HomeEuropaL’Europa resta un gigante economico con i piedi d’argilla

L’Europa resta un gigante economico con i piedi d’argilla

di
Gabriele Cicerchia

In un mondo dove le alleanze si ridefiniscono e le minacce si moltiplicano, l’Europa resta un gigante economico con i piedi d’argilla. Forte di 450 milioni di abitanti e con un Pil dieci volte superiore a quello della Russia, l’Unione europea continua a restare ai margini dei grandi negoziati globali, come quelli sulla pace in Ucraina. Il nodo gordiano resta la sua frammentazione politica e strategica. L’Ue dispone di risorse, know-how tecnologico e forza demografica per essere protagonista, ma è ancora priva di una politica estera comune, di una difesa integrata, di standard operativi condivisi. Quale ruolo può e deve assumere l’Europa nel nuovo ordine multipolare?

Le recenti crisi hanno evidenziato le debolezze strutturali di una Europa che, pur essendo un colosso economico, si comporta spesso come un attore marginale

In un contesto segnato da guerre, interdipendenze strategiche e frammentazione istituzionale, è necessario ripensare a fondo le strutture della sicurezza europea e la capacità dell’Ue di agire come soggetto geopolitico autonomo. Le recenti crisi — dall’aggressione russa all’Ucraina, al conflitto in Medio Oriente, fino alla competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina — hanno evidenziato le debolezze strutturali di un’Europa che, pur essendo un colosso economico, si comporta spesso come un attore marginale. La difesa comune, seppur invocata, rimane un progetto incompiuto. Interessi industriali divergenti, nazionalismi economici e protocolli tecnici incompatibili continuano a ostacolare ogni forma di integrazione militare. Il risultato è un sistema dispendioso, inefficiente e vulnerabile, inadatto a contrastare minacce ibride e cyber-attacchi — oggi tra le sfide più gravi alla sicurezza continentale. Sottovalutata e sottofinanziata, la cybersicurezza rappresenta il vero tallone d’Achille dell’Europa digitale. Eppure è proprio lì che si giocheranno i conflitti del futuro.

L’Ue spreca potenzialità enormi a causa di rivalità miopi e protezionismi nazionali

Sul piano economico, l’Ue spreca potenzialità enormi a causa di rivalità miopi e protezionismi nazionali. Un esempio tra tutti è l’automotive, dove i singoli paesi si ostacolano a vicenda invece di cooperare per costruire catene di valore comuni, lasciando terreno alle superpotenze asiatiche. Per troppo tempo si è creduto che la competizione globale si fondasse sul costo del lavoro, ma non è così: si vince con il know-how, con la ricerca integrata, con le economie di scala. È ora di superare il mito della Cina “fabbrica del mondo”: nei prodotti ad alta tecnologia, il costo della manodopera incide per appena il 4%. A fare davvero la differenza sono gli investimenti, e la Cina li fa, mentre l’Europa, troppo spesso, si perde in conflitti interni e ritardi strutturali.

Sul piano globale, l’Africa emerge come spazio strategico

Sul piano globale, si impone una riflessione sull’efficacia dell’attuale sistema multilaterale. Le Nazioni Unite, concepite per garantire un equilibrio mondiale, risultano paralizzate da un Consiglio di Sicurezza bloccato dai veti e da un’Assemblea Generale che assegna pari peso a democrazie e autocrazie. Serve una riforma: il diritto di voto dovrebbe spettare solo a chi rispetta criteri minimi di democrazia, libertà di stampa, parità di genere. In questo scenario, l’Africa emerge come spazio strategico: non solo per motivi migratori ed energetici, ma per il suo crescente ruolo nella competizione globale. Occorre superare l’approccio paternalista-colonialista e puntare su investimenti produttivi, infrastrutture e partnership alla pari, in grado di rafforzare le economie locali e contenere l’influenza dei giganti asiatici.

Per sopravvivere, l’Europa deve costruire un’identità geopolitica autonoma

Le priorità sono chiare: una governance digitale sovrana e interoperabile; una sicurezza informatica all’altezza della sfida; una politica industriale comune fondata su innovazione ed economie di scala; una leadership globale basata sul soft power democratico, non sulla dipendenza militare da potenze esterne. Occorre una scossa, una nuova stagione costituente, capace di superare le divisioni e costruire un’identità geopolitica europea. L’alternativa è chiara: o l’Europa sceglie di contare davvero, o resterà ai margini di un mondo deciso altrove. Non solo per salvare l’Unione, ma per darle finalmente il ruolo che storia e geografia le impongono.

Related Posts

Per rimanere aggiornato sulle nostre ultime notizie iscriviti alla nostra newsletter inserendo il tuo indirizzo email: