L’Unione europea si trova oggi ad affrontare una convergenza inedita di crisi geopolitiche e strategiche: le guerre in Ucraina e Medio Oriente, la minaccia crescente dell’espansionismo autoritario, le pressioni economiche e militari derivanti dalle politiche protezionistiche degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump e l’assenza di una vera capacità difensiva autonoma. A tutto questo si aggiunge l’aumento delle spese militari richiesto ai Paesi membri, fino al 3,5-5% del Pil, un onere che nessun Paese può sostenere individualmente, salvo poche eccezioni, senza gravare sui bilanci pubblici e sulle spese sociali. Nonostante questa urgenza, manca una volontà politica condivisa tra tutti i 27 Stati membri per perseguire una strategia di difesa unitaria. Riarmare separatamente le 27 forze nazionali, condizionate da deboli meccanismi di interoperabilità e coordinamento, non garantirà la creazione di una massa critica di armamenti, strutture di difesa e personale ben equipaggiato e sotto un Comando Europeo unificato.
Il Comitato Delors, costituito nel 1988, ha portato dopo 10 mesi all’approvazione dell’Unione Economica e Monetaria e alla sua attuazione nel 1999
Prendendo spunto dalla positiva esperienza del Comitato Delors, costituito nel 1988, che ha portato, dopo 10 mesi, all’approvazione dell’Unione Economica e Monetaria e alla sua attuazione nel 1999, l’avvio di un nuovo Comitato proposto da un ristretto numero di Paesi membri potrebbe segnare un’accelerazione del processo di integrazione politica europea. Lo sviluppo di un’efficace Unione europea di difesa implica, infatti, progressi nella costruzione di una governance federale dell’Unione nel medio e lungo termine.
Il nuovo Comitato avrebbe come scopo la proposta di un piano operativo di medio e lungo periodo per la costruzione di un’industria europea della difesa
Il nuovo Comitato ha come missione prioritaria quella di proporre un piano operativo di medio e lungo periodo per la costruzione progressiva di un’industria europea della difesa, fondata sulla razionalizzazione delle produzioni, la standardizzazione dei sistemi d’arma, la condivisione delle capacità tecnologiche e industriali già esistenti, e l’utilizzo comune delle piattaforme militari. Dovrà superare gli attuali limiti dell’esperienza della “Cooperazione strutturata permanente” (PESCO – Permanent Structured Cooperation) e approfondire la cooperazione in materia di difesa tra gli Stati membri dell’Ue che risulta, oggi, troppo frammentata e incerta.
Il progetto potrebbe essere promosso da paesi con esperienze di cooperazione industriale nel settore militare, tra cui Francia, Germania, Italia e Spagna
Una simile Unione richiede però, e implica, un balzo in avanti nell’integrazione politica nel campo della politica estera, della ricerca e della tecnologia, Istituzioni efficaci, fondate su un trasferimento delle prerogative sovrane dal livello nazionale a quello europeo, in primo luogo l’abolizione del voto all’unanimità in Consiglio e dei poteri di veto degli Stati membri ad esso collegati. Questo progetto potrebbe essere promosso e coordinato da un gruppo selezionato di paesi con significative esperienze di cooperazione industriale nel settore militare, tra cui Francia, Germania, Italia, Spagna e Svezia. Man mano che la funzionalità del modello proposto diventerà più chiara e i vantaggi (ad esempio, le economie di scala derivanti dalla riduzione dei costi di produzione e dall’aumento dei volumi di beni e servizi militari prodotti dall’industria europea della difesa) diventeranno evidenti, la partecipazione potrebbe essere gradualmente estesa ad altri Stati membri.
Il riferimento alla positiva esperienza storica del Comitato Delors mette in luce alcune caratteristiche essenziali del nuovo Comitato per la realizzazione dell’Unione della Difesa. Tra queste figurano:
- Indipendenza. Il Comitato Delors ha operato in autonomia dai Governi sulla base di un mandato ampio e chiaro e dell’autorevolezza, della competenza tecnica e della visione politica dei suoi membri. All’epoca, era composto dai governatori delle banche centrali; oggi, deve fare affidamento sui decisori politici e sugli esperti di questioni strategiche e di politica estera, nonché di integrazione europea. Non dovrebbe quindi trattarsi di un meccanismo puramente intergovernativo.
- Doppia valenza tecnica e politica. Il progetto dovrà far riferimento ai diversi aspetti tecnici necessari nel campo strategico-militare, ma anche industriale, tecnologico ed infrastrutturale. Ne dovranno, inoltre, essere focalizzate le implicazioni politiche (politica estera, finanziamenti, quadro legislativo e regolamentare, le modifiche ai Trattati, ecc.). Fondamentale sarà il contributo del settore industriale e degli stakeholders privati.
- Mirato ad una avanguardia di paesi disponibili, ma aperto all’adesione successiva di tutti quelli che ne accetteranno le condizioni. Come nel caso dell’euro, dovranno essere chiaramente indicate le condizioni inderogabili per accedere all’Unione. Esse si sostanziano essenzialmente in cessioni significative di sovranità dal livello nazionale a quello europeo, implicando anzitutto il passaggio dal voto all’unanimità a quello a maggioranza qualificata.
- Progetto in più tempi e con diverse fasi. Data l’ambizione e la portata del Progetto, dovranno essere definite, secondo un preciso calendario, le diverse fasi e i tempi necessari per la sua l’implementazione.
Bisogna aumentare l’autonomia strategica dell’Europa e fare un salto in avanti nell’integrazione delle politiche, a partire da quella estera
La proposta non parte da zero. Già oggi esistono progetti multilaterali europei che dimostrano la fattibilità tecnica e politica di una maggiore integrazione: Eurofighter Typhoon, un aereo da combattimento multiruolo previsto nel programma congiunto di Germania, Italia, Spagna e Regno Unito; FCAS (Future Combat Air System), un aereo di sesta generazione promosso da Francia, Germania e Spagna ; HYDIS2, sistema antimissilistico cofinanziato da Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi. E poi, la Cooperazioni navali (FREMM, programma belga-olandese) e il Coordinamento via EDF (European Defence Fund) dal 2021 per il sostegno della ricerca e progetti congiunti (cyber, droni, capacità spaziali). Tali progetti vanno strutturati secondo una visione e un quadro istituzionale comune, fondato su una European Defence Industry Strategy (EDIS) coerente, capace di ridurre la dipendenza tecnologica dall’estero, rilanciare la ricerca e le tecnologie, attrarre talenti, aumentare l’autonomia strategica dell’Europa, e fare un salto in avanti nell’integrazione delle politiche, a partire da quella estera. Nell’immediato si dovrebbe partire da capacità operative già acquisite in diversi settori industriali, potenziare i progetti in essere, sviluppare nuove iniziative nelle tecnologie emergenti e a maggiore impatto di deterrenza, con l’obiettivo non solo di rafforzare le cooperazioni militari esistenti (in Europa e nella Nato), ma di avviare processi strategici per la difesa europea nel più lungo periodo.
Come ha dimostrato il Comitato Delors, un tavolo tecnico-politico ristretto può dare l’impulso iniziale al processo federativo europeo, cominciando dalla difesa
L’avvio di una politica industriale europea della difesa rappresenta non solo una risposta urgente alle minacce esterne, ma anche un passaggio chiave per rafforzare la coesione politica e istituzionale dell’Ue, portando a completamento i pilastri incompiuti dell’integrazione europea (Mercato unico, Moneta unica, Unione bancaria, fiscale, energetica). La difesa non è un obiettivo, ma lo strumento di una strategia politica e di sicurezza più ampia. Tale strategia dovrebbe corrispondere a una visione di politica estera a lungo termine dell’UE nei confronti dei suoi vicini e nel mondo, ispirata alle tradizioni identitarie e ai valori degli europei. Un’Unione europea della Difesa presuppone quindi una Politica Estera dell’Ue e un grado significativo di Unione Politica. Come l’esperienza del Piano Delors ha dimostrato, un Comitato tecnico-politico ristretto può dare l’impulso iniziale necessario all’avvio di un processo federativo progressivo, alimentando fiducia anche tra gli Stati membri oggi più esitanti o restii a condividere risorse e sovranità in materia di difesa europea e dando credibilità alla possibilità di preparare il terreno per la modifica dei Trattati e per l’avvio di una struttura federale di Governo dell’Unione.
*Umberto Triulzi, Coordinatore del Laboratorio Europa dell’Eurispes.
**Sergio Arzeni, ELEC – European League for Economic Cooperation.