Sesso slegato dai sentimenti, diventa esercizio ginnico e sfogo. I tabù del sesso sono sdoganati ma la verà difficoltà è proprio parlare della propria interiorità.
I dati del rapporto Eurispes “Giovani e Sesso” hanno confermato lo scollamento tra sessualità, erotismo e sentimenti, descrivendo una realtà variegata e multiforme in cui sono emerse tendenze degne di riflessione: il 44% dei giovani sposi tradisce, 7 ragazzi su 10 usano materiale pornografico e quasi la metà vorrebbe praticare il BDSM.
Tra relativismo e postmodernità, anche le esperienze sessuali sono state inghiottite dalla società dei consumi. Dalla rivoluzione sessuale degli anni Settanta si sono declinati modelli di sessualità in cui il desiderio di consumo e il desiderio di possesso hanno molto spesso annichilito la capacità di provare o gestire i propri sentimenti sul lungo periodo.
Su questi dati e su queste problematicità è intervenuta la dottoressa Adele Fabrizi, sessuologa e psicoterapeuta presso l’Istituto di sessuologia clinica di Roma.
Dottoressa, secondo la sua esperienza, i risultati del rapporto Eurispes rispondono alla realtà?
I dati tornano tutti, alcuni sono anche sorprendenti come quelli sul sexting o quelli sul sesso a pagamento. Si tratta di percentuali molto alte, in un periodo in cui fare sesso non è più così difficile.
Che tipo di rapporto ha oggi la società con il sesso? Pochi anni fa il sociologo Zygmunt Bauman parlava degli «usi postmoderni del sesso», altri parlano di ‘recessione sessuale’ e di ‘desiderio in calo’. Qual è il suo giudizio?
Ad essere cambiata è la consapevolezza della sessualità. Il sesso ormai non ha quasi più niente a che fare con i sentimenti. È una sorta di esercitazione, di esercizio ginnico, slegato dai sentimenti ma non dall’amore. È una fruizione immediata del desiderio, è sfogo. Non si ripone attenzione alle sensazioni che si producono all’interno dell’esperienza sessuale. In questa società si parla di sesso in qualsiasi contesto, con un bombardamento incessante. Questo ha prodotto una sorta di idea nei giovani per cui la sessualità è qualcosa che si può vivere liberamente, in termini immediati e soprattutto senza pensieri.
Il 44% dei giovani sposi tradisce. È calato il desiderio o è in crisi l’istituzione del matrimonio?
Non credo che sia in crisi l’istituzione del matrimonio, o comunque non è questo il punto. Credo che sia proprio la percezione del sesso ad essere cambiata, che porta uomini e donne a tradire più facilmente. Fare sesso occasionale, tradire o avere una storia parallela non sempre incide negativamente sul matrimonio, proprio perché fare sesso in questo modo non è considerato “colpevole”. Si tratta semplicemente di una manifestazione fisica che non mette in dubbio il sentimento per il partner. La sessualità è vissuta come qualcosa di poco significativo e che non sempre coinvolge mente, cuore e sensi.
Sette ragazzi su dieci usano materiale pornografico, spesso senza farsi problemi o colpe. Esiste una soglia di pericolosità?
Non bisogna demonizzare troppo la pornografia. La percentuale è alta ed è dovuta alla diffusione dei porno via web. Oggi la pornografia è molto più fruibile rispetto al passato ma non necessariamente costituisce un pericolo. Anche la tecnologia può avere un lato oscuro, mettendo in contatto più persone, ma permette anche di sviluppare un pensiero critico se usata con consapevolezza. Il problema è che spesso i giovani imparano la sessualità dalla pornografia.
Quali sono le principali problematicità che riscontra nei ragazzi o nelle ragazze che frequentano il suo studio?
Il problema più frequente dei giovani uomini è la cosiddetta “dismorfofobia peniena”, uomini che pensano di avere un pene piccolo. Da questa fuorviante convinzione sviluppano la certezza di non essere all’altezza di avere una prestazione sessuale soddisfacente. La componente ansiogena è rilevante e finisce per influire negativamente sul rapporto. L’aspetto della prestazione è importante anche per le donne, ma la vivono in maniera più serena e meno problematica. La donna però se non riesce a raggiungere l’orgasmo può sentirsi in difficoltà. In linea di massima, le richieste femminili sono però maggiormente orientate al rapporto tra sessualità e sentimenti.
Che ruolo devono avere i genitori nell’educazione sessuale dei propri figli?
Per prima cosa i genitori dovrebbero arrivare alla convinzione che la comunicazione sulla sessualità debba essere avviata quando i figli sono piccoli. A 13 o 14 anni è già tardissimo. Si può iniziare già intorno ai 3 o 4 anni, con forme e modi adeguati. Il genitore non deve fare una lezione. Parlare significa non avere tabù, bisogna evitare di creare zone di chiusura, sulle quali i bambini tendono a fantasticare. È fondamentale essere aperti ad ogni domanda. Mai dire «ne riparliamo quando sarai più grande», perché così il figlio si rivolge agli amici o alla pornografia.
Invece nelle scuole?
Nelle scuole bisognerebbe iniziare a parlarne sin dalla scuola materna. A partire dalle scuole elementari, invece, è necessario fare educazione sessuale insistendo molto sulla componente relativa ai sentimenti. Si dovrebbe parlare cioè di educazione non solo alla sessualità in senso stretto ma anche ai sentimenti correlati all’esperienza sessuale e a quello che si prova durante l’esperienza sessuale.
I tabù sul sesso sono stati quasi tutti sdoganti. C’è ancora oggi qualcosa di cui è difficile parlare?
L’autoerotismo è considerato assolutamente normale, sicuramente più per gli uomini. Il tabù della società odierna è quello relativo ai sentimenti: si parla troppo facilmente di sesso in termini meccanici e non del sesso in termini introspettivi, multidimensionali, di cosa si prova e di quali sono i sentimenti correlati. Oggi il vero tabù è parlare dei propri sentimenti.