Nella la rubrica “Metafore per l’Italia”, pubblichiamo un altra riflessione del Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, contenuta nel nuovo libro L’Italia del “Nì” (Minerva Edizioni).
Tutti i principali analisti segnalano da anni l’assenza di una classe dirigente in grado di guidare i destini del Paese. Le élites, o quel poco che ne resta, sembrano più interessate a salvaguardare ruoli e rendite piuttosto che a dedicarsi all’interesse generale. Manca una carta nautica aggiornata e il navigante è costretto a tracciare la rotta giorno per giorno. La metafora vale tanto per i cittadini e le imprese quanto per la classe dirigente nel complesso: «Domani è un altro giorno, si vedrà», recitava una canzone di Ornella Vanoni degli anni Settanta, mutuando la frase di Rossella O’Hara in Via col vento.
La proiezione massima sul fronte economico e finanziario non supera i tre anni e per le società quotate in Borsa i programmi e i risultati si verificano a tre mesi. È caduta la cultura della programmazione, così come si è persa quella dell’analisi preventiva dei costi e dei benefici che dovrebbero accompagnare le decisioni pubbliche. Le grandi questioni che attraversano la vita del Paese sono affrontate con la superficialità e con l’improvvisazione dettate dai tempi della comunicazione.
Ogni argomento, anche se di grande rilevanza, viene affidato a uno spot, uno slogan, un tweet. Il confronto tra idee e posizioni diverse è considerato una perdita di tempo. E anche i luoghi istituzionalmente a ciò deputati sono quotidianamente delegittimati dalla pretesa di trasferire al popolo il potere di decidere. I corpi intermedi, che hanno dato un sostanziale contributo alla crescita culturale ed economica del Paese, sono considerati alla stregua di anticaglie da mercatino dell’usato. Il dibattito pubblico risulta immiserito a causa del declino della cultura dell’ascolto, del rispetto dell’altro da sé e dalla mancanza di una idea di comunità e di un senso stesso dello Stato. (2019)