Nella rubrica “Metafore per l’Italia”, pubblichiamo un’altra riflessione del Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, contenuta nel nuovo libro L’Italia del “Nì” (Minerva Edizioni).
«Il problema dell’immigrazione rappresenterà il banco di prova della tenuta dell’Unione europea e della stessa relazione fra “Sistema” e “Paese”. Quanto accaduto di recente nei confini orientali dell’Unione, con la politica dei muri e del filo spinato, rimanda la memoria a epoche e avvenimenti dolorosi, così come preoccupa la crescita dei movimenti neonazisti e neofascisti anche nel nostro Paese. Tutto sembra complottare contro le conquiste faticosamente raggiunte. L’etica della responsabilità dovrebbe condurci a un diverso e più lungimirante approccio su questo tema, che non solo anima la cronaca politica italiana, ma rischia di diventare un elemento di ulteriore divisione all’interno di un Paese come il nostro, da sempre incline alla cultura delle fazioni. Ma, soprattutto, ciò che preoccupa è che il problema dell’immigrazione rischia di mettere in crisi la tenuta stessa dell’idea di Europa poiché fenomeno strumentalizzato dai movimenti populisti e da quelli dell’estrema destra. Descrivere con dosi sempre più massicce di allarmismo ‒ così come fanno alcune forze politiche, i problemi posti dall’afflusso di immigrati e rifugiati ‒ non solo non contribuisce alla soluzione di un problema epocale, ma rischia di creare pericolose tensioni all’interno di un corpo sociale già provato da dieci anni di crisi economica. Sarebbe pressoché impossibile riassumere le innumerevoli tappe di un dibattito che si protrae da parecchi decenni con alterne vicende. Ciò che ragionevolmente si può fare è cercare di aggiungere qualche considerazione di buon senso a una discussione che si alimenta soprattutto di luoghi comuni spesso di scarsa conoscenza, di una insufficiente cultura civica e, perché no, della incapacità di riconoscere e quindi tutelare gli interessi propri e quelli del Paese nel complesso. Purtroppo, troppo poco si è fatto nel corso degli anni per informare e preparare l’opinione pubblica a confrontarsi e convivere con un fenomeno che già da più di trenta anni si capiva che sarebbe stato epocale. I veri problemi hanno cominciato a manifestarsi con l’arrivo di nuove schiere di immigrati provenienti dal bacino del Mediterraneo a seguito delle cosiddette “primavere arabe” e a seguito di guerre che hanno insanguinato Iraq, Siria, e di quelli sempre più consistenti provenienti dai Paesi dell’Africa centrale. I primi fuggivano da guerre civili e da altre situazioni altrettanto gravi, i secondi da condizioni di sottosviluppo, miseria ed eccidi tribali. Su questo fronte il nostro Paese ha svolto un ruolo ammirevole, riconosciuto a livello internazionale, sopperendo, tra l’altro, allo scarso impegno dell’Unione europea. A seguito dell’ultima ondata di arrivi si è scatenata la reazione delle componenti più retrive della politica e della società italiana. Stabilendo per gli immigrati islamici, l’equazione Islam=terrorismo ed esaltando, per quelli provenienti dall’Africa centrale, una “invasione nera” che avrebbe messo in discussione il nostro ordine sociale, e perché no, la stessa sopravvivenza della presunta razza italica». (2018)