Relazione Semestrale DIA, la mafia si insinua anche grazie ai traffici di droga e di armi

Relazione DIA

È stata resa pubblica oggi la Relazione Semestrale DIA sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre del 2023. L’analisi del fenomeno criminale realizzata della DIA conferma come le organizzazioni mafiose, da tempo avviate ad un processo di adattamento ai diversi contesti socio-economici ed alla penetrazione dei settori imprenditoriali, abbiano sostituito l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive. Questo cambiamento nella gestione delle relazioni con l’esterno è dimostrato, da un lato, dalle numerose indagini condotte sull’accaparramento di appalti e servizi pubblici e, dall’altro, dagli omicidi commessi in contesti di mafia, soprattutto nel territorio campano e pugliese, e i sequestri di armi effettuati anche in questo semestre. Questo cambiamento di strategia relazionale permette alle mafie di insinuarsi in contesti “sani” imprenditoriali allo scopo di cercare sbocchi per investire capitali illegali in attività legali. L’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali, che con sempre maggiore frequenza utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social.

Relazione DIA in numeri, confiscati beni per 120 milioni di euro

Nei primi sei mesi del 2023, l’attività preventiva della DIA ha portato al sequestro di beni per oltre 29 milioni di euro e della confisca di beni per oltre 120 milioni. La DIA, nel semestre considerato, ha inoltre concluso 13 attività investigative (delle quali 3 relative a Cosa nostra, 4 di ‘ndrangheta, 2 di camorra, 3 di altre organizzazioni criminali, 1 di criminalità organizzata straniera) ed eseguito 63 provvedimenti restrittivi della libertà personale. Inoltre, nel periodo in esame sono pervenute 46 proposte di adozione del provvedimento di sospensione di operazioni sospette, laddove una ha portato ad un sequestro di 250 mila euro alla camorra. Allo stato, sono in corso 295 attività di polizia giudiziaria, di cui 77 operazioni denominate e 218 indagini relative ad accertamenti investigativi connessi a procedimenti penali. Di queste ne sono state avviate 32 nel corso del semestre.

Sequestri di armi, i conflitti semplificano i traffici anche nel nostro Paese

Un dato rilevante e trasversale che emerge dalla Relazione DIA del primo semestre 2023 è sicuramente costituito dai cospicui sequestri di armi, anche da guerra (fucili d’assalto Kalashnikov AK47 e Heckler & Koch G3, bazooka e granate MK2), operati dalle Forze di Polizia nei confronti di tutte le consorterie criminali organizzate. Le evidenze investigative hanno portato alla luce, ad esempio, un episodio in cui un gruppo ‘ndranghetista aveva offerto un container di armi da guerra a un’organizzazione paramilitare brasiliana che, in cambio, avrebbe spedito ingenti quantità di stupefacenti presso il porto di Reggio Calabria. La guerra russo-ucraina, in questo contesto, favorisce il traffico di armi da guerra da quel territorio verso i confini nazionali. La disponibilità di armi da parte delle associazioni mafiose presenta manifestazioni differenti a seconda dei territori. Nel caso delle mafie pugliesi, l’utilizzo delle armi, anche da guerra, è strumentale ad attività particolarmente diffuse in quelle zone come gli assalti ai portavalori, le rapine agli autotrasportatori, assalti ai caveaux, estorsioni. Nel caso della camorra, invece, sembra registrarsi un crescendo nella corsa agli armamenti da parte dei clan “satelliti” di quelli dominanti, che non pare sempre trovare giustificazione in faide e contrapposizioni armate. Si tratta spesso di gruppi e cani sciolti, in molti casi di giovanissima età, che girano armati per presidiare il territorio, mostrandosi pronti a fare fuoco in ogni momento, secondo le connotazioni tipiche del “gangsterismo urbano”. Nel contesto campano, secondo il Rapporto Dia, il possesso di armi ha dunque un valore più simbolico che funzionale, teso ad ostentare la forza e la capacità militare dei clan.

Il traffico di stupefacenti resta l’attività principale di profitto per i clan

Dagli esiti delle indagini concluse nel semestre emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, al livello transnazionale, continui ad essere il traffico di sostanze stupefacenti, a volte gestito mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web soprattutto nella fase dello smercio. Questo aspetto di “internazionalizzazione” si manifesta a tutti i livelli, anche nell’attività di cessione al minuto, in qualche caso affidata a manovalanza straniera per compiti meramente “esecutivi”. A livello strategico, questa propensione internazionale dei sodalizi si concretizza nella capacità di stringere rapporti con i maggiori narcotrafficanti stranieri per attivare nuovi canali di approvvigionamento dei carichi di stupefacenti. Il narcotraffico è il settore criminale che costituisce la spina dorsale dell’azione mafiosa che, secondo un recente rapporto pubblicato dalla multinazionale americana dei servizi finanziari Nasdaq, è di gran lunga la forma di crimine che nel mondo contribuisce in maggior misura ad alimentare i flussi finanziari illeciti globali e il riciclaggio di denaro sporco (oltre 780 miliardi di dollari su un totale di 3.100 miliardi di dollari, una cifra vicina all’intero debito pubblico italiano, che nel 2025 si prevede raggiungerà i 3mila miliari di euro). Nei traffici di droga Cosa nostra è tra le organizzazioni mafiose più potenti, e mantiene aperto un canale preferenziale di negoziazione con le ‘ndrine calabresi, soprattutto per l’acquisto di cocaina.

Secondo Europol, l’80% delle organizzazioni criminali attive in Europa utilizza le imprese nelle loro attività illecite

Non sono mancati, sebbene limitati a precise aree del meridione, anche nel semestre in rassegna i provvedimenti di scioglimento per infiltrazione mafiosa di 3 amministrazioni comunali in Sicilia, 2 in Calabria e 1 in Puglia, a dimostrazione di come sia ancora il contesto territoriale del meridione ad essere maggiormente permeabile. Si evidenzia inoltre che, dal 1991 al 2023, sono stati sciolti 379 consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso. A questi si aggiungono 7 aziende ospedaliere (cinque in Calabria e due in Campania). La regione col maggior numero di consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa è la Calabria (130 Comuni), seguita da Campania (115), Sicilia (93) e Puglia (26 ). Abbiamo poi Lazio (4); Piemonte (3); Liguria (3); Basilicata (2); Lombardia, Emilia Romagna e Valle d’Aosta (1). Ma per comprendere la criminalità organizzata bisogna studiarne anche le manifestazioni affaristico-imprenditoriali. Secondo uno degli ultimi rapporti di Europol, l’80% delle organizzazioni criminali attive in Europa utilizza le imprese nelle loro attività illecite. Anche per le mafie italiane le imprese consentono di infiltrarsi negli appalti, influenzare mercato e pubblica amministrazione, creare consenso sociale, riciclare o muovere fondi illeciti. Le aree geografiche interessate vanno dal Sud al Nord, in ragione della “redditività” e “recettività” del territorio settentrionale, particolarmente promettente sia per il compimento di questi nuovi business criminali, sia per lo svolgimento di attività di riciclaggio, grazie anche alla connivenza di professionisti e imprenditori senza scrupoli. Le province del Nord sono anche quelle con la più intensa attività anti-riciclaggio, secondo le ultime statistiche delle segnalazioni sospette diffuse dall’UIF (43% totale).

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