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Giubileo: l’abbraccio dei fedeli a Roma e al suo Vescovo

di
redazione

Con l’annuncio dell’Anno Santo straordinario della Misericordia Papa Francesco ha di nuovo sorpreso tutti. Lei ha seguito per la Rai la comunicazione del Giubileo del 2.000. Allora c’era Wojtyla, e l’organizzazione coinvolse con largo anticipo le strutture cattoliche, il governo e, soprattutto, la Capitale. Il Giubileo Straordinario di Francesco sembra nascere “d’impeto”, come una decisione improvvisa che impedisce di costruire la macchina mastodontica che abbiamo conosciuto. Sarà, dunque, un evento soprattutto spirituale…

La decisione del Papa va inserita nel percorso che da anni scuote dalle fondamenta l’establishment del Vaticano, già dai tempi di Papa Ratzingher. Non a caso il Giubileo Straordinario si aprirà l’8 dicembre, a poche settimane dalla chiusura del Sinodo sulla famiglia, il secondo nel giro di un anno. Francesco “spinge” per una riforma cattolica molto profonda, ma le resistenze – si è visto e si vedrà anche nei prossimi mesi –, sono fortissime. Ecco, dunque che il Papa chiama il suo popolo a raccolta per far intendere alle gerarchie che le polemiche e le resistenze lasciano il tempo che trovano. Francesco sa che il popolo è con lui e con il Vangelo: lo si vedrà ancor di più nell’anno del Giubileo, con una risposta spontanea e di popolo che abbraccerà Roma, ma anche le diocesi più periferiche in Italia e nel mondo, “a prescindere” dalla macchina organizzativa. Sarà un segnale ulteriore per le gerarchie, un supporto all’opera di Francesco che a dicembre chiamerà tutti ad un bagno di umiltà e spiritualità. Francesco non punta ai “grandi numeri”, perché è consapevole che l’apertura della porta del Giubileo simboleggia l’apertura di una Chiesa alla quale certo non mancano i fedeli, che conseguente non vanno esposti come un trofeo. Dalla recente intervista alla televisione messicana risulta evidente che Francesco si sente costretto tra Curia e gerarchie, è quasi insofferente. Ecco perché cerca il popolo di Dio, in un rapporto diretto che – checché se ne dica – ha ben poco di regia mediatica.

L’organizzazione, anche se non al centro dell’interesse del Papa, è comunque importante. Già nascono polemiche sull’eventuale Commissario straordinario, sui costi di approntamento e di gestione di un anno che sarà “straordinario” per la Capitale, e non solo. Si parla di aumento dl Pil, di rapporto costi-benefici, di possibili rischi sulla tenuta…

Le cose migliori del Giubileo del 2.000 che ho seguito direttamente non sono state quelle organizzate con carta e penna. I professionisti dei grandi eventi hanno anche preso delle toppe, mentre a vincere è stato il buon senso e la grande capacità di accoglienza di Roma e dei romani. Anche recentemente, in Brasile, si è visto che il durissimo inverno sudamericano ha fatto saltare molti livelli organizzativi, ma l’apoteosi si è vista sulla spiaggia di Copacabana, dove gli elementi erano il popolo, la sabbia e il Papa. Non penso che Francesco farà progettare un elevato numero di eventi, e anche gli aspetti mediatici – credo e mi auguro – avranno minore spazio.

Questo Papa è un uomo semplice, che smania per l’impossibilità di uscire da Santa Marta per andare a mangiarsi una pizza. Non vuole essere un leader, ma di fatto è entrato nei cuori di molti, cristiani e no. La sorpresa del Giubileo straordinario della Misericordia sarà in realtà una conferma: la comunità cristiana esiste di per sé, e quando è chiamata risponde senza bisogno di essere sollecitata con gli “effetti speciali”. Durante l’agonia di Woitila nessuno organizzò l’afflusso di folla straordinario che invase Roma, e la Capitale e i romani anche allora furono accoglienti e non accadde nulla. Le preoccupazioni per il Giubileo Straordinario svaniranno di fronte al buon senso dei cittadini e dei pellegrini. Certo bisognerà tenere più pulita la città, aumentare i trasporti pubblici, organizzare livelli accettabili di accoglienza per i 20 milioni di pellegrini che con ogni probabilità passeranno per San Pietro. Gli alberghi saranno pieni, il commercio vedrà un’impennata. Ma una cosa è certa: a Francesco non interessa né il business delle strutture cattoliche, né – con tutto il rispetto – l’aumento del Pil nazionale.

 

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