I BRICS, che hanno appena concluso il loro vertice ad Ufa, in Russia (9-10 luglio 2014), sono una realtà molto complessa: politica, economica, sociale, culturale. Ciò con riferimento alla struttura, alla mission, al loro processo evolutivo, ai nuovi scenari che tale processo può aprire a livello globale. Per questa ragione, lo studio e l’analisi dei BRICS richiede un approccio di tipo interdisciplinare e sistemico; in ogni caso, la loro complessità richiede la elaborazione di risposte altrettanto complesse alle questioni sollevate dalla realtà dei BRICS. Ogni semplificazione sarebbe un errore.
Di fronte al loro processo evolutivo, il contributo degli esperti e dei ricercatori dovrebbe, principalmente, fornire elementi di conoscenza sui possibili scenari futuri ed evidenziare le opportunità, o meno, che i BRICS possono rappresentare per una migliore crescita comune. Ciò richiede un approccio intellettualmente onesto e libero da condizionamenti esterni (abbandono del “pensiero unico” e consapevolezza che quello attuale non è il migliore dei mondi possibili) e costruttivo (evidenziare gli elementi che possono rafforzare la pace e la collaborazione tra i popoli, la costruzione di “ponti”, non di “muri”, tra le diverse comunità). Solo in questo modo gli scienziati ed i ricercatori potranno contribuire a far emergere le potenzialità positive rappresentate dalla realtà dei BRICS ed aiutare a trasformare tali potenzialità in nuove opportunità di crescita per tutta la comunità internazionale.
Pur in presenza di una crescente collaborazione e coesione, la realtà dei BRICS lascia ancora aperti alcuni interrogativi importanti. Ad esempio: nella scena internazionale, i BRICS rappresentano un elemento di novità strutturale o congiunturale? È realistica l’ipotesi di una proiezione della cooperazione economica tra i BRICS anche sul piano delle relazioni politiche (che comprendono e valorizzano le relazioni culturali) e della sicurezza?
I BRICS sono nati in un contesto storico-economico caratterizzato dalle insufficienze del sistema di Bretton Woods, evidenti dagli anni ’70 del secolo scorso, allo scopo di affermare una diversa governance dell’economia mondiale. Dal punto di vista storico-politico, è stato ipotizzato che l’interesse strategico comune delle attuali leadership dei BRICS potrebbe essere la difesa del modello di identità collettiva statale-nazionale (scaturito dalla Pace di Westfalia del 1648) e contrapposto al modello glocalista rappresentato simbolicamente dal sistema finanziario globale sviluppato intorno al dollaro. L’economia e la politica sono fattori integrati, e quale dei due determini l’altro è un punto di discussione aperto tra gli studiosi.
La strategia dei BRICS per il raggiungimento dell’obiettivo economico, caratterizzata dalla mancanza di una contiguità territoriale, promuove e combina in diverse aree del mondo iniziative intersettoriali ed a geometria variabile. Fra gli obiettivi: la creazione di un nuovo sistema monetario, la realizzazione di grandi progetti di sviluppo, accrescere il proprio ruolo negli organismi sovranazionali.
In questo contesto, i grandi progetti, soprattutto infrastrutturali (vedi ad esempio “i corridoi” eurasiatici), sono funzionali alla collaborazione tra le diverse aree regionali, a consolidare la situazione dei paesi emergenti, a riportare l’attenzione e l’interesse degli operatori pubblici e privati internazionali sulla necessità di promuovere l’economia reale, piuttosto che l’economia finanziaria. Il nuovo sistema di banche e fondi organizzati dai BRICS sono funzionali al sostegno di tali progetti di sviluppo, dal momento che la Banca mondiale non garantisce più un sostegno adeguato a questi progetti di sviluppo di grandi dimensioni.
I BRICS possono svolgere una grande funzione per lo sviluppo di alcuni continenti come il Sud America o l’Africa. Particolarmente numerosi sono i segnali del loro impegno in questo continente, come, ad esempio: il fatto che in passato la Cina abbia sostenuto con forza l’opportunità dell’ ingresso del Sud Africa nella organizzazione BRICS (avvenuta nel 2011), la organizzazione logistica e funzionale della nuova Banca di sviluppo (presidenza all’India, sede in Cina-Shanghai e in Sud Africa per i progetti di sviluppo nel continente), possibile ingresso nei BRICS di un nuovo stato, la Nigeria.
Gli Stati membri dei BRICS partecipano anche ai vertici G20, ma in questa sede non hanno trovato finora un sostegno adeguato alle loro istanze principali: riconoscimento di un ruolo più rilevante negli organismi economici internazionali (una diversa architettura nella governance del Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Oecd, etc.). Nelle dichiarazioni finali dei diversi summit G20 in genere è possibile leggere un esplicito riconoscimento del ruolo primario che questi paesi svolgono ormai nella crescita mondiale ma nessun riferimento all’attuazione della riforma del Fondo Monetario Internazionale approvata nel 2000 e mai attuata.
Il principale documento sui BRICS dell’Unione Europea (la relazione approvata nel 2012 dal Parlamento Europeo – 10.01.2012 – n.A7-0010/2012) evidenzia un atteggiamento contraddittorio da parte della UE. Infatti, da un lato, la UE manifesta un atteggiamento molto positivo e collaborativo (vedi punti D-F su un “partenariato costruttivo” e una “governance globale condivisa”) ma dall’altro invita espressamente gli stati membri della UE a dare preferenza agli accordi con i singoli stati appartenenti ai BRICS per “scoraggiare la creazione o il consolidamento di gruppi alternativi di stati” (vedi art. 9). È evidente la preoccupazione della UE di evitare che i BRICS consolidino la loro realtà come un vero e proprio blocco geo-politico e geo-economico.
Bisogna chiedersi allora quale cammino, noi europei, possiamo fare insieme a loro, tenendo conto, tra l’altro, che i BRICS sono una realtà economica in crescita la quale progredisce con ritmi ben superiori ai nostri? Al di là degli accordi tra i singoli stati, come può la UE interloquire e cogliere le opportunità rappresentate dalla organizzazione dei BRICS? Quale collaborazione la UE può promuovere in particolare con BRICS e USA sulle sfide globali comuni (crescita sostenibile, disoccupazione, movimenti demografici, etc)? Al di là delle questioni economiche e finanziarie, quali sono altri ambiti nei quali la UE può promuovere una migliore collaborazione con i BRICS?
Per l’Italia, l’interesse prioritario è nello sviluppo della migliore collaborazione organica con i BRICS, da attivare sia in ambito UE che nei summit G20. L’Italia ha interesse a riconoscere e a far riconoscere che le questioni, le proposte, i progetti dei BRICS sono un valore ed una opportunità positiva per l’intera comunità internazionale, un contributo importante per consentire a tutti di affrontare nel miglior modo possibile le nuove sfide globali. E questo è vero in particolari aree di interesse: la crescita economica dell’area mediterranea; la partecipazione ai grandi progetti BRICS di sviluppo, soprattutto i progetti infrastrutturali; la collaborazione nelle nuove strategie commerciali; il confronto e la collaborazione in materia di cyber security. Tutte questioni, a nostro avviso, decisive e strategiche.