“Democrazia della connessione”: quello che il web non dice

Ruben Razzante, Professore di Diritto dell’informazione presso la Cattolica di Milano, la Lumsa e la Pontificia Università Lateranense di Roma, ha dato alle stampe per Cedam un saggio,“Informazione: istruzioni per l’uso”, che investe uno dei grandi temi del nostro tempo. «Viaggiano on line – scrive l’autore nell’introduzione al volume – fiumi maestosi di notizie prodotte da semplici utenti e spacciate per informazioni attendibili e soggette a filtri di autenticazione. In realtà si tratta di notizie riversate nel mare magnum della Rete senza le dovute verifiche, con l’aggravante che esse finiscono per confondersi e apparire indistinguibili da quelle invece confezionate da giornalisti attenti a pubblicare le notizie soltanto dopo averne valutato fondatezza e rilevanza… Editori, direttori, giornalisti e pubblico sono avviluppati, più o meno consapevolmente, in una selva di vincoli inestricabili che incidono sul prodotto finale, determinando distorsioni nella democrazia dell’informazione e compromettendo il carattere pubblico e neutrale delle notizie». È evidente che la rivoluzione digitale imporrà una riscrittura delle regole e soprattutto una rinnovata capacità di governance dei flussi informativi e degli stessi criteri di notiziabilità di fatti ed eventi.

Prof. Razzante, partirei da una definizione molto efficace presente nel suo lavoro: “democrazia della connessione”. Possiamo spiegarne significato e implicazioni?  

La democrazia della connessione è un segno dei tempi e ha regole, moventi e modalità differenti da quelli della democrazia dell’informazione. Internet è un ambiente, non un mezzo d’informazione, è una dimensione che ci ingloba, ci risucchia, ci dà tanto, ma ci toglie anche tanto. Occorrerà grande equilibrio per governare il flusso delle trasformazioni in atto.

Cosa sta cambiando nella produzione, confezione e trasmissione delle notizie con l’esplosione della rivoluzione digitale?

Il valore aggiunto del giornalismo online risiede nelle potenzialità di aggiornamento costante e nella costante interattività tra utenti. La nuova figura del prosumer ha annullato le distinzioni tra produttori e consumatori di informazioni. Oggi i ruoli non sono più così ben definiti. I giornalisti interagiscono costantemente con gli utenti, che diventano fonti privilegiate. Questo fenomeno è una ricchezza per il mondo dell’informazione, ma serba in sé forti rischi rispetto alla credibilità e alla verificabilità dei particolari delle notizie. 

La diffusione della web information quali prospettive apre?

Siamo di fronte a una duplice sfida. La prima: occorre elaborare regole giuridiche e deontologiche che possano scongiurare il rischio di internet come giungla dove tutto è lecito. La seconda: saper coltivare la neutralità tecnologica in internet, evitando autostrade con corsie privilegiate e garantendo insieme la neutralità tecnologica tra internet e gli altri mezzi d’informazione tradizionali, non penalizzando questi ultimi, sia sul piano delle risorse sia sul piano della valorizzazione dei contenuti. Il rispetto della deontologia può essere la leva per restituire credibilità al mondo dell’informazione e per rivalutare la funzione giornalistica, sia pure in un contesto di profonda incertezza in cui non si sa bene dove finisca il lecito e dove inizi l’illecito.

In Italia i rapporti tra il potere economico – finanziario e il mondo mediatico non godono dei giusti contrappesi. Cosa dobbiamo aspettarci?

L’Italia ha una tradizione di editori impuri, cioè soggetti imprenditoriali che hanno spesso utilizzato i mezzi d’informazione per finalità extraeditoriali. Le commistioni tra potere editoriale e altri poteri sono state storicamente sempre molto presenti e ciò ha di fatto limitato l’autonomia nella scelta dei contenuti da pubblicare, facendo spesso scadere la qualità dell’informazione. Oggi il problema è rappresentato dai motori di ricerca, che indicizzano notizie altrui seguendo criteri commerciali e non giornalistici. È auspicabile un’alleanza virtuosa tra editori e giornalisti, in nome della tutela dell’intera filiera di produzione e distribuzione delle notizie.

Il patto tra giornalismo e società sembra ormai saltato. Quali sono le conseguenze?

Il giornalismo in Rete è spesso diluito in un mare magnum di informazioni che non sono confezionate secondo criteri di correttezza e che quindi rischiano di confondersi con l’informazione-spazzatura. Il patto tra giornalismo e società si è rotto anche per questo, cioè perché la specificità del lavoro giornalistico viene sempre meno percepita. Si ritiene, sbagliando, che ormai tutti possano fare i giornalisti, come se si trattasse di un lavoro genericamente creativo e privo di necessarie competenze.

L’informazione a livello globale è sempre più appannaggio di ristretti oligopoli e di pochi player. È in pericolo la democrazia?  

È un problema serissimo. Gli over the top (pensiamo a Google, Microsoft per fare qualche esempio, n.d.r) possono diventare una ricchezza e apportare un beneficio alla filiera di produzione e distribuzione delle informazioni se accettano di assoggettarsi alle norme nazionali e internazionali in materia di diritto d’autore, di rispetto della privacy e in materia fiscale.

Il mondo dell’editoria è scosso dalle manovre per la fusione di RCS e Mondadori, mentre nell’etere si sta aprendo lo scenario possibile dell’Opas lanciata da Mediaset su RaiWay. Come vanno interpretati questi fatti?  

Le concentrazioni sono all’ordine del giorno anche in altri Stati e sono figlie della globalizzazione. Non possono essere viste come il demonio, certo, ma non possono neppure diventare occasioni di svendita di patrimonio pubblico. Tra Mondadori e Rcs può nascere un polo culturale forte che, con le opportune garanzie per gli autori, potrebbe diventare una realtà interessante, non necessariamente penalizzante per i piccoli editori. Quanto alle offerte come quella di Mediaset per Raiway, esse potrebbero consentire per esempio alla Rai di realizzare una preziosa plusvalenza. In tutta Europa esistono esempi di concentrazioni nelle torri trasmissive. L’importante è mantenere separare le infrastrutture dai contenuti.

La formazione dei professionisti dell’informazione nel nuovo ecosistema digitale che ruolo e quali compiti deve avere?

I corsi che l’Ordine è obbligato a organizzare in forza del d.p.r. n.137 del 2012 possono rappresentare per tutti i giornalisti italiani una preziosa opportunità di aggiornamento e di rivalutazione della professionalità in un ecosistema digitale che pone nuove sfide. I giornalisti in passato hanno perso molte battaglie con gli editori e con gli altri poteri anche perché non hanno dimostrato di credere in se stessi. E credere fino in fondo in se stessi significa anche credere nell’aggiornamento delle proprie competenze e dei propri saperi.

Tutela della Privacy, diritto alla memoria e diritto all’oblio. Quali frontiere si aprono?

L’oblio è la frontiera nuova per quanto riguarda la tutela della privacy. Se ne discute in Europa, dove i motori di ricerca oppongono una forte resistenza all’approvazione della riforma della privacy che prevede anche il riconoscimento del diritto all’oblio. L’oblio non è un colpo di spugna, ma è una corretta contestualizzazione dei fatti che accadono, affinché le nostre identità digitali siano fedeli ai nostri comportamenti. Al di là delle dovute eccezioni, occorre ribadire che spettano sempre al discernimento e alla sensibilità del giornalista le scelte finali circa la permanenza in Rete delle singole notizie.

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