Dossier Statistico Immigrazione 2020, minori stranieri in Italia: i senza patria

Il 28 ottobre prossimo, attraverso varie piattaforme on line (dalle 10,30 in diretta sul sito e pagina Facebook di Idos e Confronti), sarà presentato il Dossier Statistico Immigrazione 2020, redatto dal Centro Studi e Ricerche Idos, in collaborazione con il Centro Studi Confronti. Si tratta di un appuntamento importante e di rilievo nazionale, al quale parteciperà con una relazione anche il sociologo dell’Eurispes, Marco Omizzolo, quale occasione per riflettere sulle migrazioni in Italia in una fase assai delicata per il Paese, alla luce della pandemia in corso, delle varie nuove articolazioni del fenomeno in esame e dei provvedimenti legislativi e procedurali promossi dal Governo.

Anticipiamo, in attesa della pubblicazione finale, alcune considerazioni e rilievi avanzati dal Dossier Immigrazione quale contributo alla riflessione generale sul tema, troppo spesso, come l’Eurispes ha più volte messo in evidenza, inquinato da tesi, approcci e retoriche fuorvianti e pericolose.

Aumenta il numero dei migranti in Italia

Paese di immigrazione da quasi cinquant’anni, l’Italia, secondo Idos, registra un continuo aumento di nuovi cittadini di origine straniera: più di 1 milione dal 2012. Un numero superiore a quello già rilevante evidenziato dal Censimento del 2011, che ne registrava oltre 670mila.

Eppure, secondo il Dossier Idos, a causa di una legislazione che guarda prevalentemente al passato, diventare italiano per chi nasce e si forma nel nostro Paese o ci vive da molto tempo è più difficile che per i discendenti di emigrati italiani nati all’estero e che lì risiedono (spesso) stabilmente: nell’insieme oltre 2,3 milioni di persone che rappresentano un ulteriore, importante, tassello del profilo sempre più plurale della comunità nazionale.

Crescono anche le richieste di cittadinanza

Su base annua, il numero più alto di acquisizioni di cittadinanza da parte di stranieri residenti in Italia si è toccato nel 2016, quando se ne contarono più di 201mila. E dopo la flessione registrata tra il 2017 (147mila) e il 2018 (112.500), nel 2019 il loro numero è risultato di nuovo in aumento: 127mila (+12,9%), pari a 24 ogni mille stranieri residenti.

Un fenomeno destinato a crescere, seppure non in maniera necessariamente lineare, che coincide con quel processo di progressiva inclusione che caratterizza tutti i movimenti migratori; e ben più rilevante, sul piano numerico, di altri aspetti costantemente al centro del dibattito pubblico (gli “sbarchi”, ad esempio, tra il 2018 e la metà del 2020 hanno coinvolto appena 45mila persone).

A conferma di percorsi di radicamento e stabilizzazione avanzati e di una popolazione immigrata composta prevalentemente da famiglie, è elevato tra le acquisizioni degli stranieri residenti il peso dei giovani che diventano a tutti gli effetti cittadini italiani (per trasmissione da parte dei genitori o, per i nati in Italia, al compimento del diciottesimo anno di età): quasi 357mila nel periodo 2012-2018, il 38,2% del totale.

Senza cittadinanza, figli minori restano esclusi dal processo di integrazione

Un numero importante, ma da cui restano esclusi numerosi minori figli di cittadini stranieri, ma nati in Italia e che in Italia svolgono il loro percorso di vita, di formazione e di socializzazione, non avendo alle spalle alcuna personale esperienza di migrazione. Un’indicazione in questo senso viene dai dati sulla scuola, dove quasi i due terzi di tutti gli studenti di cittadinanza straniera sono nati in Italia: il 64,5% (ma il 75,3% nella scuola primaria e l’85,3% in quella dell’infanzia), mentre i dati demografici attestano quasi 570mila “nascite straniere” nel Paese nel periodo 2012-2019 (di cui 63mila nell’ultimo anno, il 15% di tutte le nascite).

Allo stesso tempo, è notevole tra i “nuovi cittadini” il numero di chi, al contrario, vanta un’ascendenza italiana, ma la cui eventuale presenza in Italia o esperienza del Paese restano necessariamente legate a una migrazione: è il caso dei discendenti degli emigrati italiani, anche del passato, nati all’estero ma nel diritto di acquisire iure sanguinis la cittadinanza del nostro Paese. Nel 2019, sono state 9mila le acquisizioni di cittadinanza per discendenza da avo italiano e 91mila gli italiani nati all’estero da nostri concittadini lì residenti.

Basta un antenato per essere italiano

Un quadro, quello descritto dai dati, che rispecchia un impianto legislativo ancorato più al passato dell’Italia, quale “grande paese di emigrazione”, che al suo presente di “importante paese di immigrazione”. Basti solo considerare che l’attuale legge sulla cittadinanza, oltre a essere imperniata sullo ius sanguinis, non prevede alcuno sbarramento nel risalimento delle ascendenze, per cui uno straniero, che possa vantare avi della Penisola persino precedenti all’Unità d’Italia, può acquisire la cittadinanza italiana più facilmente di uno straniero che, pur nato e cresciuto in Italia, non possa dimostrare tali ascendenze. Si tratta di un meccanismo evidentemente sganciato dalle dinamiche demografiche e sociali che oggi caratterizzano il Paese e che spesso finisce per agire come un vettore di esclusione, in particolare nel caso delle così dette “seconde generazioni”: componente crescente e integrante della comunità nazionale, ma ancora in cerca di riconoscimento.

 

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