Mannone (Cisl): “Noi Vigili del fuoco amati dalla gente e dimenticati dalla politica”

Si sono coperti di gloria nella tragedia del crollo del Ponte Morandi, riscuotendo applausi persino in chiesa, il giorno dei funerali. Hanno conquistato la medaglia d’oro per aver salvato vite umane nella terribile slavina che al Gran Sasso investì l’Hotel Rigopiano, nell’inverno del 2017. Per i loro pronti e coraggiosi interventi, sono i più amati dalla gente, come ha mostrato il Rapporto Italia 2018 di Eurispes: ad apprezzarli è infatti l’86 per cento degli italiani. Ma i Vigili del fuoco sono anche pochi e malpagati. Ce ne vorrebbero 15mila di più, e il loro salario medio è di 250-300 euro più basso rispetto alle altre Forze dell’ordine. Nell’intervista che segue, Pompeo Mannone, segretario generale della Fns, la Federazione nazionale sicurezza della Cisl, anticipa quello che il 5 settembre andrà a dire alle Commissioni riunite Affari Costituzionali di Camera e Senato, che hanno convocato i sindacati.

Il vostro sindacato è il più importante fra i Vigili del fuoco, dato che ne aggrega il 40 per cento. Perché, intanto, questo incontro in Parlamento?
Nel mese di luglio il Governo ha varato la legge delega sul riordino delle carriere del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, completando un iter avviato dall’Esecutivo Gentiloni. Ma il provvedimento può diventare operativo solo dopo aver acquisito il parere delle Commissioni riunite Affari costituzionali. Come premessa, vorrei sottolineare un rischio che ogni tanto fa capolino: quello di regionalizzare il Corpo. Ci aveva provato Franco Bassanini, quando era ministro della Funzione pubblica in un governo di centro-sinistra, ed ogni tanto la tentazione ritorna, anche nel Governo attuale.

Sarebbe un danno, la regionalizzazione?
Un danno gravissimo, un’autentica sciagura. I Vigili del fuoco debbono restare un Corpo nazionale, se si ha a cuore l’efficacia degli interventi. Non bastano, infatti, le forze che abbiamo dislocate sul posto. Nel più breve tempo possibile, durante un’emergenza, debbono intervenire a supporto le cosiddette “colonne mobili”, ovvero le forze provenienti dalle altre Regioni. E questa garanzia la può dare soltanto un Corpo nazionale. Nella tragedia di Genova, per fare un esempio, sono intervenuti in tutto ben 280 Vigili, con apporti dalle Regioni vicine, come Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, poi anche dal Lazio. Piuttosto, per assicurare un servizio omogeneo in tutte le parti d’Italia, è necessario creare strutture decentrate, caserme come quelle dei Carabinieri. Il nostro intervento si può dire efficace se riusciamo ad essere sul posto dell’evento nell’arco di tempo di 15-20 minuti dal suo manifestarsi.

Come sono organizzati gli altri Paesi?
In varie modalità. I francesi, ad esempio, danno più spazio al volontariato. In Germania, a differenza che da noi, i Vigili del fuoco, invece, sono dei militari. Ma gli italiani sono considerati il modello internazionale di efficienza ed efficacia. Per questo, ci studiano tutti.

Ed è anche per questo che la gente vi ama. Come spiega tanto successo?
Perché uniamo la competenza tecnica al coraggio ed alla voglia di salvare vite umane. È un’esperienza terribile, per un Vigile del fuoco, portare indietro, in braccio, un bimbo morto. Anche io, purtroppo, l’ho fatta. Avevo vent’anni, era la mia prima uscita, durante il terremoto dell’Irpinia. Mi trovai con una bimba di dieci anni, priva di vita. Un momento terribile, non lo dimenticherò mai.

Ma torniamo alle richieste che avanzate al potere politico.
Siamo troppo pochi, a fronte di interventi in continuo aumento. Ne abbiamo compiuti ben 1 milione nell’arco del 2017, 300mila in più del decennio precedente. In tutto, pronti ad intervenire siamo soltanto in 30mila, ai quali vanno aggiunti altri 2mila che hanno incarichi amministrativi e 3mila virtuali, che sono, cioè, soltanto sulla carta. Si copre il turn-over dell’anno precedente, ma non quello accumulato prima ancora. Per essere davvero efficaci, dovremmo essere dai 15 ai 20mila in più. Abbiamo inoltre bisogno di aumentare il numero dei capisquadra, figure fondamentali che hanno cinque Vigili alle loro dipendenze. Sono 5mila in tutto, mentre ce ne vorrebbero almeno 6mila. E abbiamo pochi medici, appena una quindicina in tutto. Sarebbero di grande aiuto anche gli psicologi, per le situazioni che andiamo ad affrontare nelle emergenze.

Dulcis in fondo, il trattamento economico.
Molto poco “dulcis”, in verità. Lo stipendio medio di un Vigile del fuoco è di 1200-1300 euro al mese. Quello di un poliziotto, o di un carabiniere è di 1500-1550 euro al mese. Vi sembra che sia giustificata questa sproporzione? Abbiamo forse meno impegni, meno coraggio, meno abnegazione delle altre unità di pubblica sicurezza?

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