L’evoluzione normativa italiana ha progressivamente delineato un sistema integrato di gestione del rischio legale, nel quale il D.Lgs. 231/2001 si erge quale architrave concettuale e operativo. Questo paradigma non si limita alla mera osservanza di prescrizioni formali: esso assume piuttosto la valenza di strumento strategico, capace di trasformare la compliance in custode attiva del patrimonio aziendale e in garante della credibilità istituzionale dell’ente. La responsabilità amministrativa da reato, infatti, non è un vincolo da rispettare, ma un’occasione per implementare una governance preventiva che riduca sin dall’origine la probabilità di esposizione patrimoniale e di danno reputazionale.
L’architettura preventiva delineata dai modelli organizzativi 231 trova naturale riverbero nei procedimenti di prevenzione patrimoniale: il presidio interno dell’ente, esercitato attraverso protocolli, obblighi informativi e sistemi disciplinari, si intreccia con l’azione esterna dello Stato, finalizzata a sottrarre beni potenzialmente vulnerabili a condotte illecite. In tale sinergia, la tutela del patrimonio non si limita a funzione difensiva, ma si configura come leva di governance strategica e di consolidamento dell’economia legale, generando un doppio presidio dell’integrità economica.
I beni sottoposti a provvedimenti di prevenzione patrimoniale tra il 2020 e il 2024 sono complessivamente 49.125, di cui 26.660 sottoposti a confisca
È in questo continuum operativo che assume centralità la Banca dati centrale del Ministero della Giustizia[1], il cui ruolo di archivio sistematico dei beni sottoposti a provvedimenti di prevenzione patrimoniale consente di monitorare, con rigore e continuità, il ciclo completo dei beni – dal sequestro alla confisca – e di offrire un quadro aggiornato e affidabile per l’attività giudiziaria. Secondo la Relazione semestrale al Parlamento aggiornata al 31 dicembre 2024, i beni registrati nella Bdc relativi al periodo 1° gennaio 2020 – 31 dicembre 2024 ammontano complessivamente a 49.125, di cui 26.660 sottoposti a confisca, pari al 32,7% del totale dei beni oggetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria. La distribuzione territoriale evidenzia una forte concentrazione nelle regioni meridionali e insulari, senza tuttavia trascurare la rilevanza dei procedimenti avviati nelle aree settentrionali, a testimonianza della diffusione nazionale del fenomeno (Ministero della Giustizia, Relazione semestrale 2° semestre 2024, tabella 2.2).
La compliance ex 231 vuole armonizzare la salvaguardia del patrimonio dell’ente con la protezione dell’economia legale e con la valorizzazione della responsabilità sociale
In questo contesto, l’intreccio tra compliance aziendale e misure di prevenzione patrimoniale non si limita a una sovrapposizione di strumenti normativi, ma dà vita a un vero e proprio sistema sinergico di governance preventiva. La compliance ex 231, supportata dall’azione degli organi statali, diviene così elemento attivo di tutela strategica, capace di armonizzare la salvaguardia del patrimonio dell’ente con la protezione dell’economia legale e con la valorizzazione della responsabilità sociale. In tale prospettiva, la gestione dei rischi legali si eleva a funzione sistemica, in cui l’adempimento normativo si trasforma in leva concreta di stabilità economica, reputazionale e istituzionale, conferendo al modello di compliance una pregnanza operativa che travalica il singolo assetto organizzativo per investire l’intero tessuto imprenditoriale nazionale.
Dalla prevenzione patrimoniale alla responsabilità organizzativa: il ruolo strategico del modello 231
L’analisi empirica dei procedimenti di prevenzione patrimoniale evidenzia come la protezione del patrimonio, perseguita dallo Stato attraverso la sottrazione di beni e risorse alle condotte illecite, trovi un naturale corrispettivo nell’ordinamento interno dell’impresa, ove il modello organizzativo 231 funge da strumento di esimente e presidio preventivo, consentendo all’ente di dimostrare, ex ante, l’adozione di misure idonee a neutralizzare i rischi di illecito e a salvaguardare l’integrità economica e reputazionale della propria struttura. Lo scrutinio dei procedimenti di prevenzione patrimoniale, come attestano con rigore i dati ufficiali della Banca dati centrale del Ministero della Giustizia, svela la funzione cruciale della tutela patrimoniale quale leva di policy pubblica: un autentico presidio istituzionale volto a sottrarre risorse e beni alle trame illecite, mentre al contempo si salvaguarda l’integrità, la coesione e la resilienza del tessuto economico e sociale della nazione.
La compliance come strumento preventivo assume una valenza strategica nella gestione dei rischi aziendali
Questa dimensione preventiva esterna, perseguita dallo Stato mediante il sequestro e la confisca dei beni, trova un naturale corrispettivo all’interno dell’organizzazione aziendale, dove il modello 231/2001 si configura come strumento liberante e presidio anticipatorio dei rischi, consentendo all’ente di dimostrare l’adozione di misure idonee a prevenire la commissione di reati e a salvaguardare la propria integrità economica e reputazionale. In tale contesto il sistema delle esimenti previsto dall’art. 6 D.Lgs. 231/2001 delinea un meccanismo di protezione patrimoniale che trascende la mera funzione esoneratrice per assumere valenza strategica nella gestione dei rischi aziendali. L’adozione e l’efficace attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi costituisce il presupposto fondamentale per l’esclusione della responsabilità amministrativa dell’ente, con conseguente protezione del patrimonio aziendale dalle sanzioni pecuniarie e interdittive previste dal sistema normativo.
La struttura bifasica del sistema di responsabilità, articolata tra soggetti apicali e soggetti sottoposti all’altrui direzione, richiede approcci differenziati ma convergenti
La struttura bifasica del sistema di responsabilità, articolata tra soggetti apicali e soggetti sottoposti all’altrui direzione, richiede approcci differenziati ma convergenti verso l’obiettivo della prevenzione efficace. Per i soggetti apicali, il modello deve dimostrare la propria idoneità preventiva attraverso l’implementazione di protocolli specifici, la definizione di modalità di gestione delle risorse finanziarie, l’istituzione di obblighi informativi verso l’organismo di vigilanza e l’introduzione di un sistema disciplinare efficace. Per i soggetti sottoposti, l’esclusione della responsabilità si fonda sulla dimostrazione che la commissione del reato non è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza. L’organismo di vigilanza rappresenta il fulcro operativo del sistema di controllo interno, dovendo godere di autonomia rispetto agli organi controllati quale presupposto necessario per l’esercizio di reali poteri di iniziativa e controllo. Tale autonomia non può tuttavia tradursi in poteri gestori, dovendo l’organismo mantenere una funzione di supervisione e controllo senza interferire nell’operatività aziendale. La normativa prevede, inoltre, che nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possano svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza, evidenziando l’integrazione del sistema 231 con le strutture di governance societaria.
I reati presupposto e la centralità patrimoniale delle misure preventive
L’analisi del catalogo dei reati presupposto, alla luce del D.Lgs. 231/2001, svela la vastità di un orizzonte normativo in cui la prevenzione patrimoniale si erge a strumento imprescindibile di tutela economica e reputazionale dell’ente. Le sanzioni pecuniarie, calibrate attraverso il complesso meccanismo delle quote, non rappresentano meri strumenti punitivi, ma autentiche leve di governance, ponderate in ragione della gravità dell’illecito, dell’entità del profitto o del danno prodotto, della responsabilità dell’ente e dell’effettiva implementazione di modelli organizzativi volti a impedire la reiterazione del reato. A queste si affiancano le sanzioni interdittive, destinatarie di una funzione eminentemente preventiva e protettiva del patrimonio: dal divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione alla sospensione temporanea di licenze operative, la loro applicazione si modula con attenzione alle circostanze concrete, così da neutralizzare comportamenti lesivi senza compromettere la continuità dell’attività economica legittima.
Il catalogo dei reati presupposto abbraccia un ampio ventaglio di fattispecie: reati contro la PA, reati societari, riciclaggio e autoriciclaggio
Il catalogo dei reati presupposto abbraccia un ampio ventaglio di fattispecie: reati contro la Pubblica Amministrazione – tra cui corruzione, concussione, peculato e indebita percezione di erogazioni pubbliche – reati societari, quali false comunicazioni sociali, frodi e abuso di mercato, nonché reati di riciclaggio e autoriciclaggio, fino a quelli connessi alla sicurezza sul lavoro, alla tutela ambientale e alla criminalità informatica. In ciascun caso, la legge non impone un numero rigido di quote, bensì un intervallo flessibile, affidando al giudice il compito di valutare, con criterio proporzionale, l’impatto patrimoniale dell’illecito. In questa prospettiva, la compenetrazione del D.Lgs. 231/2001 con la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro (ex art. 30 D.Lgs. 81/2008) conferisce alla prevenzione patrimoniale una dimensione interdisciplinare: non si tratta soltanto di evitare illeciti, ma di salvaguardare l’integrità complessiva dell’ente, tutelando le risorse economiche, la reputazione istituzionale e la sicurezza dei lavoratori.
La compliance si erge a baluardo della continuità operativa e a strumento insostituibile di politica economica orientata alla legalità
La compliance, così intesa, si erge a baluardo della continuità operativa, ad architrave della governance preventiva e a strumento insostituibile di politica economica orientata alla legalità, dimostrando come la tutela patrimoniale possa, in concreto, coincidere con la difesa stessa del tessuto sociale ed economico nazionale. In tale prospettiva, l’adozione dei modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001 non si limita a costituire un presidio interno di responsabilità e controllo, ma si intreccia in un dialogo virtuoso con le misure di prevenzione patrimoniale dello Stato. Come le mura solide di una fortezza proteggono il cuore pulsante dell’impresa, così le interdittive, i sequestri e le confische costituiscono le sentinelle esterne che difendono l’economia legale dalle infiltrazioni criminali, creando un continuum protettivo che unisce responsabilità interna e vigilanza pubblica in un’unica trama di tutela patrimoniale e sociale.
[1] Ministero della Giustizia Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale degli Affari Interni – Relazione semestrale al Parlamento sui beni sequestrati e confiscati – Consistenza, destinazione ed utilizzo, stato dei procedimenti di sequestro o confisca ex art. 49 D. Lgs. 159/2011 – Secondo semestre 2024.

