È pagato per giocare e lo fa per otto ore al giorno ‒ come accade in un lavoro “normale” ‒ dalla sua cameretta super tecnologica, dove ha allestito una postazione “spaziale”, anzi virtuale. Edoardo Badolato, nome di battaglia Carnifex (che in latino significa “tagliatore di teste”), ha 24 anni, è nato e vive in provincia di Bergamo ed è un campione di eSports. Il suo mondo è quello dei videogames: per giocare al livello professionistico ha lasciato il lavoro in uno studio grafico, ha convinto i genitori che la sua strada era diversa da quella che si erano immaginati, e si è immerso nel mondo dei combattimenti virtuali. Lo scorso mese di luglio ha portato a casa un bottino da 67mila e 500 dollari, arrivando sesto al Campionato del Mondo di Fortnite, che si è svolto a New York; è stato l’unico italiano a classificarsi ed è definito in Rete come uno dei DPS più talentuosi degli ultimi tempi. La vincita dagli States deve ancora arrivare ma Edoardo ha già destinato una parte per un viaggio in Egitto con la sua fidanzata, anche lei appassionata di videogames; il resto servirà per proseguire il suo percorso, convinto più che mai che i tornei dei giochi elettronici competitivi sono il suo futuro. Gioca professionalmente dal 2016, ha militato nella seconda squadra dei Morning Stars, i Black, ed attualmente gioca per i Samsung Morning Stars. Ma cos’è Fortnite e come si gioca? Domanda scontata per gli appassionati, meno per i “comuni mortali”. «Fortnite Battle Royal è un videogame all’interno del quale si combatte facendo fuoco contro qualsiasi cosa si muova, con l’obiettivo di essere gli ultimi a rimanere vivi. Ma il gioco prevede anche una novità: quella di combinare l’azione in combattimento con una meccanica adibita alle costruzioni», spiega Edoardo, che aggiunge: «Mi alleno 8 ore al giorno, utilizzo “mappe” costruite appositamente per esercitare alcune meccaniche del gioco ma utilizzo anche giochi “reali” per esercitare la mira». E l’allenamento fisico quanto è necessario? «Per far funzionare bene la mente è necessario stare bene anche con il corpo: rimango seduto e concentrato per molto tempo, quindi, per assumere posizioni corrette devo tenermi in movimento».
A giocare sono soprattutto ragazzi tra i 13 e i 18 anni, ma sono numerosi anche gli adulti. La maggioranza sono uomini, ma cresce anche la percentuale delle donne appassionate. Ciascuno si collega on line al gioco e incontra coloro che in quel momento stanno cercando una partita. «Non ci sono differenze di sesso, dietro al giocatore virtuale ci può essere chiunque. Anche i portatori di handicap possono giocare: conosco player che giocano con i piedi oppure con alcune parti del viso; oppure persone che sono sulla sedia a rotelle».
Per ottenere la migliore performance, Carnifex ha studiato una postazione personalizzata: «Ho fatto insonorizzare la mia camera in modo da non disturbare gli altri; ho fatto costruire un computer assemblando i pezzi migliori in commercio per ottenere il massimo delle prestazioni; lavoro con due monitor da 24 pollici, mouse e tastiera di gamma, tappetino da gaming molto grande, cuffia con microfono incorporato sedia da gioco, tipo quelle delle macchine da gara». Ma non c’è il rischio di isolarsi dal mondo? «Al contrario, quando sono in Rete sono in contatto con tutti quelli che conosco e che condividono la mia passione. Non mi sono mai sentito isolato perché questo è il mio mondo». Quanto guadagna un player professionista? «La media è intorno ai 2mila euro al mese di stipendio, poi ci sono le vincite e, eventualmente, gli sponsor». Ad organizzare i tornei, che sono generalmente divisi per continenti, sono i creatori dei giochi che detengono i brevetti e mettono in palio cifre, a volte astronomiche. I giocatori diventano professionisti quando vengono contrattualizzati dalle squadre che gestiscono i team: in Italia, quelle professionali sono meno di dieci.
Al momento, nel nostro Paese non esiste una regolamentazione giuridica degli eSports, né è stabilita una loro collocazione sotto l’egida di Istituzioni già esistenti, come hanno evidenziato anche Chiara Sambaldi e Andrea Strata, Direttori dell’Osservatorio permanente su Giochi, legalità e patologie dell’Eurispes, nel volume eSports, un universo oltre il videogioco. «Se gli eSports venissero riconosciuti e considerati sport a tutti gli effetti, l’intero settore potrebbe essere meglio regolamentato e normato. Tuttavia, personalmente mi interessa poco se la gente lo considera uno sport oppure no», commenta Edoardo Badolato.
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