Il futuro del giornalismo è cupo, anzi nero. Colpa dei Social, ma anche di un’organizzazione del lavoro redazionale che impedisce ai giovani di imparare e ai maestri della professione di insegnare. Se a dichiararlo, è l’ex Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, Bruno Tucci, decano del mestiere, ex inviato del Corriere della Sera, le speranze di chi ancora “ci crede” rischiano di affievolirsi drammaticamente.
Abbiamo raccolto la sua opinione in occasione dei funerali di Gino Falleri, storico Vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, scomparso all’età di 92 anni lo scorso 18 marzo.
Bruno Tucci, lei ha guidato l’Ordine dei Giornalisti del Lazio per 18 anni, ha conosciuto diverse generazioni di giornalisti ed ha vissuto una fase di cambiamento radicale, una vera e propria trasformazione del mestiere. Secondo lei, il giornalismo ha un futuro?
Devo dire la verità? Secondo me, pochissimo. Tutto è cambiato con l’avvento dei Social. Questo mestiere ha un futuro incerto e, a mio parre, il giornalismo cartaceo si avvia verso la fine. E per me, che ho trascorso 44 anni nelle redazioni dei giornali, è un dolore indescrivibile.
Consiglierebbe oggi ad un giovane di diventare giornalista?
Questo è il più bel mestiere del mondo, ho avuto la fortuna di sperimentarlo per tanti anni, sono stato inviato per 35 anni, ho girato il mondo e ho lavorato divertendomi. Ma, se dovessi consigliare a mio figlio, o meglio, vista la mia età, a mio nipote di diventare giornalista oggi, gli consiglierei di no.
Per quale motivo?
Perché sono caduti alcuni princìpi fondamentali di questo mestiere; alcune regole e caratteristiche che contraddistinguevano questa professione non ci sono più. Non c’è più il professionista che corregge il pezzo e lo butta nel cestino se non è ben scritto; non c’è più nessun maestro che insegna, e questo è un mestiere che va insegnato. È vero che oggi i giornalisti sono obbligati a seguire corsi di aggiornamento professionale: ma, a mio parere, si tratta di una stupidaggine, perché l’aggiornamento professionale i giornalisti dovrebbero farlo tutti i giorni con il proprio caposervizio, sempre se avessero un caposervizio. Le racconto un piccolo aneddoto.
La ascolto…
Quando arrivai al Corriere della Sera, il direttore che mi assunse era Piero Ottone. Quando entrai nella sua stanza, mi disse: «Lei farà parte della nostra grande famiglia e farà l’inviato: mi raccomando, scriva nella maniera più semplice possibile». Io risposi che avevo già una certa esperienza quasi ventennale, ma lui aggiunse: «Lei mi deve fare la cortesia di usare la sua prosa mettendo soggetto, predicato e complemento»; poi fece una pausa e disse: «Se deve aggiungere un aggettivo, mi telefoni». Ha capito che cos’era il giornalismo?