Con la risoluzione n. 72/E del 2.9.2016, l’Agenzia delle Entrate, rispondendo all’interpello di una società che voleva fornire alla clientela servizi relativi alla valuta digitale Bitcoin, è tornata sul tema del trattamento fiscale (e non solo) delle criptovalute, sulla scorta di quanto stabilito sull’argomento dalla fondamentale sentenza della Corte di Giustizia della U.E. del 22 ottobre 2015.
E’ la stessa Agenzia, infatti, nella risoluzione in questione, ad affermare che “la predetta sentenza della Corte di Giustizia costituisce necessariamente un punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile” alle valute digitali.
Poiché la società interpellante aveva richiesto un parere su tutti gli aspetti fiscali di chi opera tramite criptovalute, l’Agenzia ha avuto modo di chiarire la questione sia dal punto di vista della tassazione diretta che indiretta.
In relazione alla seconda, l’Agenzia ha ribadito (e non poteva essere altrimenti) quanto già statuito dalla Corte di Giustizia nella predetta sentenza: le operazioni su criptovalute sono esenti da IVA, in quanto beneficiano dell’esclusione prevista dall’art. 135 lett. e) della Direttiva IVA del 2006 per “le operazioni, compresa la negoziazione, relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio”.
Pertanto, i proventi delle società che offrono servizi relativi a criptovalute non sono assoggettabili ad IVA.
A tale proposito, e sempre sulla scorta dell’interpretazione della Corte U.E., l’Agenzia ha infatti evidenziato la natura di veri e propri mezzi di pagamento delle criptovalute, utilizzate a tal fine da determinati soggetti sul mercato e scambiate con le valute tradizionali attraverso appositi tassi di cambio.
In questo concetto, come gli scriventi hanno già avuto modo di sottolineare nel libro “Le criptovalute – analisi di un sistema monetario parallelo”, risiede la vera portata fondamentale della sentenza europea, che equipara, a livello di finalità commerciale e trattamento normativo e fiscale, le valute digitali a quelle tradizionali, e le operazioni effettuate tramite le prime al normale cambio tra divise tradizionali.
In merito, poi, all’imposizione diretta, l’Agenzia chiarisce che il guadagno dell’azienda che presta servizi relativi alle criptovalute – o la sua perdita di esercizio – andranno a far parte dell’imponibile ai fini IRES ed IRAP.
Laddove a fine esercizio l’azienda abbia disponibilità propria di criptovalute, il valore di queste ultime dovrà essere calcolato in base alla loro quotazione al termine dell’esercizio stesso (in base, ad esempio, a quanto risultante dalle piattaforme web di scambio di valute digitali).
Infine, l’Agenzia – con una breve frase che meritava, invero, maggiore approfondimento – chiarisce che l’azienda che offre servizi relativi a criptovalute non deve effettuare alcun adempimento quale sostituto d’imposta dei propri clienti persone fisiche.
Ciò in quanto le plusvalenze effettuate nelle operazioni di cambio tra criptovalute e valute tradizionali da persone fisiche non esercenti attività d’impresa, non sono connotate dalla finalità speculativa e non generano quindi redditi imponibili.
La necessità di approfondimento maggiore di cui si diceva concerne, appunto, il significato della locuzione “finalità speculativa”, che appare essere, a giudizio dell’Agenzia, il criterio discriminante della tassazione o meno delle plusvalenze da cambio tra valute digitali e tradizionali, e si presta però, sic et simpliciter, a giudizio di chi scrive, ad una eccessiva possibilità di interpretazione, soprattutto in ragione delle possibili implicazioni di una così delicata problematica.
Infine, l’Agenzia dà un contributo essenziale anche da un punto di vista di normativa antiriciclaggio, chiarendo che le aziende che operano nell’ambito delle criptovalute dovrebbero adempiere a tutti gli obblighi previsti dalla normativa stessa, e dunque adeguata verifica della clientela, registrazione e segnalazione, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2007.
Riepilogando, l’Agenzia delle Entrate fornisce con questa risoluzione un importante parere, sia da un punto di vista pratico (affrontando gli aspetti fiscali relativi alle criptovalute) che di inquadramento giuridico (trattandosi del primo atto formale dell’amministrazione nazionale con cui si dà atto e si fa propria la ricostruzione del fenomeno delle valute digitali effettuata dalla Corte U.E.).