La decisione della Corte di Giustizia Europea del 13 maggio scorso relativa alla causa fra Google, l’Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Mario Costeja González, ha sancito, per la prima volta la possibilità, per ogni cittadino appartenente all’Unione Europea di poter ottenere dai motori di ricerca la deindicizzazioni di notizie da essi riportate che siano irrilevanti o non più rilevanti.
La pronuncia della Grande Sezione della Corte se da un lato, dopo un lungo e annoso dibattito, riconosce in via astratta il cosiddetto diritto all’oblio a tutti i cittadini della Ue, dall’altro lato lascia aperte tutta una serie di problematiche inerenti la concreta applicazione del diritto in questione.
La stessa società di Mountain View, per correre ai ripari dopo la sentenza, ha predisposto un modulo compilabile online con cui i consumatori utenti possono richiedere la deindicizzazione di link ritenuti irrilevanti o non più rilevanti.
Ciò ha però destato tra i giuristi una serie di perplessità, prima fra tutte il fatto che la decisione sulla rimozione o meno del link e, quindi la tutela di un diritto personale, è affidata allo stesso motore di ricerca.
Google ha provveduto inoltre a nominare un comitato di esperti con il compito di delineare delle linee guida che bilanciassero sia il diritto all’oblio sia il diritto di cronaca o più in generale alla libera informazione.
Il lavoro del comitato ha messo in evidenza due anime contrapposte e divise tra un orientamento volto a limitare il diritto sancito dalla Corte e un altro indirizzo teso ad una corretta ed efficace applicazione della pronuncia. Le linee guida prodotte hanno però scontentato entrambe le parti lasciando sul tavolo i nodi più significativi.
Infatti, lo stesso Jimmy Wales, co-fondatore di Wikipedia e membro del comitato, scrive in appendice alla linee guida la seguente affermazione: «Sono del tutto contrario a una situazione legale in cui un’azienda commerciale è costretta a diventare il giudice dei nostri più fondamentali diritti», auspicando nello stesso tempo un intervento legislativo da parte delle Istituzioni della Ue.
La questione che ha a però acceso gli animi all’interno del comitato, così come risulta dal documento finale, è che Google tutelerà il diritto all’oblio tenendo conto dei sistemi legislativi di ogni singolo Paese appartenente alla Ue, ma non sarà tenuta a deindicizzare i risultati accessibili eseguendo la ricerca da Paesi extra Ue, in particolare dagli Stati Uniti. Insomma, per gli utenti e per il diritto alla privacy una vittoria a metà, con un sentore di amaro.
Questa decisione non consente un’effettiva tutela del diritto all’oblio, così come affermato dall’ex Ministro della giustizia tedesco, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, che ha dichiarato: «Internet è globale, quindi la protezione dei diritti degli utenti deve essere globale».
Il problema della tutela globale del diritto all’oblio si inserisce, infatti nel più ampio dibattito della tutela degli utenti della Rete tenuto conto che l’“ecosistema digitale” e la sua rapida e inarrestabile diffusione richiedono regole certe e condivise, valide in ogni paese, in ogni parte del mondo. Il Web piuttosto andrebbe considerato come un sovra-Stato, dove norme, possibilità e diritti siano le stesse per tutti.