La fiscalità di vantaggio destinata, nelle intenzioni del Governo, alle regioni del Sud, e che dovrebbe entrare in vigore ad ottobre, non può rappresentare l’ennesima “mancetta” per quelle popolazioni che hanno saputo gestire, meglio di altre, la fase acuta dell’emergenza Covid, emergenza di portata mondiale.
Non è interesse di chi scrive esprimere un giudizio positivo sulle parole del Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ha definito sostanzialmente inefficaci gli sgravi fiscali del “decreto agosto”.
Tre mesi di fiscalità agevolata alle aziende che vogliono investire in strutture e occupazione nel Mezzogiorno, devono trasformarsi in misure strutturali e quindi permanenti.
Non ci sono argomenti per mettere in discussione la buona fede del Ministro Provenzano che si sta impegnando molto e che ha fatto della riduzione fiscale sul lavoro al Sud, la sua “linea del Piave”.
Ma i problemi, come sostengono alcuni, sono “ora e adesso” e nei buoni propositi del Ministro c’è solo una prospettiva di lungo termine.
Ragionare con davanti un orizzonte di dieci anni risulta difficile da accettare.
Pochi mesi di fiscalità di vantaggio non possono far aumentare – per un colpo di bacchetta magica –la produttività di fattori, in regioni come la Campania, la Puglia e tutte le altre del Sud, che devono scontare un “gap” incolmabile per la carenza di infrastrutture.
Bisogna, invece, lavorare contemporaneamente su almeno due fronti, con l’obiettivo di firmare un patto, senza precedenti, tra aziende e lavoratori. Questi ultimi hanno già sopportato enormi sacrifici, ma gli imprenditori – senza poter realizzare i prodotti, con costi ragionevoli, collocarli, movimentare le merci, investendo in innovazione – si trovano davanti a scelte dolorose e obbligate.
La prima, per sopravvivere, quella di tagliare i costi alti senza la sicurezza di vedere un giusto profitto che, soprattutto, sia esigibile.
La seconda strada diventa, di conseguenza, obbligata: abbandonare l’impresa con successivo e inevitabile aggravamento dei costi dello Stato, chiamato a garantire la cassa integrazione.
La stagione dei rinnovi contrattuali è alle porte.
Gli industriali non potranno pretendere altri tagli, insopportabili per la società; i lavoratori dovranno mostrare la loro disponibilità alle innovazioni e alla flessibilità. Inoltre, il ruolo del Sindacato sarà fondamentale anche per far uscire il mondo del lavoro dalle secche del passato e del vecchio modo di pensare i rapporti con gli imprenditori.
Se la fiscalità di vantaggio che il Governo farà entrare in vigore tra poche settimane (Covid permettendo) riuscirà a superare la “tagliola” di Bruxelles – che vede aiuti di Stato, dappertutto –, un primo, piccolo passo in avanti, verrà comunque fatto.
Ma, assieme al fisco agevolato (non solo per ottobre/dicembre 2020), il Governo dovrà destinare gli oltre 28 miliardi dei fondi europei SURE, alle zone più disagiate del Paese.
In un suo intervento, il Presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, afferma che: «Bisogna aiutare il Sud, senza dimenticare che il Nord è il motore dell’Italia». Intanto, una cosa è stata dimenticata: i miliardi versati dal Mezzogiorno alla fiscalità generale.
Ma oggi è opportuno dare un credito (non un credito d’imposta) al Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che sul social media più diffuso, ovvero Facebook, ha scritto testualmente: «L’Italia riparte se riparte il lavoro e, soprattutto, se riparte il Sud, che ha potenzialità enormi e che rischia invece di pagare il prezzo più alto della crisi».
Parole sicuramente sincere, ma che questo Sud, amato solo a parole, è stanco di sentire.
Comunque, siete sempre “benvenuti al Sud”.
*Presidente dell’Asi di Napoli e della CISE – Conferenza italiana per lo sviluppo economico