, nel corso della sua vita professionale, agito orientandosi verso l’economia sociale attraverso l’esperienza maturata come Direttore di Banca Etica, il ruolo di promotore del primo Laboratorio Nazionale di Economia Civile, la presidenza di MECC (primo istituto italiano di microcredito per l’economia civile e di comunione). Di rilievo sono state le iniziative, promosse dal Senatore relative alla diffusione del microcredito nel mondo degli immigrati. Nei giorni scorsi, il Senatore ha ricevuto una delegazione di esperti russi del Terzo Settore dell’Università di Scienze Umane (RSUH) di Mosca e dell’Accademia delle scienze (IE-RAS), per l’avvio di un dialogo internazionale su questo importante pilastro di un nuovo modello di sviluppo.

On. Di Piazza, perché nasce il Terzo Settore e perché viene chiamato così?

Perché l’impostazione dello sviluppo degli Stati si basa su due pilastri: Stato e Mercato. Nel secolo scorso, dopo la seconda Guerra Mondiale, questa dicotomia è stata alla base della conflittualità tra il mondo occidentale e il mondo dell’ex Unione Sovietica. Oggi ci stiamo rendendo conto tutti del fallimento di un sistema capitalistico così strutturato: per primi lo hanno fatto gli Stati che basavano il loro sistema di sviluppo sul valore e la capacità del pilastro dello Stato e, attualmente, anche gli Stati che hanno privilegiato il riferimento al pilastro del Mercato. Di fronte a questo duplice fallimento sta emergendo un nuovo modo di pensare – diffuso tra tante persone, associazioni di volontari impegnati nel sociale, ma anche imprese – in base al quale si ritiene che per promuovere uno sviluppo sostenibile, valido sul piano sociale, sostenuto da una visione che tenga conto anche delle esigenze delle future generazioni, occorre organizzare un nuovo modello di Stato fondato anche sul Terzo Settore. Si tratta, infatti, di un pilastro che consente di promuovere lo sviluppo di una società tenendo insieme e raccordando tra loro Stato e Mercato (tenendo conto, va aggiunto, che il Mercato può esistere e funzionare soltanto se è regolato e inclusivo). Questo processo di riorganizzazione del modello di sviluppo è stato avviato negli ultimi anni e la crisi pandemica, che non guarda né allo Stato né al Mercato, sta facendo capire quanto esso sia importante, decisivo. Da ciò l’esigenza di valorizzare la cultura del Terzo Settore, dell’economia solidale, sociale e sostenibile, perché essa sostiene e dà forza a tutto questo mondo impegnato a costruire un grande e nuovo pilastro tra Stato e Mercato. Di conseguenza, l’analisi politica deve partire proprio dalla valutazione diquesto nuovo processo in corso con il quale si stanno creando le strutture basilari di un sistema innovativo, le cui tempistiche dipendono da noi, dalla nostra capacità di avviare nuovi processi.

La terminologia di rifermento per orientare al meglio l’azione: qual è la distinzione fra “no-profit” e “non profit” nell’àmbito del Terzo Settore?

Le definizioni di base alle quali fare riferimento sono un passaggio indispensabile per poterprocedere in modo valido e utile. La definizione più importante riguarda proprio la distinzione tra “no-profit” e “non profit”, termini di riferimento su cui si è molto dibattuto. Nel sistema capitalistico, soprattutto nel mondo anglosassone, si fa riferimento prevalentemente al “no-profit” (“negazione del profitto”); di conseguenza, il Terzo Settore è ricondotto soprattutto alle opere di carità e alla filantropia. Nella nostra visione, invece, prevale il “non profit”, o meglio il “not for profit”, vale a dire una lettura del Terzo Settore nel quale le strutture operano per finalità di profitto ma inteso come un elemento essenziale e positivo per il perseguimento del bene comune e non per il solo ed esclusivo incremento del capitale. In Italia siamo orientati anche a costruire dei nuovi percorsi normativi suquesti passaggi, essenziali per una corretta impostazione delle politiche sul Terzo Settore.

Qual è il quadro normativo del Terzo Settore in Italia e quali sono le prospettive future per il settore, anche alla luce della pandemia in corso?

Sul piano normativo nel 2017 in Italia è entrata in vigore una legge sul Terzo Settore, la quale prevede la possibilità che le associazioni impegnate nelle attività di cura della persona – ma anche in attività commerciali non prevalenti – siano sostenute dallo Stato sotto il duplice aspetto della fiscalità (agevolazioni) e della contribuzione per i lavoratori impegnati in tali attività (contributi). Siamo ancora in una fase di riforma e da poco è stato perfezionato il Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS), all’interno del quale, entro giungo 2022, saranno elencate tutte le tipologie di associazioni che svolgono attività nell’àmbito di questo settore. Allo stesso tempo, in Parlamento, come legislatori, stiamo cercando di perfezionare l’impianto normativo per trovare risposte a ciò che sta avvenendo nella realtà – anche a causa della crisi pandemica – e per definire una nuova visione rispetto agli orientamenti da costruire per il futuro. La pandemia ci ha portato a capire come il mondo del Terzo Settore (e dell’economia sociale) abbia svolto un ruolo fondamentale nell’affermazione di un giusto approccio ai problemi, perché di fatto esso è stato l’interprete della cura della persona, ha posto l’attenzione per la persona al centro delle iniziative comuni, operando in contro tendenza rispetto alla cultura dominante del capitale. Di conseguenza, attualmente, lo Stato italiano è stato messo nelle condizioni di dover pensare a nuovi paradigmi economici che possano rispondere in maniera più coerente alla cura della persona cercando di metterla al centro, in alternativa agli obiettivi spietati della finanza speculativa.

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Quali sono gli interventi previsti dalla nuova legge relativa alla manovra di bilancio per migliorare la capacità economica delle imprese sociali e a quali àmbiti del Terzo Settore si rivolgono?

La nuova legge relativa alla manovra di bilancio definita in Parlamento prevede diversi interventi finalizzati a migliorare il patrimonio delle imprese sociali, ossia la loro capacità economica. Sono previste, in tale àmbito, risorse aggiuntive da destinare alla Sanità (in considerazione del Covid e delle sue conseguenze), ma anche allo sviluppo di questo nuovo modello economico basato sulle associazioni e sull’economia sociale e sostenibile – cioè per la promozione di quel modello economico che, pur avendo una visione di profitto, tende a scegliere come punto di riferimento la persona e la sua crescita anziché l’obiettivo della massimizzazione del capitale.

Oltre agli strumenti legislativi ed economici, quali sono, secondo Lei, le basi per favorire lo sviluppo dell’economia sociale e l’inclusione sociale?

Avendo personalmente maturato una lunga esperienza nel mondo dell’economia sociale, sono stato incaricato dal mio partito (che ha un ruolo di maggioranza relativa in Parlamento) di occuparmi proprio di questi temi: lo sviluppo dell’economia sociale e dell’inclusione sociale. Con l’Eurispes abbiamo lavorato quando ho ricoperto l’incarico di Sottosegretario nel precedente Governo, da un lato per aiutare il mondo del Terzo Settore, dall’altro per diffonderne la cultura. Riteniamo che oggi si possano attuare dei cambiamenti solo se alla base c’è un pensiero e una cultura che ci aiuti ad orientarci verso questo nuovo modello. Penso sia molto importante creare un sistema di collaborazione, anche a livello internazionale, che ci aiuti a capire come portare avanti l’impegno nazionale, dandogli anche una dimensione globale.

L’Unione europea ha presentato (a novembre 2021) una specifica tassonomia europea per il Terzo Settore e (16 dicembre) un piano specifico sull’economia sociale e il suo impatto. Inoltre, per iniziativa della Ue, il 2022 sarà l’anno dedicato espressamente all’economia sociale europea e italiana. In che modo, secondo Lei, la riforma del Terzo Settore in Italia si colloca rispetto al piano d’azione europeo e quale impatto avranno le direttive dell’Unione sulle future riforme del Terzo Settore nel nostro Paese?

L’Italia ha una grande vocazione per le azioni di giustizia sociale. Patria del diritto, è stata sovente territorio di innovazione per le politiche sociali. Si distingue, inoltre, per una grande risorsa: la capacità di rigenerarsi dalle grandi crisi. Tutto ciò rientra perfettamente nel disegno di una sostenibilità per la Terra e i suoi abitanti contenuto in tutti questi provvedimenti. Saranno anni in cui la coerenza ed il rispetto per ciascuna persona dovranno essere vissuti come un dovere. Ciò potrà avvenire soltanto in relazione e con un dialogo costante, non soltanto con gli altri paesi europei, ma con tutto il mondo.

*Segretario 6 Commissione Finanze e Tesoro, Senato della Repubblica; già Sottosegretario di Stato, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

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