Nel 1950 i turisti internazionali erano 25 milioni l’anno; oggi, sono 1,4 miliardi. Nel 2019, il fatturato mondiale del turismo è stato di 1.500 miliardi di dollari. Dai dati del primo trimestre anche il 2020 si sarebbe segnalato come un anno al di sopra delle aspettative se non fosse sopraggiunto il Covid-19.
2020: l’annus horribilis del turismo
Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo: «Il 2020 si ricorderà come il peggior anno della storia del turismo, con 1 miliardo di arrivi internazionali in meno rispetto all’anno precedente (…) un numero compreso tra 100 e 120 milioni di posti di lavoro del settore sono a rischio». Nel 2020, il turismo internazionale ha registrato, a livello globale, un calo di visitatori internazionali del -74% (Unwto) rispetto al 2019, tendenza confermata anche nel nostro Paese, che registra un calo del -68,6% (Istat, 2020). Nei primi nove mesi del 2020, le presenze di stranieri hanno registrato flessioni molto negative, con la stagione estiva che ha performato solo il 40% delle presenze di clienti stranieri rilevate nel 2019. Nello stesso periodo le strutture alberghiere registrano -65,6%, mentre le strutture extra-alberghiere -53,6% (Istat, 2020).
Il turismo in Italia in era pre-Covid
Con 58,3 milioni di arrivi internazionali l’Italia si collocava quinta nella classifica Unwto dei dieci paesi più visitati al mondo (2019). Tuttavia, nella Penisola il turismo è cresciuto mediamente del 4,5% annuo, a fronte del 6% dei principali concorrenti europei e di quelli del Mediterraneo (2010-2019). La spesa dei turisti internazionali a livello mondiale è cresciuta del 6,9%, a fronte del 2,8% in Italia. Il ruolo italiano nel mercato turistico internazionale si è fortemente ridimensionato. Il fenomeno è comune a tutti i competitor europei, anche in conseguenza dell’emergere di nuove destinazioni turistiche internazionali, ma che ha riguardato marcatamente il nostro Paese.
Una qualità dell’offerta peggiorata
L’Italia performa peggio di altri paesi perché la qualità dell’offerta ricettiva e dell’attrattività è peggiorata. Nel 2019 il World Economic Forum (The Travel & Tourism Competitiveness Report 2019), posizionava l’Italia all’ottavo posto, individuando come principali elementi di debolezza la competitività dei prezzi, il business environment, la sostenibilità ambientale, la dotazione infrastrutturale, le risorse umane e il mercato del lavoro.
Proiezione del marketing turistico in Rete
La classifica The Travel & Tourism Competitiveness Report 2019 stilata dal World Economic Forum colloca l’Italia agli ultimi posti per la qualità del marketing turistico. Si può prendere ad esempio la Spagna: il punto di forza del suo turismo è una pianificazione nazionale di ampio respiro e visione strategica del settore. Il Plan del Turismo Español Horizonte 2020, punta a rilanciare il “brand Spagna”, attraverso una fidelizzazione del turista e una riduzione della stagionalità del turismo. Straordinario è il lavoro svolto sul portale del turismo spain.info: il sito è leggibile in numerose lingue, con una grafica accattivante; i contenuti sono numerosi, comprensivi di video e foto, opuscoli da leggere per organizzare un viaggio. La competizione turistica è realmente globale e la Rete ne è, ormai, il principale campo di gioco.
La scarsa presenza delle grandi catene alberghiere
Altra debolezza è l’assenza di società italiane tra i player globali delle catene alberghiere. Nella classifica annuale stilata da Hotelsmag (Report Hotels 325 rank, 2019) le uniche due italiane del settore ‒ GruppoUna e Starhotels Spa ‒ si posizionano, rispettivamente, al 243esimo e al 274esimo posto. Un Paese che fa del turismo una risorsa cui sono direttamente riconducibili oltre il 5% del Pil e oltre il 6% degli occupati (Banca d’Italia, Report 2018) non può fare a meno di avere dei campioni nazionali nell’industria ricettiva. Quello che più penalizza l’offerta ricettiva italiana è la mancanza di strutture adeguate a ospitare i “grandi numeri”. Gli hotel con più di 100 camere in Italia sono appena il 4%, in Spagna rappresentano il 12,5% (CDP, 2016).
Senza infrastrutture non c’è turismo
Un ulteriore freno allo sviluppo turistico italiano è la mancanza o scarsità di infrastrutture. Non basta avere un bel paesaggio per diventare una meta turistica. Sono necessarie infrastrutture che permettano al turista di soggiornarvi, frequentare i siti che interessano, trascorrere il tempo desiderato svolgendo più attività. L’obiettivo è far sentire il turista ben accolto, in un ambiente fornito di servizi, che lo stimoli a tornare più volte o a trasferirvisi, come accade in paesi come la Spagna.
Il turismo assente nel Meridione
Anche in materia di turismo il divario tra Centro-Nord e Sud è evidente. Il giro d’affari che interessa il Mezzogiorno è appena il 14,7% del turismo italiano. Tale performance negativa è legata allo scarso sfruttamento del territorio e al mancato sviluppo dei servizi. Anche i dati Eurostat (2019) confermano come i turisti preferiscano soggiornare al Nord e Legambiente ha sostenuto che il successo del Nord sia legato ad una superiore capacità di ricavare il meglio attraverso i servizi e la collaborazione tra pubblico e privato.