Verso il vertice Ue-Cina. L’Europa alla ricerca di una strategia comune

Dopo gli incontri all’Eliseo con i leader di Francia, Germania e della Commissione Europea, la Cina si prepara per l’incontro al Vertice con l’Unione europea del 9 aprile 2019. Oggetto del Vertice saranno le sfide commerciali mondiali e l’applicazione delle regole di trasparenza e di mutuo vantaggio, in vista di un ulteriore rafforzamento del commercio e dei flussi di investimento con la regione asiatica.
L’Ue ha da tempo avviato forme di cooperazione con la Cina, aprendo il dialogo in materia di trasporti, energia e opportunità di sviluppo. Il 19 settembre scorso la Commissione Europea ha promosso, infatti, la nuova “Strategia di connettività”, un piano che collega l’Europa all’Asia, e che risulta complementare a quello adottato da Pechino con la Belt and Road Initiative (BRI), ma che di fatto si propone di risolvere alcune importanti questioni in materia di trasparenza e sostenibilità, in genere sottovalutate dalla Cina. I metodi cinesi sono infatti accusati spesso di produrre discriminazioni nei confronti delle imprese straniere, di non adottare meccanismi trasparenti e di limitare l’accesso al mercato per le imprese europee in Cina. Anche il coinvolgimento della Cina nei paesi meno sviluppati ha riscosso critiche relative all’applicazione, non sempre adeguata, di standard di sostenibilità finanziaria, ambientale e sociale.
L’Ue ha del resto presentato la sostenibilità come un fattore indispensabile per lo sviluppo di un paese, volta a condizionare molteplici aspetti legati al commercio, come la promozione di investimenti coerenti con i diritti dei lavoratori, la forte opposizione a forme di dipendenza politica o finanziaria, e la garanzia di parità di condizioni per le imprese.
È a questo proposito che l’Ue prevede di instaurare rapporti di reciproco vantaggio con la Cina, attraverso un approccio in linea con i benefici derivanti dall’ordine internazionale basato su regole vincolanti. Inoltre, l’Ue ribadisce che le relazioni tra le due regioni saranno incoraggiate alla luce della legislazione, delle norme e delle politiche dell’Ue, avendo presente il rispetto dell’unità dell’Unione e dei suoi valori fondanti.
Questo proposito risulta, tuttavia, condizionato da almeno due elementi, ovvero sia sul piano giuridico-istituzionale sia su quello politico-economico.
Sotto il primo aspetto, il dibattito sulla cooperazione Ue-Cina tende a trascurare la questione fondamentale se e in che misura è possibile avviare il dialogo tra paesi con standard di democraticità diversi, e se esso è in grado di produrre risultati concreti sotto forma di politiche comuni. Dal punto di vista giuridico, l’assenza di normative e sistemi di governance condivisi potrebbe infatti rappresentare una prima difficoltà. In effetti, le recenti regolamentazioni regionali e le leggi sulla sicurezza e la politica estera cinesi hanno dimostrato la loro distanza dagli approcci europei in tema di cooperazione internazionale. Peraltro, nonostante le reiterate critiche dell’Unione europea nei confronti delle politiche e dei metodi cinesi, la Cina non solo non sembra intenzionata a modificare le proprie pratiche per adeguarle ai suggerimenti provenienti dell’esterno, ma sembrerebbe preferire l’adozione di accordi bilaterali con i singoli paesi europei, fintanto che ciò risulta conveniente ai propri interessi.
Quest’ultima questione apre il secondo profilo di discussione. Finora, le relazioni europee con la regione asiatica sono state quasi prettamente di tipo bilaterale con i singoli paesi europei. Un’Europa divisa, e peraltro soggetta a spinte nazionaliste e indipendentiste, rappresenta un vantaggio per potenze come la Cina, soprattutto nell’attuazione delle sue politiche estere e di sicurezza in Asia come altrove. Inoltre, il diritto dell’Unione europea e le pratiche internazionali a favore della cooperazione allo sviluppo, degli investimenti trasparenti e competitivi, dimostrano di avere un’efficacia limitata se inseriti in accordi internazionali bilaterali. Questo tipo di approccio al commercio e agli investimenti ha peraltro il difetto di favorire i paesi europei con economie stabili e con forti interessi commerciali, ovvero quelli in grado di intessere legami commerciali e sfruttare i vantaggi di una legislazione più elastica.
Alla luce di ciò, la mancanza di unità in politica estera non può far altro che indurre la Cina a perseguire i propri interessi commerciali, prediligendo rapporti commerciali bilaterali piuttosto che vincolarsi a norme e standard propri dell’Unione europea.
Come già accennato in precedenza, le politiche cinesi in materia di investimenti creano non poche perplessità ai leader europei, soprattutto a causa dei fattori di instabilità che rendono gli investimenti con i partner europei particolarmente onerosi. In particolare, gli investitori europei lamentano spesso forme di concorrenza sleale a causa della difficoltà nel reperimento di informazioni, dell’attuazione discrezionale delle regole commerciali; della mancanza di procedure di risoluzione delle controversie indipendenti, e di parità di condizioni per gli investimenti.
Alla luce di tali preoccupazioni, l’Unione europea ha ribadito la necessità di elaborare standard uniformi di protezione legale per gli investitori, basandosi sulle migliori pratiche degli Stati membri dell’Ue e cercando al contempo di accrescere l’attrattività dell’Europa come paese destinatario di investimenti cinesi. Ciò però sarà possibile solo in virtù di alcune condizioni.
Il rafforzamento delle relazioni con la Cina dovrà essere preceduto innanzitutto dalla sintesi delle molteplici voci nazionali dell’Ue in un’unica sola voce europea. A questo proposito, risulta di fondamentale importanza che l’Unione si doti di una propria strategia Ue-Cina, attraverso l’elaborazione chiara dei propri interessi, la promozione di valori universali e il sostegno al processo di riforma cinese nel quadro del sistema internazionale.
Tale obiettivo potrebbe essere realizzato anche attraverso un potenziamento del “Servizio europeo per l’azione esterna” (SEAE), dotandolo dei mezzi e delle risorse necessarie per fondare una effettiva convergenza non solo di tipo politico-economico, ma anche normativa per i partenariati strategici con i paesi extra Ue.
Infine, come ribadito dai leader europei nei recenti incontri con la Cina, le prospettive di coordinamento devono partire necessariamente da un approccio volto alla reciprocità e al mutuo vantaggio. Gli sforzi europei per un approccio uniforme ai temi della sostenibilità finanziaria, ambientale e sociale, si inseriscono infatti nel quadro dell’Agenda globale per lo sviluppo delle Nazioni Unite, e nel quadro di consolidamento delle responsabilità reciproche nel promuovere la pace, la prosperità e lo sviluppo sostenibile a beneficio di tutti i popoli.
Entrambe le parti hanno fondato la loro partnership sulla base dei princìpi di uguaglianza, rispetto e fiducia. In particolare, l’Ue ha ribadito il suo rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, mentre quest’ultima ha confermato il suo sostegno all’integrazione nell’Ue e al suo riconoscimento quale partner commerciale unico.
Sulla base di tali premesse, non solo sarà possibile fondare relazioni stabili tra le due regioni, ma sarà favorito il mantenimento delle migliori condizioni di sviluppo e dei rapporti di fiducia che ne sono alla base, incoraggiando in modo trasversale anche la promozione degli obiettivi globali di sviluppo.

Roberta Ciampo è membro del Laboratorio BRICS di Eurispes

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