Europee 2019, l’Europa vista dalla Russia. “Il rafforzamento dei sovranisti è opportunità di dialogo”

Le imminenti elezioni per il Parlamento europeo sono chiaramente un riflesso di una tendenza più profonda che si sta sviluppando nell’Ue. Oggi, all’interno dell’Unione europea, è in corso un complesso processo di ripensamento dell’equilibrio tra sovranità nazionale e sovranazionale.
La Russia sta osservando da vicino come i diversi gruppi di paesi dell’Unione affronti la questione dell’integrazione sopranazionale. In particolare, vediamo che il tandem franco-tedesco propone nuove iniziative riguardo l’approfondimento dell’integrazione europea: nell’ambito dell’integrazione economica e del rafforzamento della competitività globale della Ue; nello sviluppo dell’attivismo Ue nell’arena internazionale e nel rafforzamento della capacità di difesa dell’Unione (specialmente nel contesto delle pratiche decisionali “sovraniste” di Donald Trump in politica estera); nella sfera sociale, comprese le questioni della responsabilità comune sul destino dei rifugiati.
Vediamo come il contrasto sul problema della relazione tra sovranità nazionale e sovranazionale abbia causato una dolorosa Brexit, ancora lontana dalla fase del suo completamento. È anche ovvio che i paesi dell’Europa orientale, come pure alcuni paesi dell’Europa meridionale, stiano cercando di rivedere la politica finanziaria della Ue e non condividano gli approcci della Germania per risolvere il problema dell’accoglienza dei rifugiati.
Oltre a ciò, da tre anni a questa parte, siamo stati testimoni del fatto che l’Unione europea non sia stata in grado di attuare definitivamente la strategia “dell’impegno selettivo” nelle relazioni con la Russia, formulata da Federica Mogherini nel marzo 2016. Non vi sono stati né un approccio comune degli Stati membri né proposte concrete o “indicazioni guida” in alcune aree come la Siria, l’Afghanistan, l’Asia centrale, l’Iran ecc.
Allo stesso tempo, stiamo assistendo a come alcuni paesi della Ue stiano cercando di costruire attivamente una politica estera indipendente, spesso in contrasto con gli orientamenti di Bruxelles. L’Italia e il nuovo “governo del cambiamento” italiano sono all’epicentro di questi processi. Da un lato, la leadership politica del Paese ha abbandonato l’idea di uscire dalla zona euro e ha chiesto la fondazione di una solidarietà paneuropea nell’accoglienza e nella distribuzione dei rifugiati e nello sviluppo della politica estera, in particolare in Africa e Medio Oriente ‒ poiché queste regioni creano minacce dirette alla sicurezza europea e, perciò, esigono un rafforzamento della sovranità sovranazionale.
D’altra parte, durante l’anno del cambio di potere del nuovo Governo, abbiamo registrato un alto grado di insoddisfazione per lo sviluppo dei processi di integrazione sovranazionale nella Ue e a numerosi tentativi di riportare la soluzione di alcune questioni nella sfera della sovranità nazionale. Ciò vale, in particolare, per le seguenti questioni: la programmazione finanziaria e di bilancio che ha causato un conflitto prolungato tra Roma e Bruxelles alla fine del 2018; l’ammissione dei rifugiati. Su questo ultimo punto, la leadership italiana ha adottato una serie di misure e decisioni indipendenti per limitare l’accesso ai rifugiati al territorio italiano (“porti chiusi”), ed ha anche adottato il “decreto sicurezza”, rivedendo le regole per la concessione dello status di rifugiato. Nell’ambito della politica estera, inoltre, anche l’Italia sta diventando sempre più indipendente.
In modo specifico, l’Italia ha rifiutato di riconoscere l’autoproclamato Juan Guaydo come nuovo Presidente del Venezuela, rendendo così difficile per la Ue sviluppare un approccio comune su questo problema (l’Italia ha assunto una posizione più precisa su questo tema). L’Italia ha una politica indipendente sulla Libia, afferma apertamente la necessità di revocare le sanzioni alla Russia (aderendo però alla posizione comune degli altri stati Ue quando si vota sulla questione dell’estensione delle sanzioni). Il 23 marzo 2019, durante una visita di stato di Xi Jinping, l’Italia e la Repubblica popolare cinese hanno firmato un memorandum di cooperazione nel quadro della “Belt and Road Initiative”, nonostante numerosi avvertimenti di Bruxelles a Roma alla vigilia della visita.
A Bruxelles, le iniziative di Roma, così come i tentativi di molti altri paesi di prendere decisioni a livello nazionale sono visti sempre più in modo negativo ‒ come dannosi per la solidarietà europea e in grado di ostacolare lo sviluppo di un’ulteriore integrazione sovranazionale. In particolare, Macron ha ripetutamente definito tali manifestazioni di “nazionalismo” e “sovranismo” una nuova “lebbra” e ha sottolineato che la sovranità può essere raggiunta solo a livello sovranazionale europeo.
Pertanto, è ovvio che nel prossimo futuro la Ue entrerà in un processo finalizzato a sviluppare un nuovo approccio al rapporto tra sovranità nazionale e sovranazionale e l’Italia sta diventando uno dei motori di questa dinamica. Nelle imminenti elezioni del Parlamento europeo del 26 maggio, le posizioni dei sovranisti dell’Italia e di altri paesi dell’Ue dovrebbero rafforzarsi.
Per la Russia, che ha sostenuto costantemente il principio della sovranità nazionale sulla scena internazionale, il rafforzamento dei “sovranisti” in Italia e in Europa può sembrare come una nuova opportunità per favorire il dialogo. La Russia dichiara tradizionalmente la propria disponibilità a sviluppare relazioni con tutti gli attori politici pronti a cooperare con la Russia. Questa posizione sembra abbastanza pragmatica, anche se a Bruxelles è tradizionalmente considerata come un tentativo di minare l’unità della Ue “dall’interno” e, ovviamente, sarà così considerata anche in futuro.
Oltre a questo: proprio il recente scandalo del “Freedom Party” austriaco mostra che le principali forze politiche nella Ue sono pronte a fare tutto il possibile per screditare le forze politiche pronte al dialogo con la Russia.
Dunque, il dialogo con gli esponenti dei “sovranisti” ha due aspetti per la Russia: da un lato, è certamente positivo che il numero delle forze in Europa pronte a cooperare con la Russia sia destinato a crescere. D’altra parte, molto probabilmente ciò comporterà un peggioramento ancora maggiore delle relazioni con Bruxelles, così come con i centri ufficiali di Parigi e Berlino. Inoltre, i cosiddetti “euroscettici” e “sovranisti” dei diversi paesi dell’Unione hanno approcci abbastanza divergenti nei confronti delle relazioni con la Russia; una situazione che non consente loro di essere considerati come una forza potenzialmente unificata nel processo di miglioramento delle relazioni della Russia con l’Unione europea.
Pertanto, l’unica possibilità per la Russia, nel contesto delle imminenti elezioni europee, è continuare a mantenere un dialogo costruttivo e pragmatico con le forze politiche pronte a sviluppare la cooperazione; ma, nello stesso tempo, evitare il più possibile che tale cooperazione sia presentata nei media e nell’opinione pubblica come un sostegno a quelle forze che puntano a provocare una divisione della Ue, non enfatizzando, nelle dichiarazioni ufficiali, la questione delle divisioni interne all’Unione.
Storicamente le relazioni russo-italiane sono state mantenute ad un livello elevato in qualsiasi situazione politica; di conseguenza, in questa situazione interna della Ue, travagliata dal processo di revisione del rapporto tra sovranità nazionale e quella sovranazionale, sarebbe nell’interesse sia di Roma sia di Mosca “depoliticizzare” il più possibile il dialogo, concentrandosi sull’approfondimento della cooperazione economica reciprocamente vantaggiosa e sulla promozione del dialogo e dell’apertura attraverso la società civile.

Elena Alekseenkova è Direttrice del Centro per gli Studi Italiani, Dipartimento per gli Studi sul Mar Nero e il Mediterraneo, Istituto per l’Europa, Accademia delle Scienze di Russia (IE-RAS)

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