Il dovere dei genitori, separati o non, di “mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”, sancito dall’articolo 30 della Costituzione e dagli articoli 147 e seguenti del codice civile, non cessa con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura fino a quando i figli, anche maggiorenni, non abbiano raggiunto un’indipendenza economica.
È proprio il concetto di “indipendenza economica”, cristallizzatosi nel corso degli anni attraverso le varie pronunce costituzionali, ad aver determinato una categoria di figli, per lo più di genitori separati, che sebbene fossero andati molto oltre la maggiore età, si crogiolavano del fatto di non essere economicamente autosufficienti, garantendosi un “vitalizio” mascherato da diritto al mantenimento, posto per la maggior parte dei casi a carico del padre.
Per diversi anni infatti, la Giurisprudenza ha ritenuto che lo status di indipendenza economica del figlio si potesse ritenere raggiunto solo in presenza di un impiego tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità e adeguato alle sue attitudini e aspirazioni.
Un orientamento giurisprudenziale di questo tipo calato nel contesto socio-economico contemporaneo dove la precarietà del mondo del lavoro è stata accentuata dalla crisi, ha determinato l’insorgere di situazioni paradossali dove un comportamento inerte o un rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro da parte dei figli di genitori separati, ben più che maggiorenni, venivano tollerati e giustificati non solo socialmente, ma anche dalla giurisprudenza.
Per fortuna, con le recenti pronunce, gli Ermellini, pur mantenendo un atteggiamento prudente che tenga conto delle ambizioni, delle possibilità concrete di occupazione e di guadagno di un figlio, hanno detto “no” al diritto al mantenimento di figli che, nonostante l’età non più ”tenera”, hanno continuato a farsi mantenere da mamma o papà.
A tal proposito fa riflettere, oltre che sorridere, la sentenza numero 18076 del 20 agosto 2014, pronunciata nei confronti di due fratelli, rispettivamente di 46 e 47 anni, i quali, forti dell’appoggio materno, avevano sostenuto di non poter essere messi fuori casa e di avere diritto al mantenimento da parte del padre separato, per il solo fatto di impegnarsi attivamente nella ricerca di un lavoro stabile, benché non lo trovassero.
La Cassazione, pronunciandosi, ha mantenuto la severità emersa nei precedenti gradi di giudizio, rigettando il ricorso dei due fratelli e motivando che la crisi economica non può giustificare la “mancata sistemazione” di persone adulte, che hanno concluso da molti anni ogni percorso formativo e che dovrebbero pertanto assumersi la completa responsabilità della propria esistenza.