Trasformazione e digitalizzazione del sistema finanziario: negli ultimi anni, il sistema dei pagamenti e l’organizzazione delle imprese e delle banche sono profondamente cambiati. Tra gli artefici e i protagonisti di questa transizione, che ha profondamente mutato anche le abitudini dei cittadini, c’è il Consorzio CBI, da poche settimane diventato una società consortile per azioni. Ne parliamo con Liliana Fratini Passi, Direttore Generale di CBI S.c.p.a., da oltre 20 anni impegnata in un’attività manageriale nel global transaction banking e digital innovation del sistema finanziario per imprese, P.A. e cittadini. Liliana Fratini Passi è membro del Comitato Scientifico dell’Eurispes.
Dott.ssa Liliana Fratini Passi, da pochi giorni il Consorzio Cbi, che ha ormai vent’anni di vita, è diventato una società consortile per azioni. Una trasformazione che consentirà di affrontare meglio le sfide del futuro. Ci spiega che cos’è e qual è la sua attività di Cbi S.c.p.a.?
La neo-costituita Cbi S.c.p.a., che prende il posto del Consorzio Cbi, ha una lunga storia che si inserisce nel quadro di trasformazione e digitalizzazione del sistema finanziario, come think tank di innovazione, come luogo “pre-competitivo” sui servizi transazionali, cioè quelli che implicano una transazione tra i clienti che hanno bisogno di effettuare un pagamento e la banca. Il settore dei pagamenti ha dietro di sé un mondo di regole, perché bisogna garantire sicurezza delle infrastrutture e raggiungibilità. Oggi necessitiamo di infrastrutture che siano nativamente inter-operabili, che mettano in collegamento numerosi soggetti e player, quindi sia clienti che intermediari. Il Consorzio nasce sotto l’egida dell’Abi. Nel 2001 viene costituita l’Associazione, nel 2008 avviene la trasformazione in Consorzio e questo percorso si completa ora con la societarizzazione. Il Consorzio Cbi è diventato, lo scorso 26 giugno, una società di capitali, in particolare una società consortile per azioni: la governance acquisirà un ulteriore rafforzamento perché, nel mantenere l’assetto consortile, la nuova struttura giuridica consentirà di affrontare in maniera più organizzata, e con maggiori mezzi finanziari, le sfide del futuro. Insomma, saremo un po’ più “corazzati” dal punto di vista degli investimenti.
Quanti sono i soggetti che aderiscono a Cbi S.c.p.a.?
Aderiscono 420 intermediari finanziari: banche, istituti di moneta elettronica, Poste italiane, tutti quei principali soggetti che operano nel mercato dei pagamenti.
I servizi di Cbi hanno rivoluzionato il mondo dei pagamenti e cambiato l’organizzazione delle imprese e delle banche. Come è stato possibile realizzare questo cambiamento?
Questa struttura in vent’anni ha davvero realizzato le prime forme di innovazione collaborativa nei sistemi di customer to bank, consentendo, attraverso i servizi di corporate banking interbancario, di abilitare circa 3 milioni di imprese italiane a compiere attività di tesoreria, e cioè pagamenti, incassi e informative, direttamente in azienda, senza recarsi più fisicamente allo sportello delle banche. Il Cbi è uno strumento divenuto una vera attività di supporto per le aziende. Oggi, attraverso il Cbi, le banche consentono alle imprese di canalizzare pagamenti e incassi presso tutte le altre banche dove l’azienda ha conti correnti, senza avere tanti fili.
Nello stesso tempo, sono profondamente cambiate anche le abitudini dei cittadini. È una materia, quella della digitalizzazione bancaria, che richiede conoscenza, ma che oggi è stata “volgarizzata”, nel senso positivo del termine, grazie alla diffusione dei nuovi strumenti, delle tecnologie e delle App. Il tasso di conoscenza è molto più veloce rispetto a prima: in assenza di paradigmi tecnologici e digitali, la diffusione di alcuni elementi era molto più lenta e molto più “dall’alto verso il basso”. Il ruolo delle Istituzioni, che promuovono strumenti innovativi e disegnano il quadro entro il quale si devono inserire, c’è sempre; ma è anche vero che oggi, se c’è una cosa che funziona, decolla da sola. Il passaparola, il rumors digitale, la viralità di alcuni servizi, se funzionanti, è incredibilmente veloce e il livello di diffusione è impensabile rispetto a qualsiasi altro strumento di comunicazione.
C’è, però, da dire che l’Italia è quartultima in Europa per competenze digitali (Rapporto Desi); che solamente il 57% dei cittadini possiede competenze digitali di base; che l’86,9% delle imprese non utilizza tecnologie 4.0. Il nostro Paese è al 22esimo posto su 28 in Europa per gli sforzi fatti nell’attuazione della propria Agenda Digitale. Insomma, non c’è moltissimo da gioire.
È vero, non possiamo negare che le competenze digitali siano profondamente legate a un cambio generazionale, e l’innesto di nuove risorse è un percorso molto lungo. Sarà altresì necessario accrescere la cultura del digitale, partendo dallo sviluppo e dal rafforzamento nell’utilizzo dei pagamenti digitali, anche incentivato con normative ad hoc.
Per quanto riguarda le imprese, c’è da rilevare che in Italia, la stragrande maggioranza sono micro-imprese che soffrono di “nanismo” e con minore capacità di investimento in innovazione. Sarebbe, peraltro, opportuno investire come Sistema Paese in infrastrutture a supporto: se si considera che in Italia molte zone non sono coperte da collegamenti Internet ad alta performance, queste zone sono escluse dalla possibilità di usare strumenti digitali.
Il nuovo acronimo della rivoluzione digitale si chiama Psd2: ci spiega di che cosa si tratta?
Il nostro ordinamento giuridico ha recepito una direttiva europea importante (Direttiva 2015/2366/UE), nota come Psd2, e ha gettato le basi per un quadro regolamentare innovativo europeo, rispetto al quale le imprese destinatarie si sono organizzate. Questa normativa ha posto il cliente al centro delle tutele, ribadendo un principio fondamentale, secondo il quale il cliente è il titolare delle informazioni possedute dalla propria banca, cioè quella che gestisce i suoi conti correnti. La norma ha sancito, per la prima volta, un principio interessante: le informazioni connesse a un conto corrente di un cliente non sono della banca ma sono del cliente; ha stabilito, poi, che queste informazioni possono essere rese a “soggetti terzi”, diversi dalle banche, purché il cliente autorizzi questo percorso. È stato, inoltre, sancito un livellamento tra operatori tradizionali e nuovi operatori e, soprattutto, la direttiva ha introdotto una segmentazione della filiera del pagamento, per cui, alla banca tradizionale, si affiancano altri soggetti definiti “prestatori di servizi di pagamento”, quali canalizzatori di pagamenti o richiedenti informazione di conti correnti di clienti a cui hanno fornito dei servizi; si è aperto, quindi, un nuovo mondo tra nuovi soggetti entranti e soggetti già presenti sul mercato.
Cbi S.c.p.a., proprio perché partecipato principalmente da banche, ha promosso una riflessione per cercare di capire quale potesse essere il proprio ruolo e quello delle banche aderenti, alla luce della nuova direttiva. Dopo un piano strategico, siamo arrivati all’ideazione di un progetto e al lancio, avvenuto lo scorso settembre, del servizio Cbi Globe – Global Open Banking Ecosystem: una piattaforma di open banking multioperatore, di collegamento tra le banche che gestiscono i conti correnti dei clienti e le “parti terze”.
Quali sono i “soggetti terzi” che vengono coinvolti in questo meccanismo?
Si chiamano “prestatori di servizi di pagamento” e sono di tre categorie.
Si tratta di soggetti che svolgono: attività di canalizzazione di pagamento, i Pisp (Payment Initiation Service Providers); poi ci sono gli “aggregatori” di informazioni di conto (Aisp, Account Information Services Providers) e gli “aggregatori” per il settore “carte” (Cisp, Card Issuer Service Provider).
Si tratta di un mondo che deve dialogare, tecnicamente e digitalmente: la nostra idea è stata quella di costruire un collegamento attraverso una piattaforma che semplifica e razionalizza il colloquio tra i vari soggetti, anche a livello internazionale. Da una parte il destinatario dell’obbligo, dall’altra i Pisp, Aisp e Cisp.
È una piattaforma trasparente: non siamo un servizio della banca ma un facilitatore dei servizi che la banca/terza parte devono rendere a un cittadino.
La piattaforma segue lo stesso crono-programma di adeguamento imposto dai regular technical standards previsti dall’European Banking Authority.
Che risposta c’è stata nel mercato bancario?
Hanno già aderito alla piattaforma 300 banche, ovvero l’80% del mercato bancario italiano.
Cbi S.c.p.a. sta supportando le banche che hanno scelto la piattaforma, anche rispetto alle esigenze di controllo dell’Autorità di Vigilanza; stiamo affiancando le banche in un processo di comunicazione, perché le banche hanno l’obbligo di comunicare le modalità con cui saranno raggiungibili dalle terze parti.
Dal 14 marzo, la piattaforma è in fase di test, dal 1 giugno siamo andati on line, e stiamo registrando le prime richieste di canalizzazione di pagamento e le richieste di informazioni da Cisp, Aisp e Pisp.
Il rilascio del servizio on line di open banking avviene, quindi, tre mesi prima rispetto all’obbligo della legge, previsto per il 14 settembre prossimo. Abbiamo anticipato i tempi per consentire alle banche di essere pronte molto prima e di sviluppare un’azione preventiva di comunicazione.
Stiamo, inoltre, già lavorando per sviluppare servizi a valore aggiunto, affinché le banche possano, su richiesta di soggetti diversi, costruire altri servizi e quindi valorizzare e monetizzare i dati.
Dott.ssa Fratini Passi, lei è una donna, giovane e ai vertici di una struttura inserita in un settore che, nell’immaginario comune, “appartiene” al genere maschile. La sua esperienza è un’eccezione, un caso isolato di successo o si può sperare che, un domani, diventi normalità?
Non ho mai pensato che la diversità di genere possa essere, nel quotidiano, un vantaggio o uno svantaggio, e non mi sono mai sentita discriminata nell’essere donna. In generale, credo fortemente nell’impegno costante, mantenendosi sempre focalizzati sull’obiettivo. Credo, inoltre, che i molti traguardi raggiunti in questi anni siano stati possibili grazie al lavoro di squadra. È indubbio che una donna possa avere maggiori complessità di gestione del quotidiano: personalmente lo sperimento con tre figli. La formula magica non esiste; esistono, senz’altro, la costanza e la tenacia nel guardare avanti e immaginare di fare sempre meglio. Per quanto riguarda il mio carattere, posso dire che Liliana Fratini Passi ama le sfide.