Il crimine organizzato colombiano e i nuovi rapporti con la ’Ndrangheta: Europa nel mirino

Una delle più recenti evoluzioni del crimine organizzato colombiano è il passaggio da una struttura di vertice e unitaria a un’altra sempre verticistica ma disarticolata.
Detta così, può sembrare un controsenso, ma, come vedremo, non lo è per nulla. La scissione del crimine organizzato colombiano in piccoli clan autosufficienti rende molto più difficile l’azione di contrasto da parte dello Stato. Mentre i clan di vecchio stampo come quello dell’attuale leader degli “Urabeños”, Dario Antonio Úsuga David, detto “Otoniel”, possono essere individuati e indeboliti, i piccoli clan, invece, pur se individuati e distrutti riescono a ricomporsi rapidamente con i clan satelliti che occupano immediatamente la posizione liberata e riprendono le attività criminali continuando i traffici illeciti del precedente gruppo. Tale nuova forma organizzativa funziona molto bene in Colombia e sta prendendo forma anche in Messico. Siamo di fronte a piccoli gruppi criminali intercambiabili rispetto a forze più grandi e di conseguenza più ingombranti e maggiormente visibili. Il crimine organizzato colombiano negli ultimi anni si è dimostrato non solo resistente, ma molto veloce nell’adattarsi alle mutevoli condizioni politiche, economiche e sociali, sfruttando le nuove opportunità con rapidità eccezionale, mentre, la magistratura e le Forze dell’ordine nazionali e internazionali perdono inesorabilmente terreno. È molto probabile che il crimine organizzato colombiano continui la diversificazione del suo portafoglio criminale rafforzandosi anche fuori dai confini nazionali.

In questo momento sta cercando nuovi mercati per la sua preziosissima cocaina, per cui è alla ricerca di nuovi alleati affidabili in Europa. I nuovi trafficanti internazionali di droga provenienti da Medellin, ad esempio, spesso indicati come “narco-juniors” sono i figli, se non addirittura i nipoti, dei trafficanti che un tempo lavoravano con Pablo Escobar. Hanno però un quid pluris rispetto ai loro antenati. Hanno frequentato le migliori scuole della Colombia e ora gestiscono i propri clan come vere e proprie imprese inserite nei mercati economici e finanziari internazionali. Negli anni passati gli strumenti più in voga nei clan erano le armi; oggi, invece, sono gli smartphone e i computer con programmi di crittografia e cifratura internazionali. I nuovi narcotrafficanti sono ben istruiti ed esperti al punto da riuscire ad amalgamare denaro pulito e sporco in un mix spesso irrintracciabile perché ritenuto lecito.
La nuova generazione, molto più esperta, ben finanziata e ben collegata rispetto ai loro predecessori, pur non sembrando, è molto più pericolosa della precedente. Sono questi nuovi clan che in questo momento gestiscono gran parte della cocaina della Colombia con nuovi modelli di azione che ripudiano la violenza. Raramente si sporcano le mani e proprio per questa nuova metamorfosi sono molto difficili da individuare e catturare.

L’unica mafia italiana che ha già avvertito questi cambiamenti e percepito l’esistenza di un nuovo mercato illegale di cocaina nelle Ande è la ’Ndrangheta. Gli uomini della ’Ndrangheta, hanno bruciato tutti sul tempo percependo al volo questo clima di cambiamento in Colombia. Si sono già inseriti nei nuovi equilibri formatisi. A dirla tutta, sono addirittura i nuovi cartelli colombiani a voler creare joint-venture con la ’Ndrangheta perché sanno che tale collaborazione sarà redditizia per entrambe le parti. Per proprio conto, la ’Ndrangheta rafforza la posizione di monopolio nei grandi traffici di cocaina in campo europeo. I colombiani, invece, ottengono dai nuovi soci la possibilità di entrare nel mercato europeo riducendo i rischi al minimo. Questa nuova alleanza, che si viene così a configurare come una cooperazione tra criminalità organizzata straniera e italiana, rappresenta un enorme pericolo per tutta l’Europa. Si ritorna ai vecchi tempi di Pablo Escobar, ma con un nuovo modello organizzativo e un nuovo canale privilegiato in cui gli uomini delle ’Ndrine hanno una posizione di primo piano rispetto a Cosa nostra, Camorra e Mafie pugliesi. Il motivo di questa posizione di privilegio è spiegato proprio dai nuovi “narco-juniors”: la’Ndrangheta è più affidabile perché gli ’ndranghetisti, “non parlano” e “non si pentono”. Il legame familistico li rende invulnerabili e affidabili agli occhi dei clan colombiani emergenti.
Riteniamo che questo nuovo rapporto privilegiato tra cartelli colombiani e ’Ndrine calabresi costituirà presto una grande minaccia criminale, perché nel tempo si consoliderà sempre di più, viste le enormi capacità produttive di stupefacenti dei colombiani che, di fatto, gioveranno agli ’ndranghetisti. Ci sarà, di conseguenza, convenienza reciproca a continuare e a rafforzare questa collaborazione proprio nel settore del traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
I due sodalizi criminali, dunque, pur se caratterizzati da differenze, strutturali, storiche e comportamentali, a breve creeranno un nuovo modello criminale molto lucrativo – chi scrive ne è convinto – che, giovando a entrambe le organizzazioni, ne consentirà automaticamente l’evoluzione verso una struttura criminale stabile e globalizzata. Tutto ciò, inevitabilmente, metterà in crisi l’Europa e soprattutto il futuro della sua gioventù.

Vincenzo Musacchio, giurista, professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA) e ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato anche allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.

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